sabato 4 gennaio 2025

Recensione - Suzume vol. 1

 

Titolo: Suzume 1
Autore: Makoto Shinkai
Illustrato da: Denki Amashima
Editore: Kodansha Comics
Uscita: 24 Settembre 2024
Pagine: 196
Lingua: Inglese

The journey begins with this all-new adaptation of the Golden Globes-nominated worldwide hit directed by Makoto Shinkai, creator of Your Name and Weathering With You!

High school junior Suzume has no idea why the beautiful stranger she meets is looking for ruins, for a certain door. Soon after pointing the stranger, Souta, in the direction of an abandoned resort, she thinks better of it and goes to try and stop him. But before she can find Souta, Suzume unknowingly opens a decrepit door to a world beyond time and place—and stumbles into an adventure of seismic proportions.


Reputo Makoto Shinkai un genio di tutto rispetto, terzo posto nella mia classifica dopo Miyazaki e Hosoda. Crea storie particolari che possono confondere il pubblico ma che nascondono significati importanti. La fantasia non gli manca e dopo il suo esordio con Your Name e il sottovalutato Weathering with you, è il turno di Suzume di incantare le persone di tutto il mondo. 
Suzume è una ragazza del liceo che ha perso sua madre quando era molto piccola, a causa di un terremoto. Questo fatto rimarrà un trauma profondo per lei facendo capire anche a noi che seguiamo le sue vicende di quanto è breve e fragile e della difficoltà ad elaborare un lutto. Il suo incontro con Sota la porterà a scoprire l'esistenza di un mondo parallelo e delle porte che conducono al suo interno. Ovviamente è proibito varcarle a qualsiasi essere vivente e il compito di Sota è sigillarle per non farne uscire un mostro che possa causare terremoti e distruggere la terra. Ma la missione non sarà così semplice.
La storia mi è piaciuta e già la conosceva per via del film ma è stato interessante vederne la trasposizione manga. I disegni non sono male e seguono per bene la trama originale. 
Questa storia parla della ribellione della terra nei confronti dell'uomo, di quanto siamo niente di fronte alla potenza della Natura. Un riscatto, una rinascita per vedere un futuro più luminoso e pieno di speranza.

p.s. Ho letto questo volume prima che uscisse in italiano ma adesso si può trovare facilmente su Amazon, pubblicato dalla Star Comics. 

Grazie mille a Netgalley e alla casa editrice per la copia omaggio in cambio di un'onesta opinione

My review in english HERE



Storytelling Chronicles #18

Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara della Nicchia Letteraria
Buongiorno e buon anno a tutti, carissimi! Per quest'anno ho dei buoni propositi per questa rubrica (speriamo bene!) tanto da accettare la famosa pillola rossa. Avete presente Matrix? Ora vi spiego come sono andate le cose.
È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant'è profonda la tana del Bianconiglio.
La nostra pazza capa Lara ci ha messo di fronte a una scelta che avrebbe determinato il nostro intero 2025. Pillola azzurra: continuare a scrivere one shot, partecipando alle tematiche che più ci ispirano. Pillola rossa: scrivere una long con capitoli mese per mese con diverse tematiche a cui è concesso solo avere quattro mesi di pausa nell'arco dell'anno. E ovviamente io non potevo che omaggiare quel capolavoro di film scegliendo di andare nella tana del Bianconiglio. Metteteci anche che sono parecchio masochista a volte e il gioco è fatto.
Non si torna indietro, per quest'anno cercherò di deliziarvi con una storia a capitoli che si creerà man mano con elementi specifici. Per Gennaio abbiamo da seguire queste linee, citando la nostra boss.
1. Nel vostro scritto dovrà essere presente "un nuovo inizio", inteso come il principio di un'avventura, la partenza per un viaggio, il primo tassello della consapevolezza di sé o qualsiasi altra situazione che può rispondere alla richiesta 
2. Qualcuno deve lanciare qualcosa (esempi pratici: una palla, un improperio, ecc.) 
3. Qualcuno deve mangiare qualcosa (esempi pratici: un panino, la polvere, ecc.) 
4. Sulla scena è presente una sedia: usatela senza remore 
Per le mie coraggiose sorelle di sventura, oltre alla suddetta lista, dovete aggiungere anche i seguenti due dettagli:
A. Presentate una delle principali caratteristiche del vostro main character attraverso un'azione (esempio pratico: è gentile? Che compia quindi un atto di gentilezza ) 
B. Il capitolo deve essere ambientato spazialmente in una sola location (esempi pratici: l'ufficio postale, la camera da letto, il bagno, un bar, una biblioteca, ecc.)  
Non so se definirla genio o sadica la nostra Lara ma l'apprezzo comunque e le sono grata per aver riavviato questa rubrica. Devo convincermi a rimettermi in moto e imparare un'arte che amo ormai da tempo. Vediamo se la mia storia vi piacerà, a voi la sentenza.

La figlia ribelle del pirata


TRAMA: Aria Drake è la figlia minore del Sea Dog, Alfred Drake, e il suo sogno è vedere il mondo al di là del mare. Un giorno, andando contro il volere del padre, va nell'ala est della casa e trova un'ostaggio che ha all'incirca la sua età. Da quel momento ha inizio un'amicizia che durerà per sempre. O forse no?
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Inghilterra, 1593
Quello che Aria Drake non era riuscita ancora a capire in sedici anni della sua vita era il motivo per cui non era nata maschio. Certo, i suoi genitori erano già stati fortunati ad averne già due di eredi del casato, i suoi amati fratelli Alan e Adrian, ma sentiva che lei poteva essere migliore di loro se solo ne avesse avuto occasione di dimostrarlo. Era la più intelligente, innanzitutto. Mentre i suoi fratelli maggiori avevano fatto impazzire gli insegnanti fin dalla più tenera età, lei eccelleva in tutte le materie. Sapeva far di conto, conosceva la politica e la storia. Sua madre era stata contraria a ciò quando avrebbe preferito che la sua unica figlia fosse più preparata nelle attività femminili come il ricamo, il ballo o su come badare a una casa in futuro. Ad Aria non interessava tutto ciò. Aveva imparato almeno l'arte del ballo per far piacere alla sua genitrice, ma quello che lei amava era il mare e sognava di varcarlo alla scoperta di mondi nuovi. Dopotutto era figlia di un Sea Dog, uno dei pirati di fiducia di sua maestà, la regina Elisabetta I, ed era normale per lei avere l'oceano nel sangue. 
La personalità l'aveva indubbiamente ereditata da suo padre, il capitano Alfred Drake, come i capelli neri come la pece, mentre i lineamenti graziosi del viso, il nasino leggermente all'insù e i luminosi occhi azzurri da sua madre, Lady Emily. Quest'ultima veniva da una famiglia nobile molto vicina a sua maestà e fu proprio in un ricevimento in suo onore che la giovane Emily conobbe il suo futuro marito. Ai loro figli avevano sempre raccontato che era stato amore a prima vista, ottenendo in risposta sempre occhiate scettiche e disgustate. Aria credeva nelle storie d'amore ma non nell'affetto immediato. Credeva che l'amore nasceva con il tempo e che non bastasse uno sguardo per sentirsi colpiti dalla freccia di Cupido. 
Lei, personalmente, non aveva avuto modo di incontrare tante persone, visto che la sua famiglia viveva lontano dalla mondanità di Londra. I Drake possedeva territori vasti a nord est della capitale e hanno preferito crescere i figli più tra la natura che tra i salottini piena di gente piena di sé. La loro dimora principale giaceva a picco sul mare, una fortezza in cui potevi vedere l'orizzonte azzurro per tutto il giorno. Il passatempo preferito di Aria era proprio leggere a ridosso della finestra così da godere sia del bel panorama che dell'aria salmastra. 
Da lì poteva anche vedere quando tornava il suo caro padre da uno dei suoi viaggi. Era orgogliosa di lui ma non poteva fare a meno di notare sempre l'ansia e la preoccupazione negli occhi di sua madre ogni volta che rimaneva senza il consorte. Nel vedere ciò, Aria era certa di una cosa. Mai avrebbe sposato un uomo di mare, non avrebbe mai rischiato di innamorarsi di un uomo che era spesso assente e che si trovava in situazioni pericolose. Anzi, decise già dalla tenera età di otto anni che non si sarebbe mai innamorata. Voleva essere lei quella che viaggiava e che si perdeva tra la brezza del mare, lontano da tutti. 
Ora che i suoi fratelli erano entrambi adulti, con invidia, li vedeva solcare gli oceani con il genitore, lasciando lei e la madre a gestire la dimora. Aria era stufa della limitazione che le imponeva il suo sesso. Era ingiusto.
Toccò il suo ciondolo. Glielo aveva portato suo padre da un viaggio nelle Antille. Doveva averlo preso dal bottino di una nave spagnola. Ricordò il giorno che glielo donò.

