Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara della Nicchia Letteraria |
Buongiorno, readers! Ben ritrovati in una nuova puntata di questa bellissima rubrica. Questa volta ci ho messo di meno a decidere la trama del mio racconto e ne vado piuttosto fiera. Per Aprile, la traccia da seguire è l'ambientazione in un bosco di giorno. Ci ho pensato e ripensato e alla fine ho voluto mettere in questo scritto il mio lato amante dell'oriente. Qualcuno di voi, non per niente, troverà similitudini con degli anime e manga molto conosciuti, da cui ho tratto deliberatamente ispirazione. Spero vi piaccia.
Luce proibita
Trama: Un demone e un'umana, ogni anno allo stesso giorno e luogo, si incontrano, lontani da occhi indiscreti e illuminati dai pregiudizi. La loro è una relazione proibita ma questo non riesce a tenerli lontani. Più passa il tempo e più la passione sboccia nei loro cuori fino ad unire i loro corpi nella riservatezza che solo un bosco può offrire.
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Giappone 1483 Periodo Sengoku
Era giunta la primavera nel villaggio di Ayame ma quasi nessuno se n'era accorto. Ormai da anni, umani e demoni combattevano per il dominio e la sopravvivenza, senza esclusione di colpi. I demoni potevano anche avere poteri enormi e grande forza fisica - che poteva dare per scontato la loro vittoria - ma gli umani, con il tempo, avevano trovato alcuni dei loro punti deboli, dandogli modo di tenergli testa.
Non si sapeva come era iniziata questa guerra e chi delle due parti aveva iniziato per primo ad attaccare, ormai erano passati troppi anni per ricordare, ma l'odio era tanto. Molti avevano perso i loro cari e vendetta generava altra vendetta in un circolo vizioso senza fine. Ayame era sola, aveva perso i genitori a causa di queste lotte, ma non provava odio nei confronti dei demoni. Quello che lei disprezzava era la guerra e la sete di potere nel cuore degli uomini.
Dopo aver perso tutto, la ragazza votò la sua esistenza nel curare i malati, nel dare una mano ai più bisognosi con le sue capacità di erborista. Grazie a sua nonna, aveva imparato molto sulle proprietà benefiche delle piante e volle impiegare le sue conoscenze a fin di bene. Il villaggio le era grato e l'ammirava, non solo per la sua benevolenza ma anche per la sua bellezza. Era bella Ayame, bella come il fiore di cui portava il nome. Molti giovani provarono a conquistarla ma nessuno di loro ebbe fortuna. Aveva sedici anni e molte delle sue coetanee erano già mogli e madri, ma lei non aveva ancora trovato la persona giusta, e solo quest'ultima poteva spingerla al matrimonio. La verità era che, dopo la morte dei suoi genitori, aveva paura. Sì, paura di amare di nuovo ed essere lasciata indietro. Non voleva rischiare di soffrire un'altra volta.
Era un giorno come un altro. L'alba stava cominciando ad illuminare la terra e a destare la gente dal loro riposo. Ayame era ormai sveglia da diversi minuti e, dopo aver preso la cesta, si incamminò nel bosco. Aveva bisogno di fare scorta di alcune piante e la mattina presto era il momento ideale per raccogliere in tutta tranquillità. Arrivò a un buon punto e si inchinò a cercare gli ingredienti di cui aveva bisogno. Solo il suono melodioso degli uccellini le facevano compagnia in mezzo a quel calmo paesaggio, ma a un certo punto, a destarla dal suo compito irruppe un lamento.
Si alzò di scatto e si guardò in giro. Un altro lamento e stavolta riuscì ad individuarne la fonte. Camminò con cautela verso la figura sofferente, solo una fila di cespugli li separavano.
-Non osare avvicinarti.- disse una voce profonda e virile, pregna di acredine. Quell'avvertimento fermò il suo passo ma cercò di allungare lo sguardo per vedere meglio chi avesse parlato. Non riuscì a scorgere il viso ma quello che vide all'altezza del petto la preoccupò enormemente. L'individuo era circondato da una notevole quantità di sangue e l'origine doveva essere quella ferita da taglio presente nel lato destro del petto.
-Ma voi siete gravemente ferito.- contestò lei muovendo un altro passo verso di lui.
-Vi ho detto di non avvicinarvi. Siete sorda?- e a quel punto, l'uomo alzò lo sguardo su di lei digrignando i denti. Era evidente che stava soffrendo tanto ma l'orgoglio e il disprezzo verso gli umani gli imponevano il distacco.
Sì, era decisamente un demone, poté constatare la ragazza. Con tutto il sangue che lo ricopriva, da lontano, non era riuscita a notare subito le zanne e le orecchie a punta, tratti tipici dei demoni maggiori. Ma quello che le mozzò il fiato fu il colore dei suoi occhi. Non aveva mai visto un viola così intenso. Per il resto sembrava possedere un corpo normale di carnagione leggermente scura, senza coda o scaglie.
L'istinto le diceva di stare alla larga da quell'essere pericoloso ma non appena sentì un lamento più forte dei precedenti, uno strano e incosciente impulso la spinse ad avvicinarsi fino a trovarsi faccia a faccia con il demone.
Per quanto soffriva, quest'ultimo strizzò gli occhi e strinse i denti. Non si accorse subito della vicinanza eccessiva della giovane ma quando successe, non aveva più le forze per ribellarsi. Cercò di assumere un'altra espressione minacciosa ma alla fine perse i sensi e tutto fu buio.
Ayame non sapeva che fare. Era un nemico, una creatura potente che nel pieno delle forze l'avrebbe uccisa senza esitazione. Eppure non se la sentiva di lasciarlo lì a morire. Era messo piuttosto male ma, osservandolo meglio, era sicura di poter riuscire a fermare l'emorragia e a salvarlo. Forse era pazza e, una volta guarito, l'avrebbe ammazzata ma sentiva, nel profondo, che non lo avrebbe fatto. Il suo istinto glielo diceva e finora non si era mai sbagliato. Sperava che anche per questa volta non lo facesse.
Fu una fatica enorme riuscire a sollevarlo e a trascinarlo nella sua capanna. Il demone indossava una specie di armatura pesantissima, scalfita in varie parti, e i lunghi capelli, di un rosso sangue, erano rimasti, a malapena, legati in una coda alta. Era sicuro reduce di una battaglia molto difficile. Erano stati molto scaltri i soldati umani che erano riusciti a ridurlo così. La percosse un brivido lungo la schiena al pensiero di quanti della sua specie avesse ucciso quel demone.
Fortuna che la sua umile dimora era fuori dal villaggio e più attaccata al bosco. Poteva godere della propria intimità e, in quel momento, non poteva che esserne ancora più grata di ciò. Con il fiatone e il corpo indolenzito dallo sforzo riuscì finalmente a farlo sdraiare all'interno della sua casa. Si sarebbe preoccupata dopo di prendere un nuovo futon visto che il demone stava sporcando di sangue quello che già c'era.
