domenica 3 agosto 2014

[RECENSIONE] Twelve di Stella Martini


Autore Stella Martini
Collana - Fabbri Editori
Uscita - 9 Luglio 2014
Dettagli - 283 pagine
Prezzo - 12,90 €
ISBN - 9788891507181

A Malfenn, piccolo paesino del Trentino, durante l’estate arriva la quindicenne Leonor insieme al padre. Tre mesi prima, nei boschi che circondano l’Overlake Hotel, di proprietà del nonno Josef, durante un’escursione è scomparsa sua madre, Sarah, ormai ritenuta morta in un incidente, anche se il corpo non è mai stato ritrovato.
Mentre il padre non si è rassegnato, e ogni notte torna a vagare per i boschi alla ricerca della moglie, Leonor si limita a lasciar trascorrere il tempo intrappolata nel dolore e nei ricordi.
Sino a quando non incontra Abel, il bambino con cui giocava da piccola nelle lunghe estati trascorse dal nonno. Ora Abel ha diciassette anni, la fama di duro, e si occupa della piscina e del giardino dell’albergo. Per molti anni ha vissuto confinato in collegio o in una baita in alta montagna, qualcuno dice per il suo cattivo carattere, qualcuno per una misteriosa malattia.
Mentre i due ragazzi cominciano ad avvicinarsi, nei boschi di Malfenn fa la sua comparsa una misteriosa bestia assassina. Dopo che due donne sono state sbranate, si comprende che ad ucciderle è stato un essere mostruoso: un lupo mannaro, ed è forse lo stesso lupo mannaro responsabile anche della scomparsa della madre di Leonor.
E se il mostro fosse proprio Abel, che non riesce più a trattenere gli attacchi di furia che lo trasformano letteralmente, in un’altra, terribile, persona? Per Leonor, che si è accorta di amarlo, comincia così una disperata corsa contro il tempo per salvarlo. Una corsa che durerà dodici giorni…

GIUDIZIO PERSONALE:
Non appena vidi la copertina e la trama, volli leggerlo assolutamente. Da quanto non leggevo di licantropi? Da parecchio perciò mi sono dedicata a questa lettura durata tre pomeriggi. Di sicuro ci sarà un continuo perché Twelve ha lasciato cose in sospeso e gli autori l'hanno confermato. Sì, questo romanzo è scritto a quattro mani da una coppia di coniugi che si firmano con lo pseudonimo Stella Martini. Lui scrive gialli mentre lei i rosa. Il potenziale c'è ma purtroppo è stato tutto piuttosto sbrigativo. L'attrazione tra Abel e Leonor, la prima e vera trasformazione di Abel in lupo mannaro, una breve comparsa della migliore amica di lei per poi venir uccisa subito. E poi ho trovato anche parecchie ripetizioni sul profumo di Abel. Sempre muschio associato a qualcos'altro. Per non parlare poi di una cosa che non mi torna.

Leonor è la nipote del proprietario dell'albergo dove lavora Abel. Lei e suo padre sono tornati in quell'albergo in mezzo ai boschi per trascorrere l'estate ma poi sarà per un altro motivo che si svelerà alla fine che andranno a Malfenn. Abel e Leonor si conoscevano ed erano compagni di giochi da piccoli ma per anni non si sono visti per il fatto che lui è andato in collegio e ci è rimasto anche per le vacanze estive fino ad oggi. Col tempo, entrambi sono cambiati ma sopratutto lei. Il dolore per la perdita della madre ha distrutto sia lei che il padre Albert. Ormai sono mesi che la donna è sparita e si potrebbe pensare che è morta ma sia padre che figlia non si danno pace. Neanche il corpo è stato trovato. 

"Prima delle ultime vacanze di Pasqua, alla vigilia della stagione turistica, abbiamo trascorso due o tre week-end qui all’Overlake. Papà ha aiutato nonno a ridipingere il salone principale e l’ingresso dell’hotel, mentre io e mamma, visto che il tempo era buono, ne abbiamo approfittato per fare lunghe passeggiate fino al paese o intorno alle rive del lago.
È strano come quei giorni mi sembrino a volte più chiari e nitidi di quelli che sto vivendo ora. La voce di mamma, la luce del cielo, i fiori che sbucavano incerti fra l’erba: è tutto così reale, così vero. Ora, invece, tutto ciò che vivo mi sembra avvolto in un liquido denso fatto di suoni attutiti e pensieri immobili.
«Sveglia, pigrona» mi chiamava mamma, comparendo nella stanza appena i raggi del sole sfioravano il davanzale della mia finestra. Nel dirlo, sollevava il piumino in cui mi avvolgevo la notte e spalancava gli scuri delle finestre. Mi portava il caffè a letto insieme a qualche fetta di pane di segale ancora tiepido e a un po’ di marmellata di mirtilli preparata da Martha, la cuoca.
«Lo sai che i mirtilli fanno venire gli occhi belli?»

Era una sua teoria, del tutto priva di fondamenti scientifici, ma i suoi occhi erano splendidi, e io ho preso molto da lei. Non c’era motivo di dubitare che avesse ragione."