Lei stava in biblioteca a guardare una mappa del mondo quando si presentò suo padre sull'uscio. Non ebbe il tempo di pensare al motivo per cui era lì che le lanciò una collana d'oro. Aria lo afferrò prontamente e ne ammirò la forma. Il ciondolo era a forma di stella e al centro era incastonato un rubino. Lei adorava le gemme e tutta la sua famiglia sapeva che la sua preferita era proprio quella scarlatta.
«Padre... cosa...?»
«Un piccolo dono per la mia principessa. So che anche tu sei triste quando parto ma spero che quando guarderai questa collana mi sentirai vicino a te. Quella è la nostra stella che mi porterà a casa, sempre.»
Ogni notte, da che ho memoria, lui mi ha indicato una stella. La più luminosa di tutte. Con quella, non si perdeva mai e avrebbe continuato a tornare sano e salvo dai suoi cari.
Lei lo abbracciò stretto. 
«Lo hai promesso.»
«Sì e sai che mantengo sempre la parola data.» ricambiò l'abbraccio, infondendole tutto l'amore che provava per lei.

Scosse la testa. Era troppo arrabbiata con lui in quel momento. 
Purtroppo da quando era entrata nel periodo dell'adolescenza, si trovava spesso in conflitto con i genitori. Stavolta la pietra dello scandalo era l'essersi allenata con il maestro d'armi a loro insaputa per mesi. Alan e Adrian erano a Londra per degli affari di famiglia mentre i suoi erano andati a una festa del vicino. Lei, fingendosi malata, era riuscita a evitare la tortura di parteciparne, ma tornando prima, hanno scoperto la sua attività non più segreta.
Ora stava per fare un'altra cosa che li avrebbe fatti infuriare ancora di più ma non le importava. Aveva sedici anni e si poteva cominciare a definire un'adulta. 
Suo padre la settimana prima le aveva proibito di andare nell'ala sud del loro castello. Avvertimento che trovò strano ma aveva obbedito senza problemi. Almeno fino a quel giorno in cui capitò, tramite un passaggio segreto, in una stanza in particolare.
«Chi diavolo sei tu?»
Un ragazzo che doveva avere all'incirca la mia età o poco più si trovava a pochi passi da me. Stava mangiando la sua cena a base di carne quando doveva averlo interrotto lei con la sua improvvisa apparizione. 
Lei si risvegliò presto dalla sorpresa sentendo il suo tono brusco.
«Ma chi sei tu? Questa, per tua informazione, è casa mia.» dissi a bassa voce per non far entrare le guardie che stavano alla porta.
Lui la fissò come a studiarla. Anche lei ricambiò l'esame e doveva ammettere che il loro “ospite” non era affatto male di aspetto. Aveva dei mossi capelli castani e dei bellissimi occhi verde acqua. I suoi lineamenti erano leggermente spigolosi ma attraenti e Aria non stentava a credere che era piuttosto popolare tra le giovani donne. Chissà cosa ci faceva questo ragazzo in un'ala deserta di casa. L'ala sud veniva usata raramente, solo per qualche ospite di riguardo, ma mai c'erano state guardie in prossimità delle porte. 
«Sono il figlio del governatore dell'isola di Barbados, James Harrison. Tu, invece, devi essere Aria. Ho incontrato i tuoi fratelli in diversi occasioni e mi hanno parlato spesso di te.»
«Davvero? Immagino quanto ti hanno riempito le orecchie di sciocchezze, facendomi sembrare un angelo sceso in terra.» replicò lei.
«In effetti, non hai tutti i torti. Ma su una cosa gli do ragione.» 
«Su cosa?»
«Che sei molto bella.» disse facendo poi mostra di un sorriso malizioso.
Lei arrossì, in imbarazzo, maledicendo i suoi fratelli e la loro chiacchiera.
«Bè... grazie.»
«Non c'è di che.» e poi le indicò la sedia che si trovava dall'altra parte del tavolo, di fronte a lui.
«A questo punto, vuoi farmi compagnia? Non so se hai già cenato o...»
«Tranquillo, sono a posto.» e andò ad accomodarsi sulla sedia offerta.
«Bene. Dunque... Aria, cosa ti porta qui? Immagino che tuo padre ti abbia proibito di venir a trovare l'ostaggio.»
Ostaggio? Che significava?
Lui la guardò confuso. A quanto pare lei non sapeva niente della situazione.
«Quindi sei venuta qui per puro atto di ribellione? Davvero non sai niente?» continuò lui.
Lei si guardò intorno. La stanza era pulita e molto grande, con un letto a baldacchino, uno spazioso armadio, il necessario per lavarsi e un tavolo per i pasti. Ma guardando meglio, poteva dire che si trattava di una gabbia dorata.
«No, mi ha solo detto di non venire qui ma non sapevo che ci fosse qualcuno.»
«Capisco.»
«Cosa hai fatto per essere rinchiuso qui? Non sei nella prigione sotterranea ed è già tanto ma non capisco perché sei sorvegliato. Non mi sembri un fuorilegge o qualcuno di pericolo.»
«Chi ti dice che non lo sono, invece?» facendosi serio e cercando di mostrarle un'espressione minacciosa. 
«Scherzi? Se eri pericoloso mi avresti attaccato o magari cercato di uccidermi non appena avessi messo piede qui. Oppure mi avresti usato tu come ostaggio per scappare.»
«L'ultima opzione potrei metterla in atto anche adesso.»
«Ma non lo farai, e lo sai perché? Sei un gentiluomo e si vede lontano un miglio. Nonostante le tue maniere pecchino un pochino, mi hai comunque invitato alla tua tavola senza ombra di minaccia.»
«Bè, riguardo alle maniere, posso giustificarmi nel dire che mi hai colto di sorpresa e le ho dimenticate in un primo momento. Comunque, adesso sei in debito con me.»
«E perché mai?» disse lei strabuzzando gli occhi.
«Non penso che tuo padre si arrabbierà con me se dovesse scoprire che sei in mia compagnia. Io non farò rumore per allarmare le guardie ma tu, in cambio, devi farmi una promessa.»
Non aveva torto. Lei non doveva trovarsi lì ma in punizione in camera sua, dopo la bravata di questi mesi. Se suo padre l'avesse scoperta a chiacchierare con questa persona, per giunta nell'ala che le aveva proibito, sarebbero stati guai grossi. Certo i suoi genitori non si sarebbero limitati a rinchiuderla nella stanza stavolta. Per fortuna si era ormai imparata ad aprire qualsiasi lucchetto con un piccolo trucchetto ma non ci teneva ad affrontare punizioni più severe.
«D'accordo. Dimmi pure.»
«Voglio che tu mi prometta che verrai a trovarmi almeno due volte a settimana. La solitudine è abbastanza deprimente e se avessi almeno te con cui chiacchierare sopporterei meglio la mia permanenza qui.» disse. 
Era sincero, Aria lo vedeva bene nei suoi occhi e la rattristava sapere che un essere umano era tenuto in casa loro solo e isolato da tutti. Qualsiasi cosa avesse fatto questo ragazzo non pensava che si meritasse una simile pena. Aveva più o meno la sua età, che crimine poteva aver commesso?
«Hai la mia parola. Ma non hai risposto alla mia domanda. Cosa hai fatto per trovarti qui?»
Lui rimase per un po' in silenzio, poi guardò fuori dalla finestra. Erano molto in alto per poter pensare di scappare da lì, era un prigioniero in tutto e per tutto.
«Sono tenuto in ostaggio qui finché mio padre non giurerà fedeltà alla Corona. Lui non ama tanto il fatto che ci sia una donna sul trono. Siamo riusciti a vivere tranquilli sulla nostra isola delle Antille per vari anni ma stavolta la Regina vuole prendere posizione sul serio.»
«Perché non ha semplicemente tolto la carica a tuo padre? Perché usare te?»
«Perché la nostra gente ci è fedele e basterebbe un ordine di mio padre per dar vita a una ribellione. Cosa che vuole evitare sia la Regina che lui. Tuo padre, da bravo suddito, si è preso l'onere di tenere l'erede fino alla resa del mio. Nessuno vuole inutili spargimenti di sangue e sanno che a breve mio padre cederà.»
«Ora capisco. Sei comunque un nobile, ecco perché non sei tenuto incatenato alle segrete.»
«Già. Non posso dire che vengo trattato male ma sono comunque un prigioniero. Desidero riavere presto la mia libertà ma in attesa di ciò, possiamo diventare amici io e te. Non ho nulla contro te o la tua famiglia. E neanche contro sua maestà, il testardo tradizionalista è solo mio padre.»
«Ok, James. Sai che ti dico? La prossima volta porterò con me anche dei libri così non ti annoierai quando non sarò con te.»
«Mi faresti un grande favore. Ti ringrazio, Aria» disse e il suo sorriso fu il più bello che la ragazza avesse mai visto. 
«Bene! Ora raccontami un po' di Barbados. Quanto vorrei vedere il mondo fuori dall'Inghilterra.»
«Magari un giorno potrai esaudire il tuo desiderio. Chissà cosa ci riserva il futuro.» fece spallucce lui.
Lei sorrise grata delle sue parole per poi rimanere in attesa del suo racconto.
James rise della sua curiosità e cominciò a parlare della sua terra.
Quel giorno fu l'inizio di un'amicizia che poteva sbocciare in qualcosa di più forte e potente.
Due ragazzi, una ribelle e un prigioniero, uniti dai sogni e dalla speranza.