Nella fretta, aveva lasciato la sua cesta nel bosco, ma sarebbe andata a riprenderla dopo. Tanto aveva ancora qualche erba di riserva per le ferite da taglio e le emorragie. Raggiunse subito la dispensa e tirò fuori quello che le serviva. Preparò la poltiglia medicinale poi si avvicinò al demone. Era ancora incosciente ma ancora respirava. Bene.
Lo spogliò lentamente dell'armatura e anche della parte superiore della veste denudandogli il petto. Le mani le andarono alla bocca per fermare un singulto. Ne aveva viste di ferite ma quella era davvero orribile. Ci era mancato poco che quello squarcio arrivasse agli organi vitali.
Si apprestò a compiere il suo lavoro. Posizionò con cura la medicina nei punti più critici, pulì e disinfettò ogni ferita. Ci volle del tempo ma alla fine Ayame riuscì a bloccare il sangue e a fasciarlo. Finita l'adrenalina che aveva in corpo, sentì il suo stomaco brontolare. Senza accorgersene era arrivata l'ora di pranzo. Dalle prime luci del sole erano già passate parecchie ore, incredibile. Concentrata com'era nel suo operato non aveva badato a nient'altro se non il demone ferito ai suoi piedi. Era la prima volta che curava uno della sua specie e non le è sembrato diverso dal solito. Forse perché il suo corpo era come quello di un semplice uomo, con due braccia, due gambe... ogni cosa era al suo posto. Avvampò al ricordo di quel fisico muscoloso ma asciutto. Ne aveva visti di uomini a torso nudo ma la prestanza del demone faceva impallidire qualsiasi altro. Gli aveva anche pulito il volto e sciolti i capelli. Non poteva negare che era affascinante. La prima cosa che l'avevano incantata di lui erano, di certo, gli occhi – di un colore così particolare – ma esaminandolo meglio, aveva anche dei lineamenti perfetti e virili, capaci di conquistare qualsiasi fanciulla. Aveva sentito dire che alcuni demoni avevano sembianze belle invece che mostruose ed eccola là la prova di tali dicerie.
Sospirò e distolse lo sguardo da lui. Che razza di pensieri stava facendo. Si preparò una zuppa e gliene lasciò nel pentolone per quando si fosse svegliato. E dopo essersi rifocillata, si mise a preparare qualche infuso che gli anziani del villaggio le avevano chiesto.
Non passò molto tempo che sentì un grugnito piuttosto infastidito provenire dal suo paziente. Nemmeno il tempo di girarsi verso di lui che lo sciocco si era messo a sedere di scatto, provocandosi una forte fitta di dolore.
-Stai fermo! Hai perso molto sangue e hai bisogno di riposare.-
Un ringhio uscì come risposta. Prese un bel respiro profondo e cercò di essere gentile con il demone.
-Non rendere il mio lavoro vano, per favore.-
Lui fece una smorfia, gli occhi carichi d'odio. Di malavoglia, obbedì e tornò disteso sul futon continuando a guardarla. Se uno sguardo poteva uccidere, quello del demone sarebbe stato uno di quelli. Ne sentiva tutta la potenza. Bella gratitudine.
La ragazza si rimise all'opera, nel ripiano.
-Qual è il tuo nome?- gli chiese.
Passarono i secondi e la ragazza cominciò a pensare che non le avrebbe risposto.
-Takeshi- disse, ordunque, il demone.
Ayame sorrise e continuò a macinare il composto di erbe.
-Il tuo, ragazza?- disse nascondendo la curiosità con sguardo impassibile. Ancora non si capacitava del fatto che quella nemica lo avesse salvato. Doveva essere malata di mente.
-Ayame-
Un nome azzeccato, pensò il demone. La fanciulla era bella e dalla pelle lattea proprio come un iris. Sì, era bella per essere una misera umana. Non poteva negarlo. Le femmine della sua razza possedevano enorme bellezza che sfiorava la perfezione ma quello che per lui era normale e banale, per gli umani era qualcosa di superlativo. Stranamente, non gli dispiaceva l'aspetto di quella femmina umana, forse perché non era abituato a vederne. Aveva solo 350 anni e finora aveva solo combattuto sul campo di battaglia, senza saccheggiare o vedere un villaggio umano. La sua esistenza era un via vai tra combattimenti e casa. I demoni avevano la loro dimora lontano dagli umani, in un mondo ultraterreno ricoperto di miasma che solo la loro specie poteva sopportare di respirare. Una specie di barriera in caso che a qualche stolto umano venisse la malsana idea di venirci a trovare. Era cresciuto da solo, senza genitori, ma i suoi parenti gli avevano insegnato fin da piccolo a disprezzare gli esseri umani e, pensandoci, non si era mai chiesto il motivo di un simile odio.
-Perché?-
-Come?- lo guardò confusa.
-Perché mi hai salvato? E' impossibile che ti sia sfuggito che sono un demone. Voi umani siete una razza inferiore ma non siete così stupidi.-
-Il tuo aspetto non lascia dubbi, è vero.- rispose asciutta, senza prendersela per l'offesa. Sapeva quello che pensavano i demoni della sua specie. Non era di certo una novità.
-Ma allora perché? Potrei ucciderti in questo stesso istante.-
-Non ne hai la forza, pensa prima a riprenderti poi ne riparliamo.-
-Ti stai prendendo gioco di me, umana?- ruggì irritato. Stava davvero per perdere la pazienza. Come si permetteva quella sciocca di risponderle con tale noncuranza? Sembrava che non lo prendesse sul serio. Gli sarebbe davvero bastato poco per farla andare all'altro mondo. Tuttavia dovette ammettere che aveva ragione. La battaglia gli aveva prosciugato le energie e, nonostante i demoni avessero tempi di guarigione più rapidi, in quel momento era ancora messo male. Si era decisamente salvato per un pelo.
-Senti un po' tu, sarai pure un demone ma se non fosse stato per me saresti morto in quel bosco. Invece di pensare a uccidermi, dovresti ringraziarmi.- si inalberò lei. La sua pazienza era arrivata al limite e iniziò a rimpiangere la sua decisione di salvarlo.
-Mi sarei salvato ugualmente. Noi demoni non moriamo così facilmente come voi fragili umani.- ghignò. Aveva mentito, sapeva che questa volta non sarebbe riuscito a sopravvivere, ma provava un piacere perverso a farla arrabbiare. Forse non era poi così male.
Lei gemette frustrata.
-Siete davvero incredibile! Fareste perdere la pazienza anche a un monaco.- disse per poi andare verso il pentolone e riempire una ciotola di zuppa per il suo sgradito ospite. Doveva riposare ma era anche importante che si nutrisse.
Si accucciò accanto a lui, ancora con il volto irritato, e gli porse la zuppa di verdure.
-Tenete. Avete bisogno di mangiare per avere le forze per uccidermi.- disse con tono strafottente. Fosse stato un'altra persona, si sarebbe prodigata a imboccarla, ma sapeva che quel demone orgoglioso avrebbe preferito tagliarsi un arto piuttosto che ricevere un simile aiuto da un'umana.
