Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara della Nicchia Letteraria |
Buongiorno, cari readers! No, non è un sogno. Questa rubrica è davvero tornata e la inizio di nuovo con il botto. Cioè, ovviamente con un bel ritardo visto che doveva essere il racconto di Ottobre eheh Non cambierò mai, abbiate pazienza. Ma avete notato il cambio di veste? Bellissima, vero? Opera di Federica Caglioni di On Rainy Days.
Dunque, la tematica scelta per ricominciare questa avventura è stata di continuare uno dei nostri scritti incompleti quindi la mia scelta è ricaduta su quello più recente. Dopo l'uscita della nuova antologia di beneficenza, Accadde un'estate, avevo in mente di regalare un extra a chi aveva apprezzato il mio racconto all'interno di esso. Le vicende di Estella e Luke non sono finite in Così come le onde, ma li vedrete in un contesto diverso. Vi auguro buona lettura e spero che vi piaccia.
Per chi non avesse ancora letto la nostra antologia estiva, potete trovarla sempre su Amazon sia in versione cartacea che digitale (anche su KU).
Luce nel buio
TRAMA: Estella e Luke vanno in Irlanda in occasione del matrimonio del padre di lui ma ci saranno molte cose da chiarire prima di poter gioire dell'evento.
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«Sai che non dovevi per forza accompagnarmi, vero?» mi disse Luke mentre stavamo nel bus che ci avrebbe portato a casa di suo padre e della sua nuova compagna.
Era ottobre e ne abbiamo approfittato per prenderci una specie di vacanza in Irlanda, la terra d'origine del suo genitore. O comunque, è meglio dire che il mio uomo aveva ricevuto una chiamata che lo avvisava dell'imminente matrimonio del suo vecchio.
Non sapevo i dettagli del passato di Luke. Sapevo solo che sua madre era scappata con un altro lasciando lui e suo padre da soli. Ovviamente Bill Kilney cadde in depressione e sfogò tale stato d'animo con l'alcool. Non fu mai violento con suo figlio ma non fu neanche presente nella sua vita, facendo sì che Luke prendesse cattive strade. Almeno finché, da poco più che un bambino, non conobbe mio padre. Gli uomini più importanti della mia vita mi avevano sempre raccontato di come tra loro fu subito rispetto e comprensione reciproca. Luke aveva amato il surf da quando, per puro caso, era andato a vedere una delle competizioni di papà. L'ammirazione che provò per lui nacque all'istante e volle essere suo allievo. Il resto è storia, Carl diventò anche suo padre per certi versi. Lo teneva lontano dalle cattive compagnie, lo portava a guardare le partite di football, lo sosteneva nelle sue gare e lo invitava spesso e volentieri a casa nostra. All'inizio avevo davvero pensato che Luke fosse mio fratello ma ci misi poco a provare qualcosa di più profondo.
«Scherzi? Sono la tua ragazza ed è mio dovere starti accanto. E poi dovevo conoscere tuo padre prima o poi.»
«Speravo più poi che prima.» brontolò.
Sospirai e andai a stringergli le mani tra le mie per fargli sentire il mio appoggio.
«So che non è facile per te tutto questo ma devi andare avanti, Luke. Lui, nel riportarti qui, sta cercando di rimediare ai suoi errori.»
«Rivederlo e congratularmi con lui per il suo matrimonio non cancellerà il passato.»
«Ma il fatto che hai accettato il suo invito vuol dire che, in fondo, vuoi riprovarci con lui.»
Lui rimase in silenzio a questa affermazione ed io ne approfittai per continuare.
«Non è una causa persa, amore. In te c'è ancora quel bambino che ha bisogno dell'unico genitore rimasto.»
«Era Carl l'unico padre che avevo.»
«Lo so. Lui rimarrà sempre qui.» mi toccai il petto all'altezza del cuore. «Ma almeno prova a riavere indietro quest'uomo che ti sta porgendo la mano. Il mio non è più in questo mondo ma il tuo sì e so che non te lo perdoneresti mai se un domani morisse senza prima aver chiarito le cose tra voi.»
Lui si girò a guardarmi con gli occhi e il sorriso pieni di amarezza.
«Hai ragione, come sempre.»
Il viaggio in bus dall'aeroporto a Limerick fu massacrante a livello fisico. Non poteva abitare più vicino a Dublino mio suocero? Certo che no. Dopo il nostro discorso sul rapporto con suo padre, abbiamo preferito cambiare argomento e spostarci sul surf e sulla prossima stagione sportiva. Era andato tutto bene finché non mi alzai per uscire alla nostra fermata. Mi ritrovai tutta indolenzita e il clima freddo di questa nazione non era il massimo per me che ero australiana fino al midollo. Non ero di certo preparata a due ore e mezza di autobus ma in compenso i paesaggi visti furono un vero spettacolo.