Anche la situazione di Abel non è delle migliori. Fu mandato in collegio per guarire da una "malattia" da quello che dice sua madre Martha, rimasta vedova dopo l'assassinio del marito successa quando Abel aveva pochi anni. Ma quello che pensa il ragazzo è "Quale malattia?" "Sono stato malato?". In un certo senso si può definire anche così tuttavia la sua in realtà è una maledizione. Lui è un licantropo, una uomo lupo. Dentro di sè, la sua parte selvaggia, la bestia "Cain", è restata sopita per anni fino ad uscire finalmente fuori. Abel dovrà imparare a conviverci visto che sono una cosa sola. Nel frattempo, a Malfenn sono già state uccise due ragazze tra cui la miglior amica di Leonor, Diana,  venuta in vacanza a trovarla. Si sospetterà essere Abel il colpevole ma non sarà così. Lui è un licantropo "buono" e c'è un secondo licantropo che dimora da molti anni in quel luogo e si nasconde tra i paesani. Sanguinario e pronto a fare altre vittime. Solo Abel potrà riuscire a sconfiggerlo e a liberare Malfenn dalla sua presenza.

Dentro di me sento il vigore del lupo, come se nelle vene mi scorresse benzina pronta a prender fuoco. La bestia si sente impotente, fuori posto; io però non capisco. Non ricordo nulla, ma l’altra parte di me, evidentemente, ancora non è pronta per condividere ciò che è accaduto solo poche ore fa.
Non posso più fingere che non esista. Siamo una cosa sola e devo imparare a dialogarci.
«Ci sei, lo so» dico piano. «Non posso più fare finta che tu non esista. Mi senti?»
Mi sente. E mi parla. Una voce dentro la mia testa. Roca, profonda.
Così mentre m’incammino zoppicando verso valle, io e la bestia iniziamo a comunicare. Prima timidamente, poi in modo sempre più articolato. Quando giungiamo alla fine del sentiero, gli ho perfino dato un nome, come se fosse una persona vera o un amico, un fratello di sangue. Ho deciso di chiamarlo Cain. Il mio fratello cattivo. Non gradisce per nulla che mi riferisca a lui come «la bestia». Ora ci chiamiamo per nome, come se ci fossimo sempre appartenuti e rappresentassimo le due facce della stessa medaglia.

E a complicare ulteriormente le cose in paese, arriverà un cacciatore di lupi mannari, Hunter, che senza scrupoli, vorrà eliminare Abel. 
Alla fine del libro, questo nuovo nemico rimarrà in sospeso. Sicuramente si saprà molto di più nel seguito. Ma la cosa bella del libro, e che ormai si capisce dalla mie precedenti recensioni quanto la apprezzi, è che si alternano i punti di vista di Abel e Leonor. Mi piace perché mi aiuta a capire meglio il personaggio ed entrare nei suoi pensieri. Come ho detto prima, non mi piace che sia stato un racconto sbrigativo. D'accordo che è una corsa contro il tempo che dura dodici giorni (ogni capitolo è un giorno da 1 a 12) ma troppo di corsa XD Ho notato anche che è più la parte "gialla" a prevalere su quella "rosa". Nel senso che si parla più di misteri e assassini che di amore. Però quelle volte che si parla di amore mi sono piaciute e alcune mi hanno anche commosso. E non sto parlando solo di Abel e Leonor ;)
La scrittura è chiara e scorrevole ed è strutturata bene. Do 3 stelle e mezzo come voto ma spero che nel prossimo volume andrà meglio :)

e mezzo


Sembra passato un secolo da quell’estate. Un pomeriggio in cui si era messo a piovere, ci eravamo riparati nel deposito dell’Overlake, dietro al bar, dove consegnavano le bottiglie, per sfuggire all’acquazzone che ci aveva investiti. Il vento fischiava e come spinti da un istinto naturale ci eravamo stretti l’uno all’altra per riscaldarci. Le nostre labbra si erano avvicinate. Un gesto che avevo visto fare a un paio di ragazzi della mia classe; all’epoca frequentavo ancora le scuole giù in città. Lei con le trecce e l’apparecchio ai denti, lui più piccolo, più impaurito. Nel cortile, durante la ricreazione, nascosti dietro il grande albero. Forse pensavano che nessuno li avrebbe notati.
«Che fai? Sei matto?» chiese Leonor.
«No, voglio baciarti.»
«E perché mai?»
«Perché non l’ho mai fatto. Tu l’hai fatto?»
Leonor si ritrasse.
«Fa male?»
Scoppiai a ridere.
«Non credo proprio.»
«Allora va bene» acconsentì, ancora dubbiosa.
Mi avvicinai. Sarebbe stata la prima volta per entrambi. Nessuno dei due ne aveva mai scambiato uno ma nella sua classe avevano già provato tutte così, quella poteva essere l’occasione giusta per farle da cavia.
Leonor sorrideva complice. Ci eravamo accordati per darcelo dopo un conto alla rovescia. Alla fine del countdown, però, all’improvviso aveva smesso di piovere e intorno a noi era sceso un inquietante silenzio. Sembrava che il mondo si fosse fermato, immobile ad aspettare un nostro gesto.
Leonor si era scostata d’impulso, poi mi aveva spinto lontano da sé.

«Abel, andiamo, ci staranno cercando.» Ed era corsa via lasciandomi a bocca asciutta e con un vago senso d’inadeguatezza.

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