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Ovviamente, questo è solo l'inizio. Sto creando questa storia ispirandomi un pochino al pirata Drake che era veramente un fidato suddito della regina Elisabetta. E se sbaglio qualcosina riguardo al periodo storico, non me ne vogliate e concedetemi licenze poetiche a non finire. Mi sono informata riguardo all'epoca ma potrei sbagliare e metterò sicuro cose che reputo più interessanti a livello di trama. Detto ciò, ci vediamo alla prossima puntata.




giovedì 5 dicembre 2024

Recensione - Matching Mr Darcy di Amelia S. Marte


Titolo: Matching Mr Darcy
Autore: Amelia S. Marte
Editore: Vintage Editore
Collana: Romance
Prezzo ebook: 6,90€ (o gratis con KU)

Calliope Emily Isobel Thompson è una newyorchese di poco più di trent’anni con due passioni sfrenate: Jane Austen e i Queen.
Vive in bilocale nel Lower East Side insieme al gatto Freddie, ha due amiche inseparabili, Alexa e Nina, un rapporto tormentato con la madre, un affetto smisurato per la sorella Daphne e un lavoro come commessa da Bloomingdale’s che, però, odia. Al glamour e all’alta moda preferisce i libri e la lettura, e, infatti, il suo sogno nel cassetto è aprire una libreria indipendente. Callie, tuttavia, ha anche un altro sogno: trovare il suo Mr Darcy, un gentiluomo perfetto e romantico che le faccia battere il cuore. E per trovarlo è disposta a tutto, persino mettersi in gioco con le app di dating. Ma è davvero possibile, oggi, fare match con Mr Darcy?
Matching Mr Darcy è il primo romance contemporaneo targato Vintage Editore e coniuga ironia e sentimento, colpi di scena e pregiudizi, sempre sotto lo sguardo critico e divertito della nostra amata Jane Austen.

«Sono convinta che là fuori ci sia un Mr Darcy per ognuna di noi che ci regalerà una grande storia d’amore proprio come in Orgoglio e pregiudizio. Chiamatemi illusa, ma è così.»

Ogni fan di Jane Austen che si rispetti avrà almeno una volta desiderato un Mr Darcy tutto per sè. È cosa nota e universalmente riconosciuta che molte donne sognano di un uomo bello e ricco che le tratti da regine. Lo ammetto, l'ho fatto pure io. Quindi posso anche dire che mi sono immedesimata subito con la protagonista della storia della Marte, che ha battezzato la nuova collana della Vintage Editore. 

Calliope ha due sogni: aprire una sua libreria e trovare un Mr Darcy. All'apparenza sembrano impossibili, soprattutto quello riguardo all'amore, ma Callie non si scoraggia e prova a cercarlo nell'app per incontri, MatchMe. Ma nel frattempo, conosce un'architetto, Jared, che potrebbe realizzare l'altro suo sogno. Lui è bello, con magnetici occhi color caramello (ripetuto troppo spesso nel romanzo, a mio dire), ma un playboy che non può assolutamente essere nella lista di possibili Darcy. L'attrazione tra loro cresce, nonostante lei cerchi ancora un altro stereotipo. Callie arriverà al punto che dovrà scegliere se continuare a inseguire un sogno o trovare il suo lieto fine con Mr Caramello. Dura scelta per una lettrice accanita dagli alti standard. 

In questo romanzo abbiamo come protagonista una donna semplice con i propri sogni e desideri, proprio come qualsiasi di noi. No una Mary Sue perfetta in tutto, solo una Calliope. Una trentaduenne commessa che vive a New York e che ama il suo gatto e la sua famiglia. La sua ossessione per Jane Austen la porta a prendere la decisione di provare a trovare il suo Mr Darcy tramite un'app per incontri. Provare non costa niente ma ce ne saranno di casi umani prima di capire che la sua meta è più vicino di quanto pensi. 
Jared non si può definire un gentiluomo ma è affascinante e farà in modo di far capire alla nostra Callie che lui è quello giusto. 
Anche i personaggi secondari non passano inosservati e danno molto più brio alla trama.

Romanzi così sono sempre i benvenuti per noi adoratrici e adoratori di zia Jane e delle meravigliose storie che ha creato. La sua penna ha incantato molte generazioni ed è bello che tra noi esistono persone che vogliono omaggiarla dandogli nuova vita. Amelia ci ha dato una diversa ma allo stesso tempo simile prospettiva di Orgoglio e Pregiudizio. Ci dà la visione di questo classico in un contesto moderno dove abbiamo app per incontri al posto di balli per avere occasione di trovare l'anima gemella o, come in questo caso, un Mr Darcy. E' affascinante osservare il contrasto tra epoche, soprattutto per chi come me ha sognato spesso di essere nata nell'era georgiana, tuttavia possono passare anni, secoli, ma non cambia il fatto che noi donne sogneremo sempre il vero amore o il tassello mancante della nostra esistenza. 
Altra cosa che mi ha fatto piacere di questo libro è il ricettario che si trova alla fine, dopo i ringraziamenti. Molto carino, davvero. E' un bel valore aggiunto.


Grazie mille alla Vintage per la copia omaggio in cambio di un'onesta opinione

sabato 30 novembre 2024

Storytelling Chronicles #17

Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara della Nicchia Letteraria
Salve, lettori! Eccoci a un nuovo appuntamento per questa rubrica. Stavolta sono davvero incredula su quello che sono riuscita a fare perché gli elementi da mettere in questo racconto erano davvero tanti. E sì, ce la siamo cercata perché sono stati tutti scelti da ognuna di noi scrittrici della rubrica. Potete dirlo forte che siamo masochiste ma direi che è stata anche una sfida stimolante. Ed ecco a voi gli elementi che c'era da includere.
1. Citare il colore rosa.
2. Inserire una moto o una macchina di quelle fighe e veloci. 
3. Deve esserci un elemento fantasy/sovrannaturale. 
4. Inserire un animale domestico.
5. Aggiungere un riferimento alla Corea del Sud.
6. Un personaggio deve essere minorenne. 
7. Qualcuno deve avere gli occhi azzurri. 
8. Uno dei giorni nell'arco dei quali si dipana la storia, deve prevedere la pioggia. 
9. In qualche modo (che sia detto esplicitamente da qualcuno, che sia specificato in una locandina vista per strada, che sia indicato da un libro sul comodino o in qualsivoglia modalità a vostra scelta) deve esserci un riferimento al passato, inteso come periodo storico o come background di uno dei personaggi.
10. Inserire una foresta o un bosco.
11. Deve essere citato il dolce preferito del/della protagonista.
12. Bisogna scrivere un massimo di 5000 parole.
Credo di aver incluso tutto ma a voi la sentenza.