«Ciao, ragazzi. È andato bene il viaggio?» irruppe una forte e gioviale voce maschile. Ci girammo dopo aver preso i bagagli da sotto il bus e ci trovammo davanti una coppia di signori. Non ci volle tanto per capire che l'uomo era colui che aveva creato Luke visto che erano due gocce d'acqua. Bill era esattamente quello che sarebbe diventato Luke fra qualche anno e la cosa non mi dispiacque per niente. Accanto a lui, c'era la sua futura moglie, Molly, che mostrava un sorriso molto dolce. Doveva avere circa cinquant'anni anni o poco più e teneva i capelli neri raccolti in un chignon. I suoi occhi castani ci guardavano con curiosità mista a gentilezza.
Visto che Luke era rimasto imbambolato a fissarli, mi presi io la briga di rispondere.
«Tutto bene, grazie. È stato lungo ma l'importante è essere qui.»
«Ben detto! Comunque è un piacere conoscerti, mia cara. Io sono Bill e questa affascinante donna è la mia futura sposa, Molly.» sorrise e indicò la presente al suo fianco.
«È un vero piacere fare la vostra conoscenza. Bill mi ha parlato molto di voi.» rispose la donna andando ad abbracciarmi. Io ne rimasi sorpresa ma non ci misi niente a ricambiare il suo caldo benvenuto.
«Estella. E il piacere è tutto mio.» dissi sfoggiando il mio miglior sorriso.
«Ti ha parlato di noi? Sarei davvero curioso di sapere cosa ti abbia detto di preciso. Magari di quando mi ha abbandonato a diciotto anni per tornarsene qui o di quando non si è fatto sentire per anni fino ad adesso.» la voce di Luke uscì fuori più fredda e velenosa che mai.
Ci irrigidimmo tutti alle sue parole.
«Luke.» lo ammonii.
«No, cara ragazza. Tranquilla, ha ragione. Me lo merito.» disse Bill. Il suo volto ferito mi fece stringere il cuore ma non potevo contestare.
Molly andò a stringere il braccio del compagno e gli sorrise per rassicurarlo. C'era tempo per parlare ma non era quello il momento.
«Sarete stanchi, venite. La nostra casa è a pochi passi da qui. La vostra stanza è pronta da un bel pezzo e, per l'occasione, ho sfornato la mia rinomata torta di zucca.»
Ok, ora si che si ragionava. Ero stanca ma avevo anche un certo languorino.
La casa dei Kilney non era gigantesca ma molto accogliente. Appena entrati, l'odore di torta ci colpì con la potenza di un uragano. Sì, avevo decisamente fame.
Ci fecero accomodare in soggiorno e, mentre Bill portò i nostri bagagli di sopra nella stanza degli ospiti, Molly ci offrì subito il tè con una fetta di torta.
«Spero sia di vostro gradimento.» disse lei.
Non ci furono dubbi dalle nostre facce di quanto avevamo gradito il dolce. Fu una delizia per il palato e mi promisi di chiederle la ricetta dopo. Non ero brava come mia madre nel cucinare però me la cavavo abbastanza bene.
Quando finimmo la merenda e tornò Bill da sopra, ci fecero vedere la loro dimora.
La casa era un villino di due piani; nel primo c'era l'ingresso con soggiorno e cucina mentre sopra le stanze con bagno. Il giardino, invece, era grande giusto per un piccolo orto nella parte dietro dell'abitazione e per i vari fiori che piacevano alla padrona di casa.
«Ora andate pure a rilassarvi di sopra. Poi, magari, prima di cena, potremo fare una passeggiata qui intorno. Limerick è un gioiellino.» disse Molly.
«Sarà un modo anche per Luke di vedere finalmente la fattoria che era dei suoi nonni e che poi è passata a me. Siamo in sei a lavorarci e riusciamo a fornire patate e latte a tutti gli abitanti della città.» disse orgogliosamente Bill.
Cosa ammirevole. Presumevo che non fosse stato facile far continuare l'attività di famiglia dopo la sua lunga assenza in Australia. E quanto avranno sofferto i nonni di Luke nel non vedere lui e suo padre insieme tornare in patria.
«Ci farebbe piacere. Allora a dopo.» salutai e trascinai il mio taciturno uomo di sopra.
Luke
Avevano ragione su Limerick. Era un paesino davvero grazioso e gli abitanti erano molto cordiali e ospitali. Quando poi giungemmo alla fattoria dei Kilney, sentii una stretta al cuore. Ero piccolo l'ultima volta che avevo visto i miei nonni ma nel vedere quel pezzo di terra che gli era appartenuto fu come sentirli vicino a me. Ricordavo il sorriso dolce di nonna Siobhan e il vocione di quel burbero di nonno John.