Takeshi le diede un'occhiataccia ma poi si rimise piano a sedere e accettò l'offerta.
-Grazie.- sussurrò storcendo la bocca, come se quella parola gli fosse amara. Ayame pensò che non doveva essere abituato a essere grato a qualcuno.
Gli sorrise lievemente poi tornò alla sua poltiglia medicinale, lasciandogli un po' di riservatezza.
Il demone dovette ammettere che quel cibo era davvero buono e, nel guardarla, gli balenò un pensiero che non avrebbe mai dovuto sfiorargli la mente. Pensò che il suo sorriso era davvero magnifico, per essere un'umana.
I giorni di convivenza tra i due passarono abbastanza velocemente, nonostante i continui litigi e diversità di opinioni. Venivano da mondi diversi eppure scoprirono di somigliarsi più di quanto credessero. Avevano entrambi un cuore, dei sentimenti, ma i pregiudizi del demone rendeva le loro conversazioni difficili. Ma più passava il tempo e più gli sguardi tra loro cambiavano. Dopo l'iniziale bellicosità dimostrata dal demone, impararono a conoscersi, a scoprire lati inaspettati dell'altro. I pregiudizi lasciarono presto spazio a qualcosa di più bello e caldo. A qualcosa di proibito. Ayame, dopo anni, non si sentiva più sola, e, in fondo, non le dispiaceva avere un ospite in casa. Tuttavia sapeva, anche, che presto se ne sarebbe andato per la sua strada, facendola tornare alla sua solita vita. D'altro canto, Takeshi non aveva più desiderio di mandarla all'altro mondo, aveva lasciato perdere ogni ostilità e osservava la giovane con occhi diversi. L'amore cominciò a sbocciare nei loro cuori, totalmente inaspettato. Tutto di loro gridava proibito però non gli importava. L'unica cosa che arrivò a dividerli fu la partenza di lui. Avrebbe voluto rimanere per sempre con lei, vivere come una normale coppia, lontano dal resto del mondo, ma non poteva. Doveva ritornare dalla sua gente, sistemare alcune cose. Era cambiato, grazie a lei. Tutto ciò che credeva di sapere sugli umani erano state bugie. Nel vedere Ayame, ogni giorno, andare a casa di altri per curarli con dedizione - vederla così forte, caritatevole, così bella da fargli battere il cuore a mille - lo aveva fatto ricredere in molte cose. La rabbia e l'arroganza erano svaniti a favore dell'affetto e dell'ammirazione.
Lei sentì il cuore spezzarsi nell'udire la sua decisione ma volle comunque accompagnarlo al bosco, nel posto dove si erano incontrati. Non poteva lasciarlo andare senza dirgli addio. Lo amava, non poteva più negarlo. Vivere con lui le aveva aperto gli occhi ed era riuscita a scorgere un lato buono in quella bestia arrogante. Scoprì che i demoni avevano sentimenti, un cuore, proprio come gli umani. Non erano poi tanto diversi e non vedeva il peccato in una possibile relazione tra essi. Erano entrambi creature di questo mondo e, se l'odio avesse smesso di imputridire i loro cuori, sarebbero riusciti ad accorgersene anche loro.
Si abbracciano in mezzo alla radura, i cuori che battevano come fossero uno.
-Voglio farti una promessa.- le sussurrò all'orecchio.
Lei aspettò sopprimendo a fatica un singhiozzo. Non doveva piangere, no. Era per questo che non avrebbe mai voluto innamorarsi. L'amore portava dolore. Ma purtroppo ci era cascata di nuovo.
-Ogni anno, qui, nel quindicesimo giorno di primavera, ci incontreremo di nuovo. Sono a conoscenza di alcuni posti dove umani e demoni hanno sepolto l'ascia di guerra per vivere in pace e armonia. Sono pochissimi e negli angoli più remoti del mondo ma ne troverò uno e finalmente potremo stare insieme. Non rinuncio a te. In quell'unico giorno in cui ci rivedremo, ti aggiornerò sulle mie scoperte.-
-Ma perché solo un giorno?- Non sapeva se le sarebbe bastato vederlo così poco. Aveva già una tremenda nostalgia di lui e ancora non se n'era andato.
-Perché è pericoloso per noi vederci di più. Se qualcuno ci trovasse, sarebbe la fine. E poi, al mio rientro sarà difficile uscire di nuovo dal mondo demoniaco. Mi era permesso lasciarlo solo come guerriero ma ora non potrò più combattere contro la tua specie. I sentimenti che nutro per te me lo vietano. Quindi dovrò trovare una scusa per rimanere fuori dalla guerra e scendere qui un'unica volta all'anno, senza destare sospetti.-
-Capisco. Ti prego, però, fai attenzione. Non andare contro la tua gente per causa mia. Non ti ho mai chiesto un simile sacrificio.-
-Lo so ma è necessario. Ti amo e non permetterò a nessuno di ostacolarci.-
Le prese il mento e avvicinò il suo viso al suo. Le labbra si sfiorarono, da prima esitanti, poi premetterò con forza sempre più crescente. Fu così che il loro bacio sigillò la loro promessa.
-Ti amo anch'io e mi mancherai.- sussurrò per poi lasciarsi trasportare dall'amore.
La separazione fu molto dolorosa. Passarono tre anni e ogni volta che si vedevano non riuscivano a far altro che festeggiare il loro sentimento con baci a non finire. Non erano andati ancora oltre ma la pazienza stava per finire. Si erano trattenuti abbastanza e al quarto anno non ce la fecero più ad aspettare. Entrambi esigevano di più.
Takeshi scese a lambirle il collo e lentamente arrivò all'incavo dei seni. Prima di conoscerla, aveva vissuto un'esistenza buia e solitaria, era stato per molto tempo un guscio vuoto. Ma poi il Destino gli aveva fatto dono di una luce, una luce proibita, su cui non avrebbe mai dovuto posare lo sguardo. Ma l'amore non conosceva barriere e ora voleva impossessarsi di quella luce. Ne aveva bisogno come l'ossigeno nei polmoni, come il sangue nelle vene. Il loro era un sentimento illecito ma la brama lo stava divorando come un tarlo.
Si liberarono presto delle loro vesti e lui, dolcemente la sdraiò sull'erba. Lei meritava una prima volta migliore, lo sapeva, ma il suo lato selvaggio ebbe il sopravvento e ricominciò a baciarla con ardore.
Lei era vergine, sentiva un leggero timore per l'atto che stavano per compiere. Sapeva che si provava dolore la prima volta ma non era quello a farle paura. Quello che più temeva era di deluderlo e non dargli abbastanza piacere. Lui aveva giaciuto con delle donne demone molto più belle ed esperte di lei. Ma questa paura fu presto spazzata via dalla passione e il desiderio che Takeshi le stava esprimendo con tocchi audaci. Non erano più un demone e un'umana, erano solo un uomo e una donna che volevano unirsi e dimostrarsi il loro amore.
Si spinse in lei, cercando di essere il più delicato possibile, ma il dolore arrivò ugualmente lasciandola senza fiato.