Il Gatto Nero


TRAMA: In una Toscana post apocalittica, un mutaforme gatto deve rubare un diamante rosa a una mostra indetta da un miliardario coreano. Il colpo potrebbe non andare a buon fine.
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Che aveva detto Giulio? Che sarebbe stato un gioco da ragazzi? Facile per lui che se ne stava comodamente seduto davanti a un pc. Sono un mutaforme gatto ma questo non significava che avessi sette vite. 
Non che avessi sottovalutato la sorveglianza ma non potevo comunque restare indifferente a quello che vedevo già fuori dalla lussuosa residenza che ospitava il mio bersaglio. 
Stavolta il caro ispettore Giannini aveva dato il meglio di sé. Quel diamante, dopotutto, era il tesoro del miliardario del Sud Corea, Min Jo. Di un colore rosa pallido, era chiamato l'occhio di Venere. Si diceva che avesse fatto parte della collezione di Maria Antonietta. Ed ora si trovava qui, poco fuori dalla capitale della nostra bella Toscana. 
Forza e coraggio. 
Le guardie in guardino fu uno scherzo passarli con la mia forma felina, pur essendo tantissimi, ma quello che mi preoccupava era l'interno. Poliziotti armati fino ai denti pattugliavano ogni angolo ma il mio istinto animale aiutava molto per evitarli. Corsi  verso la sala del tesoro e la vidi. Meravigliosa e lucente, sopra il suo piedistallo. Dentro non c'era nessuno ma qui subentrava la tecnologia. Fili di luce rossi riempivano la stanza e appena ne avessi sfiorato uno, sarebbe scattato l'allarme. Ecco che entrava in scena il mio complice.
Giulio aveva solo sedici anni ma era un hacker professionista. Aveva il classico aspetto di un nerd occhialuto quindi chi penserebbe mai a guardarlo che era un criminale ben pagato? 
Trovarlo non fu facile ma grazie ai miei contatti ero riuscito a trovare un ottimo compagno di avventure. Mai sottovalutare Rafael Bronzetti.
Non avevo l'orologio con me ma sentivo che mancavano pochi istanti che la magia si sarebbe manifestata.
Ed ecco il buio. Un black out colpì l'intero palazzo e subito corsi verso il mio tesoro. Lo afferrai con la bocca e scappai alla velocità della luce. Missione compiuta.
Fui già fuori dall'edificio quando suonò l'allarme e sorrisi compiaciuto. 
Solo quando arrivai nel punto dove avevo lasciato la mia Alfa Romeo azzurra, mi ritrasformai in umano. Presi i vestiti dal bagagliaio e mi rivestii in fretta. Il diamante in tasca, mi accomodai sul sedile e sfrecciai verso il mio rifugio nel bosco.
Feci appena otto chilometri che sentii i sensi in allerta. Mi girai a destra, niente. A sinistra, niente. Ma in un attimo, sbucarono due macchine davanti a me a bloccarmi la strada. Frenai e guardai chi c'era alla guida di quella più grande.
L'ispettore Giannini. Dovevo aspettarmelo che non si sarebbe lasciato fregare così. Mi ritrovai circondato da circa trenta poliziotti.
«Sei in trappola, gattino.» mi urlò l'uomo. Doveva avere all'incirca quarant'anni, con cortissimi capelli castani e occhi neri che avevano il potere di mettermi soggezione. Saranno tipo un decennio che è diventato il mio incubo. 
Uscii dal veicolo e alzai le mani in aria vista la minaccia delle pistole puntate. 
«Ma guarda chi si vede. Come hai fatto a trovarmi così in fretta?»
Mi indicò il diamante nella mia tasca. No, eppure ero sicuro che non ci fosse un localizzatore all'interno. 
«Abbiamo impregnato il gioiello con una sostanza inodore che può essere rilevata nel radar. Bel trucchetto, vero?»
«Complimenti. Ammetto che la scienza ha fatto passi da gigante dall'esplosione mutante.» fischiai in segno di ammirazione. 
«Ora, se permetti, vogliamo indietro il diamante. Il coreano rivuole il suo giocattolo.» allungò la mano per rendere il concetto più chiaro.
Ma pensava davvero che mi arrendessi così? Non mi conosceva ancora, a quanto pare.
«Mi dispiace ma ne va del mio orgoglio.» 
Non gli diedi il tempo di intervenire che estrassi dalla manica della mia giacca una piccola bomba fumogena. Un trucco che funziona sempre. La buttai giù e mi ritrasformai in gatto nella coltre di fumo che si era formata. Con i miei nemici senza il beneficio della vista, corsi via nelle profondità del bosco, con il diamante in bocca. Avrei pensato presto a come togliergli quella sostanza localizzabile ma ora dovevo guadagnare molta distanza.
Per non farci mancare niente, cominciò anche a piovere. Maledizione, odiavo il pelo bagnato. 
Corsi a perdifiato. Gli alberi, la pioggia, non feci più caso a niente che mi circondasse. Volevo solo macinare chilometri da Giannini e la sua squadra. 
Solo quando non sentii più il loro odore che mi fermai. Lì, a pochi passi, c'era un ruscello. Sperai che immergendoci il diamante ne avrebbe tolto la sostanza. Mi trasformai in umano solo per poter usare le mani e pulire il gioiello. Sperai che funzionasse. 
Poi mi ritrasformai in gatto e ancora con il bottino in bocca, procedetti per il bosco. 
Fu un attimo, il gracchiare di un corvo mi distrasse e, da sotto le foglie, una trappola aguzza mi trafisse la zampa posteriore sinistra. 
Il dolore arrivo immediato e persi la presa sul gioiello. Merda, non me ne riusciva una oggi.
Poi, seguita dal dolore, arrivo la sonnolenza. A quanto pare le lame erano state ricoperte di veleno narcotizzante. Dannazione.
Il buio mi colse e non potei fare niente per impedirlo.