La serata passò abbastanza tranquilla e, dopo aver dato la buonanotte, io ed Estella andammo a rilassarci. Non rivolsi mai la parola a mio padre ma già che non c'erano state punzecchiate era un passo avanti.
«La vuoi smettere di fare l'orso? Prova a spiccicare parola senza dover sputare veleno, per favore.» mi rimproverò Estella dopo essere uscita dal bagno. Pulita e profumata dalla doccia, si sedette vicino a me sul letto, avvolta in un misero asciugamano.
La faceva facile, lei. Lo so che voleva il mio bene ma non era semplice affrontare il passato e andare oltre. Per colpa di Bill, non ero riuscito neanche a vedere i miei nonni irlandesi prima che morissero. Questa era una cosa che non sarei mai riuscito a perdonargli.
Estella sospirò e appoggiò la testa sulla mia spalla.
«Mi avevi promesso che ci avresti provato.» continuò.
«E ci sto provando, Estella, ma è difficile superare quel muro che ci siamo costruiti.»
«Ora promettimi che domani ci parlerai.»
«Non chiedermi questo.»
«Promettimelo.»
Strinsi i pugni ma subito dopo li rilassai, rassegnato. Conoscevo Estella e sapevo che era testarda come un mulo. Mi avrebbe rotto le scatole fino alla fine se non gli dicevo sì.
«Ok, va bene.» sbuffai.
Lei, in risposta, sorrise per poi compensarmi con un bacio sulla guancia.
«Questo è il mio Luke.»
Io sorrisi di rimando ma con un aggiunta di malizia. La sdraiai sul letto, sotto di me.
«Non pensare di cavartela con così poco. Devo avere qualcosa che mi incoraggi nell'impresa. Non penserai mica che possa farlo senza nessuna motivazione.» le sussurrai all'orecchio per poi mordicchiarglielo. La sentii rabbrividire e questo aumentò la mia eccitazione.
La guardai, bellissima e piena di vita. Mia.
«Direi che hai ragione.» disse per poi darsi da fare per rendermi la persona più felice del mondo.
La mattina dopo, Estella andò con Molly a comprare delle cose per il pranzo mentre Bill era andato da un amico per aiutarlo nel trasportare legna. Ero solo in casa. Ne approfittai per sistemare meglio i bagagli che avevamo lasciato in valigia ma ebbi difficoltà ad aprire il vecchio cassetto nel sotto dell'armadio. Nel forzarlo, me lo trascinai dietro facendo cadere il contenuto. Delle foto si sparpagliarono sul pavimento e rimasi incredulo nel vedere che ero il soggetto di esse. Nemmeno il tempo di raccoglierne una che sentii la voce di mio padre dietro di me.
«Carl mi mandava periodicamente le tue foto e mi faceva sapere per telefono i tuoi risultati.»
Mi girai verso di lui.
«Perché?» solo questo riuscii a chiedere. Sentivo come un groppo in gola.
«Perché ero pur sempre tuo padre. Ti ho sempre amato, Luke, ma non mi sentivo degno di te.»
«Ma che cazzo vuol dire? Tu mi hai lasciato quando avevo più bisogno di te! Sei un codardo!»
Lui rimase un attimo in silenzio. Ma quando quel silenzio cominciò a pesarmi, feci per avviarmi fuori dalla stanza. All'improvviso mi sentivo come soffocare.
Ma poi lui ricominciò a parlare.
«Prima che tua madre mi lasciasse, mi disse delle cose orribili. Mi disse che non aveva mai voluto essere legata nel matrimonio e tanto meno voleva dei marmocchi. Non eravamo niente per lei, Luke. Questo fece male perché, dopo anni a vivere insieme, sotto lo stesso tetto, pensavo di conoscere la persona che avevo accanto. Quando invece tutto non era altro che una bugia. Lei ci aveva sempre odiato e, inoltre, mi tradiva con l'uomo con cui è scappata già da molto tempo. Se non fosse che sei la mia copia avrei anche pensato che non fossi figlio mio.» disse, con un immenso dolore nello sguardo.
«Mi sentii un fallito, sia come uomo che come padre. Nonostante le sue parole, continuavo ad amarla e mi disprezzavo per questo. E non meritavo di avere un figlio meraviglioso come te. Quando Carl ti prese sotto la sua ala, fui felice e provai immenso orgoglio. Avevi trovato qualcuno che sapesse far sfruttare il tuo potenziale, che ti apprezzava per come meritavi. Fu allora che presi la decisione di tornarmene in Irlanda. Non c'era più posto per me in Australia, solo brutti ricordi. Lasciai il mio studio veterinario e te.»