Aspettarono che il dolore si placasse poi i loro corpi diedero inizio a una danza antica come il mondo. Unirono le loro anime dando vita a un piacere sublime che solo chi si apparteneva l'un l'altro poteva provare. Raggiunsero il loro paradiso, il loro rifugio di luce, e i sensi trovarono l'appagamento supremo. Era diventata sua. Avrebbe dovuto provare vergogna e ripugnanza per se stessa per aver ceduto a un demone ma non era così. Questo amore, questa attrazione tra loro, veniva definito malato e immorale sotto molti punti di vista, tuttavia, come poteva una cosa così bella essere sbagliata?
-Ti amo, ora e per sempre- sussurrò nel suo orecchio, il demone.
E lei si sentì la donna più felice del mondo. No, quello che avevano fatto non era assolutamente sbagliato.
Erano passate solo sette settimane quando lei scoprì che quell'unico amplesso aveva portato delle conseguenze. Il loro amore avrebbe dato presto dei frutti. Questa scoperta le provocò da prima un po' di paura ma poi la gioia le riscaldò il cuore. Nel suo ventre stava crescendo una nuova vita, una creatura che avrebbe contenuto sia sangue demoniaco che umano. Che avrebbe fatto parte di entrambi i mondi. No, non ne avrebbe fatto parte. La sua diversità sarebbe stato un problema per il piccolo, sarebbe stato bersaglio di scherno, mai accettato da nessuno. Povero, bambino mio. Si accarezzò il ventre ancora piatto e promise che lo avrebbe amato più di chiunque al mondo. L'avrebbe protetto fino al suo ultimo respiro.
La levatrice del villaggio era stata una carissima amica di sua madre e - nonostante la disapprovazione dimostrata per la gravidanza fuori dal vincolo matrimoniale e per di più dovuta a un demone – accettò di aiutarla ad affrontare la gestazione.
I mesi trascorsero tranquilli e i gemelli crebbero senza problemi nella sua pancia. Già, la levatrice aveva esaminato il suo ventre rigonfio varie volte fino a un responso davvero inaspettato. Era raro che nascessero dei gemelli e a quanto pare Ayame sarebbe stata una delle sfortunate a partorirne. Lei non si reputava tale. Sì, i gemelli venivano considerati segno di sventura ma per lei rimanevano delle benedizioni.
Le prime contrazioni la assalirono in piena notte e strinse i denti fino all'arrivo, all'alba, dell'anziana levatrice. Mancava ancora molto al parto vero e proprio ed era felice di non dover partorire da sola. Avrebbe tanto voluto che Takeshi fosse lì con lei, ma si erano fatti una promessa e per il loro bene doveva essere mantenuta. Solo una volta l'anno, nel quindicesimo giorno di primavera, nel loro luogo d'incontro. Mancavano solo pochissimi mesi e questa volta non sarebbe stata la sola ad incontrarlo. Aveva il diritto di conoscere i suoi figli.
Il travaglio durò un giorno intero, fu molto doloroso e difficile, ma tutto si concluse per il meglio. Nella sua capanna risuonarono i pianti di due splendidi neonati. I suoi tesori più preziosi.
Takeshi aspettò che il sole facesse capolino tra gli alberi del bosco. Aveva finalmente trovato un villaggio in cui esseri umani e demoni trascorrevano insieme un'esistenza pacifica. Un'oasi di pace che la guerra non era riuscita a distruggere. Sarebbe diventata una casa anche per loro. Non provò alcun rimorso a lasciare definitivamente il mondo demoniaco, voleva solo stare insieme a lei. Era stato straziante separarsene l'ultima volta. Il ricordo del suo corpo e del suo desiderio l'avevano tenuto sveglio per vari notti e ancora adesso non riusciva a toglierselo dalla mente. Gli era mancato più del suo stesso respiro e fremeva dalla voglia di rivederla. Tempo pochi minuti e attizzò le orecchie a un suono, dei passi leggeri si stavano avvicinando. Si girò e la vide, ma quello che lo lasciò di stucco fu che non fosse sola. Quei bambini...
-Ciao, amore mio.- disse la ragazza che ormai rappresentava il suo universo, la sua luce.
Quel sorriso, quanto gli era mancato.
-Loro...-
-Sono tuoi. Sei padre, adesso.-
I suoi occhi viola si fecero lucidi dalla commozione. Non si aspettava una simile sorpresa. Era padre e questo lo riempì di orgoglio e tenerezza. Non gli importò di sembrare debole, aveva ricevuto questa benedizione e adesso non vedeva l'ora di stringere i frutti del loro amore.
Ayame teneva fermamente i gemelli in entrambe le braccia e, non appena lui si avvicinò, si protrasse per posarli delicatamente tra le braccia dell'altro genitore.
Takeshi li osservò a lungo e sorrise nel vederne le somiglianze. Erano un maschio e una femmina. Il primo aveva una zazzera di capelli rossi mentre nella testolina della sorella si potevano intravedere dei sottili capelli neri. Erano bellissimi, perfetti, ed erano suoi. La sua amata le aveva fatto un magnifico regalo.
-Come si chiamano?- le chiese con un sorriso carico di felicità.
-Ho deciso di chiamarli Haru e Akari.-
-Scelte perfette.-
Rimasero varie ore ad ammirare i loro figli. Entrambi con il cuore gonfio d'amore, si guardarono, consapevoli di quale sarebbe stato il loro prossimo passo. Lui tenne stretto tra le braccia la figlia mentre il maschietto ritornò in braccio alla madre. Non c'era spazio nei loro pensieri per la guerra e l'odio che li circondava, erano una famiglia adesso. Si strinsero le mani libere e si incamminarono verso un futuro ricco di speranza e beatitudine.
Era giunta la primavera nel villaggio di Ayame ma quasi nessuno se n'era accorto. Ormai da anni, umani e demoni combattevano per il dominio e la sopravvivenza, senza esclusione di colpi. I demoni potevano anche avere poteri enormi e grande forza fisica - che poteva dare per scontato la loro vittoria - ma gli umani, con il tempo, avevano trovato alcuni dei loro punti deboli, dandogli modo di tenergli testa.
Non si sapeva come era iniziata questa guerra e chi delle due parti aveva iniziato per primo ad attaccare, ormai erano passati troppi anni per ricordare, ma l'odio era tanto. Molti avevano perso i loro cari e vendetta generava altra vendetta in un circolo vizioso senza fine. Ayame era sola, aveva perso i genitori a causa di queste lotte, ma non provava odio nei confronti dei demoni. Quello che lei disprezzava era la guerra e la sete di potere nel cuore degli uomini.