La prima cosa che vidi, non appena aprii gli occhi, fu una copertina giallo limone. Scattai all'istante. Non ero più nel bosco, questo era certo. 
Ero in una stanza, ancora nella forma di gatto nero, e mi alzai dalla cesta in cui mi trovavo per perlustrarla ma il dolore alla zampa me lo impedì.
«Cosa stai tentando di fare, piccolo? Non devi ancora muoverti.» sentii la voce di una donna e mi girai verso la soglia.
La donna in questione doveva avere all'incirca venticinque anni e teneva in mano una ciotola con del latte caldo all'interno. Lo percepivo dall'odore, per la precisione quello di capra. Ma a quello si univa un forte aroma di torta di mele. La mia preferita. Lo sentivo forte e chiaro ora che la porta era aperta sul corridoio.
I miei occhi azzurri la scrutarono diffidenti ma rimasi comunque fermo sulla cesta.
Lei si accucciò e mi avvicinò la ciotola. 
«Tieni. È l'ora della pappa. Te la sei passata veramente male sotto a quel tempaccio eh»
Continuava a parlare pur sapendo che, in teoria, gli animali non potevano comprenderla. Mentre io non facevo che pensare a quel profumino dolce della torta. Se non fosse stato per la zampa ferita, sarei potuto sgattaiolare in cucina per prendermene una fetta almeno.
Cominciai a leccare il latte, sentendo il suo sguardo perennemente addosso. Quanto detestavo questa cosa da felini, ma come facevano a sopportarlo? In tutti questi anni, avevo capito che i gatti non avevano privacy. Sopratutto quelli in casa. 
Ripulii la ciotola così che lei me lo portò via. Mi disse che sarebbe tornata dopo per cambiarmi la fasciatura sulla zampa quindi qualche ora di tempo per me l'avevo, finalmente.
Mi risultò difficile muovermi ma avevo un repellente bisogno di chiudere le tende. C'era troppo sole in quella stanza e avrei riposato meglio senza. Sì, ok, ero pignolo tanto.
Mi ritrasformai in umano e, incurante della nudità, mi allungai verso la tenda.
Nemmeno il tempo di spostarla che sentii la porta aprirsi di nuovo.
Mi girai verso la mia salvatrice così da vedere il suo sguardo cambiare da sorridente a sconvolto.
Tempo pochi secondi e il suo urlo non si fece attendere.
Cercai di coprirmi con la tenda. Dovevo sembrargli un maniaco, in piena regola. Non potevo biasimarla se ora mi stava cercando di colpire con ogni oggetto che aveva vicino.
«CHI DIAVOLO SEI? VATTENE VIA!» sbraitò.
Poi, finiti gli oggetti, tirò fuori il telefono e sapevo quali erano le sue intenzioni. Avrebbe chiamato la polizia e questo non potevo permetterlo.
Corsi verso di lei, cercando di ignorare il dolore alla gamba, e le bloccai con una mano le braccia sopra la testa e con l'altra le tappai la bocca.
«Calmati. Non voglio farti niente. So che sembra strana questa situazione ma posso spiegare.»
Lei continuò a dimenarsi.
«Sono quel gatto che hai salvato. Guardami la gamba, la stessa ferita. Giuro che non sono un maniaco e che non ho cattive intenzioni su di te. Ora ti lascerò libera ma devi promettermi che non chiamerai la polizia. Ti prego!»
Lei si bloccò per poi guardarlo in viso e poi la gamba. La vidi arrossire quando arrivò all'altezza dell'inguine ma poi i suoi occhi arrivarono alla ferita ormai libera dalla benda. Durante la trasformazione si era strappata. 
Vidi l'esatto istante in cui la verità la colpì come un fulmine. Il suo sguardo tornò serio sulla mia faccia e mi fece cenno di liberarla. Io, dopo un attimo di esitazione, obbedii.
«Sei un mutaforme.» disse solamente.
«Sì. Stavo girando nei boschi quando quella trappola mi ha ferito.»
«So quali sono. Purtroppo sono anni che combattiamo da queste parti per fargliele togliere ai cacciatori ma senza risultato.»
Silenzio. Sentii salire in me il disagio. Ero nudo con una persona che cercava di scrutarmi in viso come alla ricerca di altre verità. Ma almeno non era una contraria all'esistenza dei mutaforme. Me lo diceva l'istinto. Era consapevole, come tutto il pianeta, della nostra esistenza, ma non tutti ci accettavano di buon grado. Lei non mi guardava con malignità e pregiudizio ma con... curiosità mista a diffidenza. 
«Comunque il mio nome è Rafael.» 
«Non è il caso che prima di presentarti di metterti qualcosa addosso?» disse solamente lei.
«Bè, non ho vestiti a portata di mano, come vedi.» feci un sorriso malizioso che la fece arrossire ancora di più.
«Che sciocca, hai ragione. Vado subito a prendertene qualcuno.» e corse via. Non vedeva l'ora di scappare da quella situazione imbarazzante. Come darle torto?
Mi coprii le parti bassi con la copertina di prima e, tempo pochi minuti, la ragazza tornò con qualche indumento da uomo.
«Erano di mio padre ma dovrebbero comunque starti bene.» spiegò.
«Grazie...» mi bloccai non sapendo il suo nome.
Lei capendo il mio problema, sorrise e si presentò.
«Lucia.»
«Grazie, Lucia.»
«Prego, Rafael»
Dopo essermi vestito e averla raggiunta per pranzo, cominciammo a parlare. Così seppi dov'ero finito. Ero nella Val D'Orcia, nell'azienda vinicola della famiglia Orazi, di cui la mia salvatrice era la proprietaria. Mi aveva trovato nel bosco dove lei di solito passeggiava tutte le mattine presto quindi da che ero stato ferito la notte prima a quando mi aveva trovato erano passate parecchie ore. Fu un miracolo che fossi ancora vivo ma, per fortuna, il taglio provocato dalla lama della trappola non era andata troppo in profondità, se no sarei morto dissanguato. 
C'eravamo solo io e lei in casa. Nonostante fosse ricca, vedevo che non era una di quelle ereditiere che si crogiolava nel lusso. La casa era un'enorme casolare di tre piani ma non c'erano maggiordomi o domestici che l'aiutavano a tenerla pulita. Pensava a tutto lei, da quello che mi diceva. Teneva solo dipendenti per la produzione del vino. Insomma, questa Lucia non era decisamente una principessina viziata. Tuttavia mi sembrava fin troppo imprudente. Non era sicuro per una ragazza stare da sola ma lei mi rispose che non c'era da sottovalutarla solo per la sua statura minuta. Aveva fatto innumerevoli corsi di autodifesa e karate. A quella risposta, non ebbi più niente da dire. Affari suoi come viveva.

Le settimane passarono e, per fortuna, la minaccia di Giannini non era giunta fino all'azienda di Lucia. Passammo le giornate a parlare del più e del meno. Volevo darle in più occasioni una mano nei campi ma me l'ha sempre impedito dicendo che dovevo riguardarmi e che la ferita doveva ancora rimarginarsi.
Ma, come tutto, anche questa permanenza doveva giungere al termine. Il giorno dopo decisi che sarei andato via, di nuovo per la mia strada. 
Lo riferii alla ragazza e lei mi disse che avevo ragione. Era ormai tempo ma si dimostrò comunque dispiaciuta come se stesse perdendo un amico caro. Non era possibile, vero?
Stavamo a tavola, godendoci il nostro pasto. Tuttavia, c'era una domanda che avevo in mente di farle da giorni.
«Perché mi hai salvato?»
Lei si bloccò un attimo per poi rispondere.
«Perché eri un'animale ferito ed io odio quello che fanno agli animali quelle stupide trappole.» disse ma comprendevo che era la verità mista a ironia.
«Seriamente qual è il motivo? Sono una persona cattiva a cui danno la caccia, non meritavo il tuo trattamento.» richiesi, scettico.
Lei sorrise e mi guardò con tenerezza. Non ero abituato a simili sguardi, dovevo ammetterlo, e non ne comprendevo il significato.
«Non c'è bisogno di alcun motivo per aiutare qualcuno in difficoltà, buono o cattivo che sia. Lo si fa e basta. Non è che ora mi aspetti una ricompensa, solo non mi piace vedere qualcuno ferito.»
La osservai attentamente, sembrava sincera. 
«D'accordo. Facciamo che io ti creda. Ti ringrazio per il tuo aiuto.» dissi.
«Ora va meglio. Senti, ora posso farti una domanda io?»
I miei sensi in allerta, annuii. Era il minimo che potessi fare dopo che mi aveva accudito senza secondi fini. Anche se mi sembrava ancora incredibile che mi avesse curato senza volere niente in cambio. Nel mio ambiente si trattava sempre di un dare e avere, e non si faceva niente per niente.
«Sei uno di quei mutanti, giusto? Raccontami la tua storia.» mi chiese e io non esitai a rispondere. Non era di certo un segreto e il resto sarebbe stato a lei decidere se credermi o meno.
«Sono passati ormai parecchi anni da quell'evento che ha tramutato qualcuno di noi in esseri speciali. Era il 2051, ben trent'anni fa, avevo solo due anni quando l'esplosione di quella bomba colpì la mia città natale, Roma. Cosa strana è che non è successo a molte persone, solo pochi eletti avevano un DNA compatibile per quella merda che ha impregnato l'aria.»
«Questo lo so. Gli altri se la sono cavata con solo qualche febbre.»
« E' quello che hanno raccontato ai giornali ma la realtà è un po' diversa.»
Mi guardò confusa. Come poteva saperlo? La Stampa e lo Stato avevano fatto di tutto per insabbiare la cosa.
«La febbre ha ucciso molti nella capitale. Sia romani che turisti capitati nel momento sbagliato. Avevano provato con una specie di vaccino ma non ha funzionato per tutti.» spiegai.
Lei rimase a fissarmi per poi vedere quegli occhi intristirsi. 
«Capisco.»
Rimanemmo in silenzio per un bel po', finendo la nostra cena. Era strano. Di solito ero capace di capire chi avevo davanti ma lei era come un enigma. Non riuscivo a capire cosa frullasse nella sua testolina ma una cosa era certa. Facevamo parte di due mondi diversi. Lei, una semplice giovane proprietaria di un'azienda vinicola di successo che non aveva certo bisogno di rubare per vivere. E dall'altra parte c'ero io, un ladruncolo che passava le giornate a complottare per il prossimo colpo e che aveva a che fare con la peggio feccia della società. Anche prima della trasformazione, la mia vita non era granché. Cresciuto in orfanotrofio, è stata solo una fortuna la mia trasformazione genetica. Almeno nella mia forma felina potevo fare dei colpi che non si sarebbe sognato nessun normale umano. Era questa la mia vita, niente impegni e andare avanti giorno per giorno. Nessun legame duraturo a cui non potevo offrire che una notte di piacere.
A un certo punto, lei ruppe il silenzio.
«Rafael.»
«Sì?»
«Dammi dell'ingenua ma io non penso che tu sia una persona cattiva, come ti definisci. È stata la vita che ti ha reso così. Tu rubi per sopravvivere e non posso biasimarti per questo. Io sono stata fortunata a essere nata in una famiglia benestante ma non sono tanto stupida da pensare che molti non hanno avuto la mia stessa benedizione. E poi, chi è che definisce se una persona è buona o cattiva? Chi è senza peccato, scagli la prima pietra.»
Mi lasciò senza parole. Non ero preparato a sentirle dire questo. Ma chi era questa ragazza? Così, a primo impatto, sembrava una persona innocente e pura, ma sentivo che c'era altro in lei.
«Se lo dici tu.»
«Non è quello che dico io l'importante, è quello che credi tu di te stesso. Ognuno di noi ha le proprie ombre.»
«Le tue quali sarebbero, Lucia?» mi lasciai scappare. Me ne pentii subito perché non era un bene che sentissi la necessità di sapere il più possibile di questa giovane. Di solito raccoglievo informazioni di persone che dovevo derubare o di possibili complici, mai di donne o gente comune. Questa esigenza improvvisa mi preoccupava e non poco.
Lucia era bella, con i suoi capelli biondo miele e gli occhi di un azzurro scuro come le profondità marine. Avevo conosciuto donne molto più belle e sensuali di lei ma, nonostante il suo abbigliamento modesto da lavoro e i capelli spettinati, in quel momento mi sembrò la più attraente del mondo.
Lì per lì pensai che non mi avrebbe risposto ma, poi, fece un bel respiro.
«Ho perso mia madre in un incidente stradale quando ero piccola. Mio padre ha fatto tutto il possibile per crescermi da solo finché non ebbe l'esigenza di trovarmi una nuova mamma. La mia matrigna fu gentile solo quando c'era papà nei paraggi, per il resto mi trattò sempre con freddezza e cattiveria.»
Mi ricordava la storia di Cenerentola ma senza le sorellastre. 
«Capisco, dev'essere stata dura per te.»
«Fino ai dieci anni, poi passai gli anni in collegio e cercai di tornare a casa il meno possibile. Mio padre ci rimaneva male a ogni mio rifiuto a prolungare la permanenza ma io ero troppo terrorizzata dalla mia matrigna per fare altrimenti.»
«Oh.»
«Poi, durante una lezione all'università, mi giunse la notizia che entrambi erano morti durante un attacco terroristico mentre erano in vacanza. Da allora vivo con i rimpianti. Sarei dovuta essere più coraggiosa e stare più tempo con mio padre. Rimpiango di aver pensato solo a me.»
«Eri solo una ragazzina.»
«Già. Una stupida ragazzina viziata ed egoista.»
«Non è vero. Se tu fossi stata egoista, non mi avresti salvato.»
Lei sorrise con amarezza. «Che strana coppia facciamo. Come è strana questa sensazione che ho provato da quando ti ho visto. Non so perché ma nonostante tu sia praticamente un estraneo, sento che posso dirti praticamente tutto di me come se tu mi capissi.»
In effetti, provavo lo stesso. Era la prima volta che parlavo così tanto a qualcuno e, sopratutto, che gli svelavo parti di me come se la conoscessi da una vita. Non credevo nell'intesa immediata fino a quel momento. Parlare con Lucia, in queste settimane, fu come trovare l'altra parte di me. 
«So che te ne andrai domani. Ormai stai bene, ma promettimi solo che tornerai a trovarmi.»
Sgranai gli occhi. Mi stava chiedendo di restare vivo per tornare da lei. Un battito traditore si fece sentire forte nel petto. Non mi chiedeva di restare o di diventare qualcosa di più di amici, non pretendeva niente che non potessi darle. Eppure, il suo sorriso, la sua gentilezza, mi stavano dando speranze per un futuro diverso. 
Allungai la mano sul tavolo e andai a carezzarle la sua. Lei alzò lo sguardo per vedere i miei occhi.
«Te lo prometto.»
Ora e per sempre.