«Papà, io...» provai a dire qualcosa ma ero talmente sconvolto da queste verità che non sapevo nemmeno se le mie parole potessero servire a qualcosa.
«Ma non ti lasciai mai del tutto. Anche quando arrivai qui, eri sempre nei miei pensieri. Mi pentii, praticamente, subito dopo aver preso l'aereo di averti abbandonato. Prima di partire, parlai con Carl e gli chiesi di continuare a starti accanto e mi feci promettere che avrei ricevuto ogni tre mesi tue notizie. Tramite quelle foto e le chiamate che mi faceva, mi sembrava di averti vicino.» una lacrima cominciò a scivolare dal suo occhio sinistro.
«Poi Carl morì e la notizia mi rattristò molto. In quegli anni avevamo instaurato una buona amicizia tramite te e aveva da subito compreso il mio dolore. Era un brav'uomo e avrei tanto voluto esserci al suo funerale.»
«Ma non ci sei stato.» lo accusai.
«No, e ancora lo rimpiango. Avevo anche pensato di venire a prenderti e portarti qui ma, sono un codardo, hai ragione.»
«Aver ragione non cancella il dolore che mi hai provocato.»
«Lo so. Porterò questo peso nella tomba per questo ma ti prego, Luke. Dacci ancora una possibilità. Sono cambiato, aver incontrato Molly mi ha fatto capire che la vita è troppo breve per sprecarla in rimpianti e solitudine. Lei è stata la mia luce nel buio, mi ha dato una speranza dove vedevo solo disperazione. Mi ha dato il coraggio di contattarti e provare a riaverti nella mia esistenza.»
Lo capivo, in un certo senso. Estella era stato lo stesso per me. Se non fosse stato per lei, non avrei ceduto nel venire qui. Averla accanto scacciava l'oscurità che aveva albergato nel mio cuore da tanto tempo. In fondo, eravamo simili io e mio padre, e questa realtà mi colpì.
«Se potessi tornare indietro, prenderei a pugni il me del passato ma non è possibile. Non posso cancellare quello che è stato ma voglio esserci nel tuo futuro. Ti giuro che non ti lascerò più solo.»
Restai a fissarlo per un bel po'. Aveva ragione, non si poteva cancellare il passato ma era anche vero che avevamo bisogno di andare avanti e guardare verso il domani. Sospirai e, d'un tratto, mi sentii il cuore più leggero, come se mi fossi liberato di un peso che portavo da molto tempo. Non avrei dimenticato ma il desiderio e la speranza di avere di nuovo una famiglia mi fece prendere una sola decisione.
Allargai le braccia, aspettando il suo abbraccio. Quello che aspettavo da una vita.
«Al futuro?» gli chiesi e lui non se lo fece ripetere due volte.
Mi strinse a sé, con le lacrime agli occhi.
«Sì, figlio mio. Al futuro.»
Quando rientrarono Molly ed Estella, ci trovarono in salotto a parlare, dopotutto avevamo molti anni da recuperare e cose da chiarire. Entrambi ci guardarono felici e dopo pranzo gli dicemmo quello che era successo. Il passato era dietro l'angolo ma ero deciso a ricominciare. Dopotutto, un domani vorrei che i miei figli conoscessero almeno un nonno visto che l'altro non era più tra noi. Ma lo conosceranno tramite i racconti miei e di Estella, questo era certo.
Arrivò il giorno delle nozze. Molti invitati tra cui noi, aspettavamo fuori dalla chiesa che arrivasse la sposa. Mio padre era in trepida attesa sopra la scalinata. Come se una persona dolce e premurosa come Molly potesse mollarlo all'altare. Eh ma forse era meglio che non lo prendessi in giro per il suo nervosismo. Sicuramente anch'io sarò così quando mi troverò nei suoi panni.
Guardai Estella, bellissima nel suo vestito azzurro. Non mi ero ancora proposto perché so quanto è importante la carriera per lei e voglio aspettare il momento giusto per farmi avanti.
Poi, la macchina che portava la sposa arrivò e sul viso di mio padre si dipinse un luminoso sorriso. Era bello vederlo così felice e innamorato.
«Come va, amore mio?»
A questa domanda, sorrisi con calore. Ero finalmente in pace.
«Bene, Estella. Ora sto bene, mia luce nel buio.» E dopo averla stretta a me, ci avviamo dentro la chiesa per assistere alla felicità del mio ritrovato genitore.
FINE
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Al prossimo racconto e dateci sotto con i consigli che, come vedete, ho ancora molto da imparare.
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