Dopo aver perso tutto, la ragazza votò la sua esistenza nel curare i malati, nel dare una mano ai più bisognosi con le sue capacità di erborista. Grazie a sua nonna, aveva imparato molto sulle proprietà benefiche delle piante e volle impiegare le sue conoscenze a fin di bene. Il villaggio le era grato e l'ammirava, non solo per la sua benevolenza ma anche per la sua bellezza. Era bella Ayame, bella come il fiore di cui portava il nome. Molti giovani provarono a conquistarla ma nessuno di loro ebbe fortuna. Aveva sedici anni e molte delle sue coetanee erano già mogli e madri, ma lei non aveva ancora trovato la persona giusta, e solo quest'ultima poteva spingerla al matrimonio. La verità era che, dopo la morte dei suoi genitori, aveva paura. Sì, paura di amare di nuovo ed essere lasciata indietro. Non voleva rischiare di soffrire un'altra volta.
Era un giorno come un altro. L'alba stava cominciando ad illuminare la terra e a destare la gente dal loro riposo. Ayame era ormai sveglia da diversi minuti e, dopo aver preso la cesta, si incamminò nel bosco. Aveva bisogno di fare scorta di alcune piante e la mattina presto era il momento ideale per raccogliere in tutta tranquillità. Arrivò a un buon punto e si inchinò a cercare gli ingredienti di cui aveva bisogno. Solo il suono melodioso degli uccellini le facevano compagnia in mezzo a quel calmo paesaggio, ma a un certo punto, a destarla dal suo compito irruppe un lamento.
Si alzò di scatto e si guardò in giro. Un altro lamento e stavolta riuscì ad individuarne la fonte. Camminò con cautela verso la figura sofferente, solo una fila di cespugli li separavano.
-Non osare avvicinarti.- disse una voce profonda e virile, pregna di acredine. Quell'avvertimento fermò il suo passo ma cercò di allungare lo sguardo per vedere meglio chi avesse parlato. Non riuscì a scorgere il viso ma quello che vide all'altezza del petto la preoccupò enormemente. L'individuo era circondato da una notevole quantità di sangue e l'origine doveva essere quella ferita da taglio presente nel lato destro del petto.
-Ma voi siete gravemente ferito.- contestò lei muovendo un altro passo verso di lui.
-Vi ho detto di non avvicinarvi. Siete sorda?- e a quel punto, l'uomo alzò lo sguardo su di lei digrignando i denti. Era evidente che stava soffrendo tanto ma l'orgoglio e il disprezzo verso gli umani gli imponevano il distacco.
Sì, era decisamente un demone, poté constatare la ragazza. Con tutto il sangue che lo ricopriva, da lontano, non era riuscita a notare subito le zanne e le orecchie a punta, tratti tipici dei demoni maggiori. Ma quello che le mozzò il fiato fu il colore dei suoi occhi. Non aveva mai visto un viola così intenso. Per il resto sembrava possedere un corpo normale di carnagione leggermente scura, senza coda o scaglie.
L'istinto le diceva di stare alla larga da quell'essere pericoloso ma non appena sentì un lamento più forte dei precedenti, uno strano e incosciente impulso la spinse ad avvicinarsi fino a trovarsi faccia a faccia con il demone.
Per quanto soffriva, quest'ultimo strizzò gli occhi e strinse i denti. Non si accorse subito della vicinanza eccessiva della giovane ma quando successe, non aveva più le forze per ribellarsi. Cercò di assumere un'altra espressione minacciosa ma alla fine perse i sensi e tutto fu buio.
Ayame non sapeva che fare. Era un nemico, una creatura potente che nel pieno delle forze l'avrebbe uccisa senza esitazione. Eppure non se la sentiva di lasciarlo lì a morire. Era messo piuttosto male ma, osservandolo meglio, era sicura di poter riuscire a fermare l'emorragia e a salvarlo. Forse era pazza e, una volta guarito, l'avrebbe ammazzata ma sentiva, nel profondo, che non lo avrebbe fatto. Il suo istinto glielo diceva e finora non si era mai sbagliato. Sperava che anche per questa volta non lo facesse.
Fu una fatica enorme riuscire a sollevarlo e a trascinarlo nella sua capanna. Il demone indossava una specie di armatura pesantissima, scalfita in varie parti, e i lunghi capelli, di un rosso sangue, erano rimasti, a malapena, legati in una coda alta. Era sicuro reduce di una battaglia molto difficile. Erano stati molto scaltri i soldati umani che erano riusciti a ridurlo così. La percosse un brivido lungo la schiena al pensiero di quanti della sua specie avesse ucciso quel demone.
Fortuna che la sua umile dimora era fuori dal villaggio e più attaccata al bosco. Poteva godere della propria intimità e, in quel momento, non poteva che esserne ancora più grata di ciò. Con il fiatone e il corpo indolenzito dallo sforzo riuscì finalmente a farlo sdraiare all'interno della sua casa. Si sarebbe preoccupata dopo di prendere un nuovo futon visto che il demone stava sporcando di sangue quello che già c'era.
Nella fretta, aveva lasciato la sua cesta nel bosco, ma sarebbe andata a riprenderla dopo. Tanto aveva ancora qualche erba di riserva per le ferite da taglio e le emorragie. Raggiunse subito la dispensa e tirò fuori quello che le serviva. Preparò la poltiglia medicinale poi si avvicinò al demone. Era ancora incosciente ma ancora respirava. Bene.
Lo spogliò lentamente dell'armatura e anche della parte superiore della veste denudandogli il petto. Le mani le andarono alla bocca per fermare un singulto. Ne aveva viste di ferite ma quella era davvero orribile. Ci era mancato poco che quello squarcio arrivasse agli organi vitali.
Si apprestò a compiere il suo lavoro. Posizionò con cura la medicina nei punti più critici, pulì e disinfettò ogni ferita. Ci volle del tempo ma alla fine Ayame riuscì a bloccare il sangue e a fasciarlo. Finita l'adrenalina che aveva in corpo, sentì il suo stomaco brontolare. Senza accorgersene era arrivata l'ora di pranzo. Dalle prime luci del sole erano già passate parecchie ore, incredibile. Concentrata com'era nel suo operato non aveva badato a nient'altro se non il demone ferito ai suoi piedi. Era la prima volta che curava uno della sua specie e non le è sembrato diverso dal solito. Forse perché il suo corpo era come quello di un semplice uomo, con due braccia, due gambe... ogni cosa era al suo posto. Avvampò al ricordo di quel fisico muscoloso ma asciutto. Ne aveva visti di uomini a torso nudo ma la prestanza del demone faceva impallidire qualsiasi altro. Gli aveva anche pulito il volto e sciolti i capelli. Non poteva negare che era affascinante. La prima cosa che l'avevano incantata di lui erano, di certo, gli occhi – di un colore così particolare – ma esaminandolo meglio, aveva anche dei lineamenti perfetti e virili, capaci di conquistare qualsiasi fanciulla. Aveva sentito dire che alcuni demoni avevano sembianze belle invece che mostruose ed eccola là la prova di tali dicerie.
Sospirò e distolse lo sguardo da lui. Che razza di pensieri stava facendo. Si preparò una zuppa e gliene lasciò nel pentolone per quando si fosse svegliato. E dopo essersi rifocillata, si mise a preparare qualche infuso che gli anziani del villaggio le avevano chiesto.