FINE

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Direi che ho fatto un bel minestrone eh 
Spero vi sia piaciuto e alla prossima.

domenica 10 novembre 2024

Il diario di Evangeline di Elinor Glyn

 Ne è già uscito l'ebook su Amazon e troverete il cartaceo in anteprima al Bukromance! Sto parlando di questa nuova uscita della Vintage Editore: Il diario di Evangeline. Non vedo l'ora di averlo tra le mani. 


Titolo: Il diario di Evangeline
Autore: Elinor Glyn
Editore: Vintage Editore
Collana: Old Vintage
Traduttore: Marilena Petroli
Data uscita: 5 Novembre 2024 (ebook)
Prezzo: 4,99 € ebook

Branches Park, 1905. La giovane Evangeline Travers si trova improvvisamente orfana. La bisbetica Mrs Carruthers, che
l’aveva adottata dopo la dipartita del padre, muore dimenticando di aggiornare il testamento. Da ereditiera quale credeva
di diventare, Evangeline si ritrova a essere, invece, un’avventuriera. Perché tale è una ragazza di vent’anni con una rendita
di sole trecento sterline, nessuno su cui contare, affascinante, consapevole di esserlo e soprattutto… con i capelli rossi!
Mentre l’austero Christopher Carruthers arriva a Branches per prendere possesso della sua eredità (che forse comprende la stessa Evangeline), l’avventuriera dai capelli rossi annota minuziosamente nel suo diario eventi e persone che, nel corso di poche e intensissime settimane, cambieranno la sua vita.Tra ingenuità e malizia, Elinor Glyn si presenta al pubblico come la vera antesignana del moderno romance.

I bei sentimenti sono per le persone che hanno i soldi per vivere come vogliono. Se avessi diecimila sterline all’anno, o anche solo cinquemila, manderei a quel paese tutti gli uomini e direi: «No, vivo la mia vita come voglio, e coltiverò la conoscenza e i libri, e mi concederò dei begli ideali di onore e sentimenti elevati, e forse un giorno soccomberò a una nobile passione.»



sabato 9 novembre 2024

Matching Mr Darcy di Amelia S. Marte

Ecco a voi la mia prossima lettura. Non sono amante del romance contemporaneo ma neanche lo disprezzo. Inoltre dove viene citato un Darcy, ci sono io che addrizzo le orecchie come un cane.


Titolo: Matching Mr Darcy
Autore: Amelia S. Marte
Editore: Vintage Editore
Collana: Romance
Prezzo ebook: 6,90€ (o gratis con KU)

Calliope Emily Isobel Thompson è una newyorchese di poco più di trent’anni con due passioni sfrenate: Jane Austen e i Queen.
Vive in bilocale nel Lower East Side insieme al gatto Fredde, ha due amiche inseparabili, Alexa e Nina, un rapporto tormentato con la madre, un affetto smisurato per la sorella Daphne e un lavoro come commessa da Bloomingdale’s che, però, odia. Al glamour e all’alta moda preferisce i libri e la lettura, e, infatti, il suo sogno nel cassetto è aprire una libreria indipendente. Callie, tuttavia, ha anche un altro sogno: trovare il suo Mr Darcy, un gentiluomo perfetto e romantico che le faccia battere il cuore. E per trovarlo è disposta a tutto, persino mettersi in gioco con le app di dating. Ma è davvero possibile, oggi, fare match con Mr Darcy?
Matching Mr Darcy è il primo romance contemporaneo targato Vintage Editore e coniuga ironia e sentimento, colpi di scena e pregiudizi, sempre sotto lo sguardo critico e divertito della nostra amata Jane Austen.

«Sono convinta che là fuori ci sia un Mr Darcy per ognuna di noi che ci regalerà una grande storia d’amore proprio come in Orgoglio e pregiudizio. Chiamatemi illusa, ma è così.»



Storytelling Chronicles #16

Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara della Nicchia Letteraria
Buongiorno, cari readers! No, non è un sogno. Questa rubrica è davvero tornata e la inizio di nuovo con il botto. Cioè, ovviamente con un bel ritardo visto che doveva essere il racconto di Ottobre eheh Non cambierò mai, abbiate pazienza. Ma avete notato il cambio di veste? Bellissima, vero? Opera di Federica Caglioni di On Rainy Days. 
Dunque, la tematica scelta per ricominciare questa avventura è stata di continuare uno dei nostri scritti incompleti quindi la mia scelta è ricaduta su quello più recente. Dopo l'uscita della nuova antologia di beneficenza, Accadde un'estate, avevo in mente di regalare un extra a chi aveva apprezzato il mio racconto all'interno di esso. Le vicende di Estella e Luke non sono finite in Così come le onde, ma li vedrete in un contesto diverso. Vi auguro buona lettura e spero che vi piaccia.
Per chi non avesse ancora letto la nostra antologia estiva, potete trovarla sempre su Amazon sia in versione cartacea che digitale (anche su KU).

Luce nel buio


TRAMA: Estella e Luke vanno in Irlanda in occasione del matrimonio del padre di lui ma ci saranno molte cose da chiarire prima di poter gioire dell'evento.
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«Sai che non dovevi per forza accompagnarmi, vero?» mi disse Luke mentre stavamo nel bus che ci avrebbe portato a casa di suo padre e della sua nuova compagna. 
Era ottobre e ne abbiamo approfittato per prenderci una specie di vacanza in Irlanda, la terra d'origine del suo genitore. O comunque, è meglio dire che il mio uomo aveva ricevuto una chiamata che lo avvisava dell'imminente matrimonio del suo vecchio.
Non sapevo i dettagli del passato di Luke. Sapevo solo che sua madre era scappata con un altro lasciando lui e suo padre da soli. Ovviamente Bill Kilney cadde in depressione e sfogò tale stato d'animo con l'alcool. Non fu mai violento con suo figlio ma non fu neanche presente nella sua vita, facendo sì che Luke prendesse cattive strade. Almeno finché, da poco più che un bambino, non conobbe mio padre. Gli uomini più importanti della mia vita mi avevano sempre raccontato di come tra loro fu subito rispetto e comprensione reciproca. Luke aveva amato il surf da quando, per puro caso, era andato a vedere una delle competizioni di papà. L'ammirazione che provò per lui nacque all'istante e volle essere suo allievo. Il resto è storia, Carl diventò anche suo padre per certi versi. Lo teneva lontano dalle cattive compagnie, lo portava a guardare le partite di football, lo sosteneva nelle sue gare e lo invitava spesso e volentieri a casa nostra. All'inizio avevo davvero pensato che Luke fosse mio fratello ma ci misi poco a provare qualcosa di più profondo. 
«Scherzi? Sono la tua ragazza ed è mio dovere starti accanto. E poi dovevo conoscere tuo padre prima o poi.»
«Speravo più poi che prima.» brontolò.
Sospirai e andai a stringergli le mani tra le mie per fargli sentire il mio appoggio. 
«So che non è facile per te tutto questo ma devi andare avanti, Luke. Lui, nel riportarti qui, sta cercando di rimediare ai suoi errori.»
«Rivederlo e congratularmi con lui per il suo matrimonio non cancellerà il passato.»
«Ma il fatto che hai accettato il suo invito vuol dire che, in fondo, vuoi riprovarci con lui.»
Lui rimase in silenzio a questa affermazione ed io ne approfittai per continuare.
«Non è una causa persa, amore. In te c'è ancora quel bambino che ha bisogno dell'unico genitore rimasto.»
«Era Carl l'unico padre che avevo.»
«Lo so. Lui rimarrà sempre qui.» mi toccai il petto all'altezza del cuore. «Ma almeno prova a riavere indietro quest'uomo che ti sta porgendo la mano. Il mio non è più in questo mondo ma il tuo sì e so che non te lo perdoneresti mai se un domani morisse senza prima aver chiarito le cose tra voi.»
Lui si girò a guardarmi con gli occhi e il sorriso pieni di amarezza.
«Hai ragione, come sempre.»

Il viaggio in bus dall'aeroporto a Limerick fu massacrante a livello fisico. Non poteva abitare più vicino a Dublino mio suocero? Certo che no. Dopo il nostro discorso sul rapporto con suo padre, abbiamo preferito cambiare argomento e spostarci sul surf e sulla prossima stagione sportiva. Era andato tutto bene finché non mi alzai per uscire alla nostra fermata. Mi ritrovai tutta indolenzita e il clima freddo di questa nazione non era il massimo per me che ero australiana fino al midollo. Non ero di certo preparata a due ore e mezza di autobus ma in compenso i paesaggi visti furono un vero spettacolo.
«Ciao, ragazzi. È andato bene il viaggio?» irruppe una forte e gioviale voce maschile. Ci girammo dopo aver preso i bagagli da sotto il bus e ci trovammo davanti una coppia di signori. Non ci volle tanto per capire che l'uomo era colui che aveva creato Luke visto che erano due gocce d'acqua. Bill era esattamente quello che sarebbe diventato Luke fra qualche anno e la cosa non mi dispiacque per niente. Accanto a lui, c'era la sua futura moglie, Molly, che mostrava un sorriso molto dolce. Doveva avere circa cinquant'anni anni o poco più e teneva i capelli neri raccolti in un chignon. I suoi occhi castani ci guardavano con curiosità mista a gentilezza. 
Visto che Luke era rimasto imbambolato a fissarli, mi presi io la briga di rispondere.
«Tutto bene, grazie. È stato lungo ma l'importante è essere qui.»
«Ben detto! Comunque è un piacere conoscerti, mia cara. Io sono Bill e questa affascinante donna è la mia futura sposa, Molly.» sorrise e indicò la presente al suo fianco.
«È un vero piacere fare la vostra conoscenza. Bill mi ha parlato molto di voi.» rispose la donna andando ad abbracciarmi. Io ne rimasi sorpresa ma non ci misi niente a ricambiare il suo caldo benvenuto.
«Estella. E il piacere è tutto mio.» dissi sfoggiando il mio miglior sorriso. 
«Ti ha parlato di noi? Sarei davvero curioso di sapere cosa ti abbia detto di preciso. Magari di quando mi ha abbandonato a diciotto anni per tornarsene qui o di quando non si è fatto sentire per anni fino ad adesso.» la voce di Luke uscì fuori più fredda e velenosa che mai.
Ci irrigidimmo tutti alle sue parole.
«Luke.» lo ammonii. 
«No, cara ragazza. Tranquilla, ha ragione. Me lo merito.» disse Bill. Il suo volto ferito mi fece stringere il cuore ma non potevo contestare. 
Molly andò a stringere il braccio del compagno e gli sorrise per rassicurarlo. C'era tempo per parlare ma non era quello il momento.
«Sarete stanchi, venite. La nostra casa è a pochi passi da qui. La vostra stanza è pronta da un bel pezzo e, per l'occasione, ho sfornato la mia rinomata torta di zucca.»
Ok, ora si che si ragionava. Ero stanca ma avevo anche un certo languorino.

La casa dei Kilney non era gigantesca ma molto accogliente. Appena entrati, l'odore di torta ci colpì con la potenza di un uragano. Sì, avevo decisamente fame.
Ci fecero accomodare in soggiorno e, mentre Bill portò i nostri bagagli di sopra nella stanza degli ospiti, Molly ci offrì subito il tè con una fetta di torta. 
«Spero sia di vostro gradimento.» disse lei.
Non ci furono dubbi dalle nostre facce di quanto avevamo gradito il dolce. Fu una delizia per il palato e mi promisi di chiederle la ricetta dopo. Non ero brava come mia madre nel cucinare però me la cavavo abbastanza bene. 
Quando finimmo la merenda e tornò Bill da sopra, ci fecero vedere la loro dimora.
La casa era un villino di due piani; nel primo c'era l'ingresso con soggiorno e cucina mentre sopra le stanze con bagno. Il giardino, invece, era grande giusto per un piccolo orto nella parte dietro dell'abitazione e per i vari fiori che piacevano alla padrona di casa. 
«Ora andate pure a rilassarvi di sopra. Poi, magari, prima di cena, potremo fare una passeggiata qui intorno. Limerick è un gioiellino.» disse Molly.
«Sarà un modo anche per Luke di vedere finalmente la fattoria che era dei suoi nonni e che poi è passata a me. Siamo in sei a lavorarci e riusciamo a fornire patate e latte a tutti gli abitanti della città.» disse orgogliosamente Bill. 
Cosa ammirevole. Presumevo che non fosse stato facile far continuare l'attività di famiglia dopo la sua lunga assenza in Australia. E quanto avranno sofferto i nonni di Luke nel non vedere lui e suo padre insieme tornare in patria.
«Ci farebbe piacere. Allora a dopo.» salutai e trascinai il mio taciturno uomo di sopra.