Non passò molto tempo che sentì un grugnito piuttosto infastidito provenire dal suo paziente. Nemmeno il tempo di girarsi verso di lui che lo sciocco si era messo a sedere di scatto, provocandosi una forte fitta di dolore.
-Stai fermo! Hai perso molto sangue e hai bisogno di riposare.-
Un ringhio uscì come risposta. Prese un bel respiro profondo e cercò di essere gentile con il demone.
-Non rendere il mio lavoro vano, per favore.-
Lui fece una smorfia, gli occhi carichi d'odio. Di malavoglia, obbedì e tornò disteso sul futon continuando a guardarla. Se uno sguardo poteva uccidere, quello del demone sarebbe stato uno di quelli. Ne sentiva tutta la potenza. Bella gratitudine.
La ragazza si rimise all'opera, nel ripiano.
-Qual è il tuo nome?- gli chiese.
Passarono i secondi e la ragazza cominciò a pensare che non le avrebbe risposto.
-Takeshi- disse, ordunque, il demone.
Ayame sorrise e continuò a macinare il composto di erbe.
-Il tuo, ragazza?- disse nascondendo la curiosità con sguardo impassibile. Ancora non si capacitava del fatto che quella nemica lo avesse salvato. Doveva essere malata di mente.
-Ayame-
Un nome azzeccato, pensò il demone. La fanciulla era bella e dalla pelle lattea proprio come un iris. Sì, era bella per essere una misera umana. Non poteva negarlo. Le femmine della sua razza possedevano enorme bellezza che sfiorava la perfezione ma quello che per lui era normale e banale, per gli umani era qualcosa di superlativo. Stranamente, non gli dispiaceva l'aspetto di quella femmina umana, forse perché non era abituato a vederne. Aveva solo 350 anni e finora aveva solo combattuto sul campo di battaglia, senza saccheggiare o vedere un villaggio umano. La sua esistenza era un via vai tra combattimenti e casa. I demoni avevano la loro dimora lontano dagli umani, in un mondo ultraterreno ricoperto di miasma che solo la loro specie poteva sopportare di respirare. Una specie di barriera in caso che a qualche stolto umano venisse la malsana idea di venirci a trovare. Era cresciuto da solo, senza genitori, ma i suoi parenti gli avevano insegnato fin da piccolo a disprezzare gli esseri umani e, pensandoci, non si era mai chiesto il motivo di un simile odio.
-Perché?-
-Come?- lo guardò confusa.
-Perché mi hai salvato? E' impossibile che ti sia sfuggito che sono un demone. Voi umani siete una razza inferiore ma non siete così stupidi.-
-Il tuo aspetto non lascia dubbi, è vero.- rispose asciutta, senza prendersela per l'offesa. Sapeva quello che pensavano i demoni della sua specie. Non era di certo una novità.
-Ma allora perché? Potrei ucciderti in questo stesso istante.-
-Non ne hai la forza, pensa prima a riprenderti poi ne riparliamo.-
-Ti stai prendendo gioco di me, umana?- ruggì irritato. Stava davvero per perdere la pazienza. Come si permetteva quella sciocca di risponderle con tale noncuranza? Sembrava che non lo prendesse sul serio. Gli sarebbe davvero bastato poco per farla andare all'altro mondo. Tuttavia dovette ammettere che aveva ragione. La battaglia gli aveva prosciugato le energie e, nonostante i demoni avessero tempi di guarigione più rapidi, in quel momento era ancora messo male. Si era decisamente salvato per un pelo.
-Senti un po' tu, sarai pure un demone ma se non fosse stato per me saresti morto in quel bosco. Invece di pensare a uccidermi, dovresti ringraziarmi.- si inalberò lei. La sua pazienza era arrivata al limite e iniziò a rimpiangere la sua decisione di salvarlo.
-Mi sarei salvato ugualmente. Noi demoni non moriamo così facilmente come voi fragili umani.- ghignò. Aveva mentito, sapeva che questa volta non sarebbe riuscito a sopravvivere, ma provava un piacere perverso a farla arrabbiare. Forse non era poi così male.
Lei gemette frustrata.
-Siete davvero incredibile! Fareste perdere la pazienza anche a un monaco.- disse per poi andare verso il pentolone e riempire una ciotola di zuppa per il suo sgradito ospite. Doveva riposare ma era anche importante che si nutrisse.
Si accucciò accanto a lui, ancora con il volto irritato, e gli porse la zuppa di verdure.
-Tenete. Avete bisogno di mangiare per avere le forze per uccidermi.- disse con tono strafottente. Fosse stato un'altra persona, si sarebbe prodigata a imboccarla, ma sapeva che quel demone orgoglioso avrebbe preferito tagliarsi un arto piuttosto che ricevere un simile aiuto da un'umana.
Takeshi le diede un'occhiataccia ma poi si rimise piano a sedere e accettò l'offerta.
-Grazie.- sussurrò storcendo la bocca, come se quella parola gli fosse amara. Ayame pensò che non doveva essere abituato a essere grato a qualcuno.
Gli sorrise lievemente poi tornò alla sua poltiglia medicinale, lasciandogli un po' di riservatezza.
Il demone dovette ammettere che quel cibo era davvero buono e, nel guardarla, gli balenò un pensiero che non avrebbe mai dovuto sfiorargli la mente. Pensò che il suo sorriso era davvero magnifico, per essere un'umana.
I giorni di convivenza tra i due passarono abbastanza velocemente, nonostante i continui litigi e diversità di opinioni. Venivano da mondi diversi eppure scoprirono di somigliarsi più di quanto credessero. Avevano entrambi un cuore, dei sentimenti, ma i pregiudizi del demone rendeva le loro conversazioni difficili. Ma più passava il tempo e più gli sguardi tra loro cambiavano. Dopo l'iniziale bellicosità dimostrata dal demone, impararono a conoscersi, a scoprire lati inaspettati dell'altro. I pregiudizi lasciarono presto spazio a qualcosa di più bello e caldo. A qualcosa di proibito. Ayame, dopo anni, non si sentiva più sola, e, in fondo, non le dispiaceva avere un ospite in casa. Tuttavia sapeva, anche, che presto se ne sarebbe andato per la sua strada, facendola tornare alla sua solita vita. D'altro canto, Takeshi non aveva più desiderio di mandarla all'altro mondo, aveva lasciato perdere ogni ostilità e osservava la giovane con occhi diversi. L'amore cominciò a sbocciare nei loro cuori, totalmente inaspettato. Tutto di loro gridava proibito però non gli importava. L'unica cosa che arrivò a dividerli fu la partenza di lui. Avrebbe voluto rimanere per sempre con lei, vivere come una normale coppia, lontano dal resto del mondo, ma non poteva. Doveva ritornare dalla sua gente, sistemare alcune cose. Era cambiato, grazie a lei. Tutto ciò che credeva di sapere sugli umani erano state bugie. Nel vedere Ayame, ogni giorno, andare a casa di altri per curarli con dedizione - vederla così forte, caritatevole, così bella da fargli battere il cuore a mille - lo aveva fatto ricredere in molte cose. La rabbia e l'arroganza erano svaniti a favore dell'affetto e dell'ammirazione.