Luke

Avevano ragione su Limerick. Era un paesino davvero grazioso e gli abitanti erano molto cordiali e ospitali. Quando poi giungemmo alla fattoria dei Kilney, sentii una stretta al cuore. Ero piccolo l'ultima volta che avevo visto i miei nonni ma nel vedere quel pezzo di terra che gli era appartenuto fu come sentirli vicino a me. Ricordavo il sorriso dolce di nonna Siobhan e il vocione di quel burbero di nonno John. 
La serata passò abbastanza tranquilla e, dopo aver dato la buonanotte, io ed Estella andammo a rilassarci. Non rivolsi mai la parola a mio padre ma già che non c'erano state punzecchiate era un passo avanti. 
«La vuoi smettere di fare l'orso? Prova a spiccicare parola senza dover sputare veleno, per favore.» mi rimproverò Estella dopo essere uscita dal bagno. Pulita e profumata dalla doccia, si sedette vicino a me sul letto, avvolta in un misero asciugamano. 
La faceva facile, lei. Lo so che voleva il mio bene ma non era semplice affrontare il passato e andare oltre. Per colpa di Bill, non ero riuscito neanche a vedere i miei nonni irlandesi prima che morissero. Questa era una cosa che non sarei mai riuscito a perdonargli.
Estella sospirò e appoggiò la testa sulla mia spalla.
«Mi avevi promesso che ci avresti provato.» continuò.
«E ci sto provando, Estella, ma è difficile superare quel muro che ci siamo costruiti.»
«Ora promettimi che domani ci parlerai.»
«Non chiedermi questo.»
«Promettimelo.»
Strinsi i pugni ma subito dopo li rilassai, rassegnato. Conoscevo Estella e sapevo che era testarda come un mulo. Mi avrebbe rotto le scatole fino alla fine se non gli dicevo sì.
«Ok, va bene.» sbuffai.
Lei, in risposta, sorrise per poi compensarmi con un bacio sulla guancia.
«Questo è il mio Luke.»
Io sorrisi di rimando ma con un aggiunta di malizia. La sdraiai sul letto, sotto di me.
«Non pensare di cavartela con così poco. Devo avere qualcosa che mi incoraggi nell'impresa. Non penserai mica che possa farlo senza nessuna motivazione.» le sussurrai all'orecchio per poi mordicchiarglielo. La sentii rabbrividire e questo aumentò la mia eccitazione.
La guardai, bellissima e piena di vita. Mia.
«Direi che hai ragione.» disse per poi darsi da fare per rendermi la persona più felice del mondo.

La mattina dopo, Estella andò con Molly a comprare delle cose per il pranzo mentre Bill era andato da un amico per aiutarlo nel trasportare legna. Ero solo in casa. Ne approfittai per sistemare meglio i bagagli che avevamo lasciato in valigia ma ebbi difficoltà ad aprire il vecchio cassetto nel sotto dell'armadio. Nel forzarlo, me lo trascinai dietro facendo cadere il contenuto. Delle foto si sparpagliarono sul pavimento e rimasi incredulo nel vedere che ero il soggetto di esse. Nemmeno il tempo di raccoglierne una che sentii la voce di mio padre dietro di me.
«Carl mi mandava periodicamente le tue foto e mi faceva sapere per telefono i tuoi risultati.»
Mi girai verso di lui.
«Perché?» solo questo riuscii a chiedere. Sentivo come un groppo in gola.
«Perché ero pur sempre tuo padre. Ti ho sempre amato, Luke, ma non mi sentivo degno di te.»
«Ma che cazzo vuol dire? Tu mi hai lasciato quando avevo più bisogno di te! Sei un codardo!»
Lui rimase un attimo in silenzio. Ma quando quel silenzio cominciò a pesarmi, feci per avviarmi fuori dalla stanza. All'improvviso mi sentivo come soffocare.
Ma poi lui ricominciò a parlare.
«Prima che tua madre mi lasciasse, mi disse delle cose orribili. Mi disse che non aveva mai voluto essere legata nel matrimonio e tanto meno voleva dei marmocchi. Non eravamo niente per lei, Luke. Questo fece male perché, dopo anni a vivere insieme, sotto lo stesso tetto, pensavo di conoscere la persona che avevo accanto. Quando invece tutto non era altro che una bugia. Lei ci aveva sempre odiato e, inoltre, mi tradiva con l'uomo con cui è scappata già da molto tempo. Se non fosse che sei la mia copia avrei anche pensato che non fossi figlio mio.» disse, con un immenso dolore nello sguardo.
«Mi sentii un fallito, sia come uomo che come padre. Nonostante le sue parole, continuavo ad amarla e mi disprezzavo per questo. E non meritavo di avere un figlio meraviglioso come te. Quando Carl ti prese sotto la sua ala, fui felice e provai immenso orgoglio. Avevi trovato qualcuno che sapesse far sfruttare il tuo potenziale, che ti apprezzava per come meritavi. Fu allora che presi la decisione di tornarmene in Irlanda. Non c'era più posto per me in Australia, solo brutti ricordi. Lasciai il mio studio veterinario e te.»
«Papà, io...» provai a dire qualcosa ma ero talmente sconvolto da queste verità che non sapevo nemmeno se le mie parole potessero servire a qualcosa.
«Ma non ti lasciai mai del tutto. Anche quando arrivai qui, eri sempre nei miei pensieri. Mi pentii, praticamente, subito dopo aver preso l'aereo di averti abbandonato. Prima di partire, parlai con Carl e gli chiesi di continuare a starti accanto e mi feci promettere che avrei ricevuto ogni tre mesi tue notizie. Tramite quelle foto e le chiamate che mi faceva, mi sembrava di averti vicino.» una lacrima cominciò a scivolare dal suo occhio sinistro. 
«Poi Carl morì e la notizia mi rattristò molto. In quegli anni avevamo instaurato una buona amicizia  tramite te e aveva da subito compreso il mio dolore. Era un brav'uomo e avrei tanto voluto esserci al suo funerale.»
«Ma non ci sei stato.» lo accusai. 
«No, e ancora lo rimpiango. Avevo anche pensato di venire a prenderti e portarti qui ma, sono un codardo, hai ragione.»
«Aver ragione non cancella il dolore che mi hai provocato.»
«Lo so. Porterò questo peso nella tomba per questo ma ti prego, Luke. Dacci ancora una possibilità. Sono cambiato, aver incontrato Molly mi ha fatto capire che la vita è troppo breve per sprecarla in rimpianti e solitudine. Lei è stata la mia luce nel buio, mi ha dato una speranza dove vedevo solo disperazione. Mi ha dato il coraggio di contattarti e provare a riaverti nella mia esistenza.»
Lo capivo, in un certo senso. Estella era stato lo stesso per me. Se non fosse stato per lei, non avrei ceduto nel venire qui. Averla accanto scacciava l'oscurità che aveva albergato nel mio cuore da tanto tempo. In fondo, eravamo simili io e mio padre, e questa realtà mi colpì.
«Se potessi tornare indietro, prenderei a pugni il me del passato ma non è possibile. Non posso cancellare quello che è stato ma voglio esserci nel tuo futuro. Ti giuro che non ti lascerò più solo.»
Restai a fissarlo per un bel po'. Aveva ragione, non si poteva cancellare il passato ma era anche vero che avevamo bisogno di andare avanti e guardare verso il domani. Sospirai e, d'un tratto, mi sentii il cuore più leggero, come se mi fossi liberato di un peso che portavo da molto tempo. Non avrei dimenticato ma il desiderio e la speranza di avere di nuovo una famiglia mi fece prendere una sola decisione.
Allargai le braccia, aspettando il suo abbraccio. Quello che aspettavo da una vita.
«Al futuro?» gli chiesi e lui non se lo fece ripetere due volte.
Mi strinse a sé, con le lacrime agli occhi.
«Sì, figlio mio. Al futuro.»

Quando rientrarono Molly ed Estella, ci trovarono in salotto a parlare, dopotutto avevamo molti anni da recuperare e cose da chiarire. Entrambi ci guardarono felici e dopo pranzo gli dicemmo quello che era successo. Il passato era dietro l'angolo ma ero deciso a ricominciare. Dopotutto, un domani vorrei che i miei figli conoscessero almeno un nonno visto che l'altro non era più tra noi. Ma lo conosceranno tramite i racconti miei e di Estella, questo era certo.

Arrivò il giorno delle nozze. Molti invitati tra cui noi, aspettavamo fuori dalla chiesa che arrivasse la sposa. Mio padre era in trepida attesa sopra la scalinata. Come se una persona dolce e premurosa come Molly potesse mollarlo all'altare. Eh ma forse era meglio che non lo prendessi in giro per il suo nervosismo. Sicuramente anch'io sarò così quando mi troverò nei suoi panni.
Guardai Estella, bellissima nel suo vestito azzurro. Non mi ero ancora proposto perché so quanto è importante la carriera per lei e voglio aspettare il momento giusto per farmi avanti. 
Poi, la macchina che portava la sposa arrivò e sul viso di mio padre si dipinse un luminoso sorriso. Era bello vederlo così felice e innamorato.
«Come va, amore mio?»
A questa domanda, sorrisi con calore. Ero finalmente in pace. 
«Bene, Estella. Ora sto bene, mia luce nel buio.» E dopo averla stretta a me, ci avviamo dentro la chiesa per assistere alla felicità del mio ritrovato genitore.

FINE

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Al prossimo racconto e dateci sotto con i consigli che, come vedete, ho ancora molto da imparare.