Lei sentì il cuore spezzarsi nell'udire la sua decisione ma volle comunque accompagnarlo al bosco, nel posto dove si erano incontrati. Non poteva lasciarlo andare senza dirgli addio. Lo amava, non poteva più negarlo. Vivere con lui le aveva aperto gli occhi ed era riuscita a scorgere un lato buono in quella bestia arrogante. Scoprì che i demoni avevano sentimenti, un cuore, proprio come gli umani. Non erano poi tanto diversi e non vedeva il peccato in una possibile relazione tra essi. Erano entrambi creature di questo mondo e, se l'odio avesse smesso di imputridire i loro cuori, sarebbero riusciti ad accorgersene anche loro.
Si abbracciano in mezzo alla radura, i cuori che battevano come fossero uno.
-Voglio farti una promessa.- le sussurrò all'orecchio.
Lei aspettò sopprimendo a fatica un singhiozzo. Non doveva piangere, no. Era per questo che non avrebbe mai voluto innamorarsi. L'amore portava dolore. Ma purtroppo ci era cascata di nuovo.
-Ogni anno, qui, nel quindicesimo giorno di primavera, ci incontreremo di nuovo. Sono a conoscenza di alcuni posti dove umani e demoni hanno sepolto l'ascia di guerra per vivere in pace e armonia. Sono pochissimi e negli angoli più remoti del mondo ma ne troverò uno e finalmente potremo stare insieme. Non rinuncio a te. In quell'unico giorno in cui ci rivedremo, ti aggiornerò sulle mie scoperte.-
-Ma perché solo un giorno?- Non sapeva se le sarebbe bastato vederlo così poco. Aveva già una tremenda nostalgia di lui e ancora non se n'era andato.
-Perché è pericoloso per noi vederci di più. Se qualcuno ci trovasse, sarebbe la fine. E poi, al mio rientro sarà difficile uscire di nuovo dal mondo demoniaco. Mi era permesso lasciarlo solo come guerriero ma ora non potrò più combattere contro la tua specie. I sentimenti che nutro per te me lo vietano. Quindi dovrò trovare una scusa per rimanere fuori dalla guerra e scendere qui un'unica volta all'anno, senza destare sospetti.-
-Capisco. Ti prego, però, fai attenzione. Non andare contro la tua gente per causa mia. Non ti ho mai chiesto un simile sacrificio.-
-Lo so ma è necessario. Ti amo e non permetterò a nessuno di ostacolarci.-
Le prese il mento e avvicinò il suo viso al suo. Le labbra si sfiorarono, da prima esitanti, poi premetterò con forza sempre più crescente. Fu così che il loro bacio sigillò la loro promessa.
-Ti amo anch'io e mi mancherai.- sussurrò per poi lasciarsi trasportare dall'amore.
La separazione fu molto dolorosa. Passarono tre anni e ogni volta che si vedevano non riuscivano a far altro che festeggiare il loro sentimento con baci a non finire. Non erano andati ancora oltre ma la pazienza stava per finire. Si erano trattenuti abbastanza e al quarto anno non ce la fecero più ad aspettare. Entrambi esigevano di più.
Takeshi scese a lambirle il collo e lentamente arrivò all'incavo dei seni. Prima di conoscerla, aveva vissuto un'esistenza buia e solitaria, era stato per molto tempo un guscio vuoto. Ma poi il Destino gli aveva fatto dono di una luce, una luce proibita, su cui non avrebbe mai dovuto posare lo sguardo. Ma l'amore non conosceva barriere e ora voleva impossessarsi di quella luce. Ne aveva bisogno come l'ossigeno nei polmoni, come il sangue nelle vene. Il loro era un sentimento illecito ma la brama lo stava divorando come un tarlo.
Si liberarono presto delle loro vesti e lui, dolcemente la sdraiò sull'erba. Lei meritava una prima volta migliore, lo sapeva, ma il suo lato selvaggio ebbe il sopravvento e ricominciò a baciarla con ardore.
Lei era vergine, sentiva un leggero timore per l'atto che stavano per compiere. Sapeva che si provava dolore la prima volta ma non era quello a farle paura. Quello che più temeva era di deluderlo e non dargli abbastanza piacere. Lui aveva giaciuto con delle donne demone molto più belle ed esperte di lei. Ma questa paura fu presto spazzata via dalla passione e il desiderio che Takeshi le stava esprimendo con tocchi audaci. Non erano più un demone e un'umana, erano solo un uomo e una donna che volevano unirsi e dimostrarsi il loro amore.
Si spinse in lei, cercando di essere il più delicato possibile, ma il dolore arrivò ugualmente lasciandola senza fiato.
Aspettarono che il dolore si placasse poi i loro corpi diedero inizio a una danza antica come il mondo. Unirono le loro anime dando vita a un piacere sublime che solo chi si apparteneva l'un l'altro poteva provare. Raggiunsero il loro paradiso, il loro rifugio di luce, e i sensi trovarono l'appagamento supremo. Era diventata sua. Avrebbe dovuto provare vergogna e ripugnanza per se stessa per aver ceduto a un demone ma non era così. Questo amore, questa attrazione tra loro, veniva definito malato e immorale sotto molti punti di vista, tuttavia, come poteva una cosa così bella essere sbagliata?
-Ti amo, ora e per sempre- sussurrò nel suo orecchio, il demone.
E lei si sentì la donna più felice del mondo. No, quello che avevano fatto non era assolutamente sbagliato.
Erano passate solo sette settimane quando lei scoprì che quell'unico amplesso aveva portato delle conseguenze. Il loro amore avrebbe dato presto dei frutti. Questa scoperta le provocò da prima un po' di paura ma poi la gioia le riscaldò il cuore. Nel suo ventre stava crescendo una nuova vita, una creatura che avrebbe contenuto sia sangue demoniaco che umano. Che avrebbe fatto parte di entrambi i mondi. No, non ne avrebbe fatto parte. La sua diversità sarebbe stato un problema per il piccolo, sarebbe stato bersaglio di scherno, mai accettato da nessuno. Povero, bambino mio. Si accarezzò il ventre ancora piatto e promise che lo avrebbe amato più di chiunque al mondo. L'avrebbe protetto fino al suo ultimo respiro.
La levatrice del villaggio era stata una carissima amica di sua madre e - nonostante la disapprovazione dimostrata per la gravidanza fuori dal vincolo matrimoniale e per di più dovuta a un demone – accettò di aiutarla ad affrontare la gestazione.
I mesi trascorsero tranquilli e i gemelli crebbero senza problemi nella sua pancia. Già, la levatrice aveva esaminato il suo ventre rigonfio varie volte fino a un responso davvero inaspettato. Era raro che nascessero dei gemelli e a quanto pare Ayame sarebbe stata una delle sfortunate a partorirne. Lei non si reputava tale. Sì, i gemelli venivano considerati segno di sventura ma per lei rimanevano delle benedizioni.
Le prime contrazioni la assalirono in piena notte e strinse i denti fino all'arrivo, all'alba, dell'anziana levatrice. Mancava ancora molto al parto vero e proprio ed era felice di non dover partorire da sola. Avrebbe tanto voluto che Takeshi fosse lì con lei, ma si erano fatti una promessa e per il loro bene doveva essere mantenuta. Solo una volta l'anno, nel quindicesimo giorno di primavera, nel loro luogo d'incontro. Mancavano solo pochissimi mesi e questa volta non sarebbe stata la sola ad incontrarlo. Aveva il diritto di conoscere i suoi figli.
Il travaglio durò un giorno intero, fu molto doloroso e difficile, ma tutto si concluse per il meglio. Nella sua capanna risuonarono i pianti di due splendidi neonati. I suoi tesori più preziosi.
Takeshi aspettò che il sole facesse capolino tra gli alberi del bosco. Aveva finalmente trovato un villaggio in cui esseri umani e demoni trascorrevano insieme un'esistenza pacifica. Un'oasi di pace che la guerra non era riuscita a distruggere. Sarebbe diventata una casa anche per loro. Non provò alcun rimorso a lasciare definitivamente il mondo demoniaco, voleva solo stare insieme a lei. Era stato straziante separarsene l'ultima volta. Il ricordo del suo corpo e del suo desiderio l'avevano tenuto sveglio per vari notti e ancora adesso non riusciva a toglierselo dalla mente. Gli era mancato più del suo stesso respiro e fremeva dalla voglia di rivederla. Tempo pochi minuti e attizzò le orecchie a un suono, dei passi leggeri si stavano avvicinando. Si girò e la vide, ma quello che lo lasciò di stucco fu che non fosse sola. Quei bambini...
-Ciao, amore mio.- disse la ragazza che ormai rappresentava il suo universo, la sua luce.
Quel sorriso, quanto gli era mancato.
-Loro...-
-Sono tuoi. Sei padre, adesso.-
I suoi occhi viola si fecero lucidi dalla commozione. Non si aspettava una simile sorpresa. Era padre e questo lo riempì di orgoglio e tenerezza. Non gli importò di sembrare debole, aveva ricevuto questa benedizione e adesso non vedeva l'ora di stringere i frutti del loro amore.
Ayame teneva fermamente i gemelli in entrambe le braccia e, non appena lui si avvicinò, si protrasse per posarli delicatamente tra le braccia dell'altro genitore.
Takeshi li osservò a lungo e sorrise nel vederne le somiglianze. Erano un maschio e una femmina. Il primo aveva una zazzera di capelli rossi mentre nella testolina della sorella si potevano intravedere dei sottili capelli neri. Erano bellissimi, perfetti, ed erano suoi. La sua amata le aveva fatto un magnifico regalo.
-Come si chiamano?- le chiese con un sorriso carico di felicità.
-Ho deciso di chiamarli Haru e Akari.-
-Scelte perfette.-
Rimasero varie ore ad ammirare i loro figli. Entrambi con il cuore gonfio d'amore, si guardarono, consapevoli di quale sarebbe stato il loro prossimo passo. Lui tenne stretto tra le braccia la figlia mentre il maschietto ritornò in braccio alla madre. Non c'era spazio nei loro pensieri per la guerra e l'odio che li circondava, erano una famiglia adesso. Si strinsero le mani libere e si incamminarono verso un futuro ricco di speranza e beatitudine.
_______________
Significato dei nomi
Ayame – Iris
Takeshi – Fiero, Guerriero
Haru – Primavera, Luce del sole
Akari – Piccola luce
In questo racconto ho messo tutto il mio amore per il Giappone e per le storie proibite. Mi auguro che vi sia piaciuto.
Alla prossima!
Non conosco i manga, ma sono contenta ti siano stati di ispirazione.
RispondiEliminaHo trovato una ripetizione qui
Ed era che il suo sorriso era davvero magnifico, per essere un'umana.
e qualche problemino con le virgole nel senso che secondo me ce ne voleva qualcuna in più.
Come mio parere personale come ho detto altre volte, mi piace di più intervellare la storia con delle immagini così chi legge allegerisce gli occhi.
A parte tutto ciò comunque la storia è molto carina, originale e decisamente romantica. Brava per aver unito la tua passione per il Giappone, per i manga e la scrittura è sempre bello quando danno questi così bei frutti
Quell'errore avevo cercato di correggerlo in fretta poco dopo aver pubblicato ma niente ahahah mi hai battuta sul tempo. Ah le virgole! E pensare che credevo di averle messe troppe ahahah andiamo bene. Ne sarò allergica. Grazie, come sempre, per la tua preziosa opinione <3 Ci tengo davvero tanto.
EliminaCiao Tania. Ti dico quello che penso veramente, sperando che possa esserti utile. Tu, però, prendilo per quel che è: solo un parere.
RispondiEliminaQuando ho letto la trama, penso tu lo immagini benissimo, ho subito pensato a Inuyasha. Speravo le similitudini fossero molte meno, invece ne ho trovate davvero tante. Forse un po' troppe, per i miei gusti; da zanne e orecchie a punta, fino al primo incontro nel bosco. Persino i caratteri di Ayame e Takeshi ricordano troppo quelli di Kagome e Inuyasha. A un certo punto, ho temuto di veder comparire anche i cloni di Sesshomaru e Kikyo, ma per fortuna così non è stato. Tenendo conto del fatto che la trama sfrutta l'archetipo di Romeo e Giulietta, declinato al mondo fantasy dei manga, ho sentito la mancanza di originalità.
Per quanto riguarda la scrittura, ho visto tante imprecisioni e diversi errori, oltre a un eccesso di aggettivi dimostrativi, pronomi personali o possessivi.
Ti metto qualche esempio di frasi da rivedere, ma ce ne sono tante altre.
"ma gli umani, con il tempo, avevano trovato alcuni dei loro punti deboli, dandogli modo di tenergli testa. --> Il soggetto è gli umani, quindi quel dandogli confonde il senso della frase.
"Solo il suono melodioso degli uccellini le facevano compagnia" --> il suono(sogg) è sing. quindi faceva.
"Poteva godere della propria intimità e, in quel momento, non poteva che esserne ancora più grata di ciò." --> "che esserne ancora più grata", o "che essere ancora più grata di ciò".
"Era ancora incosciente ma ancora respirava."
"Era la prima volta che curava uno della sua specie e non le è sembrato diverso dal solito." --> occhio ai tempi verbali.
"Una specie di barriera in caso che a qualche stolto umano venisse la malsana idea di venirci a trovare."--> casomai fosse venuta voglia di andarli a trovare, visto che la narrazione è in terza persona e al passato.
"Ma i pregiudizi del demone rendeva le loro conversazioni difficili." --> i pregiudizi (pl) rendevano.
"Lui tenne strettO tra le braccia la figlia" --> stretta.
Sono anche d'accordo con Susy per quanto riguarda le virgole.
Penso che avresti fatto meglio a riguardare il racconto una volta in più, perché la trama può piacere o no, è soggettivo, ma le sviste, purtroppo, vanno a rovinare un lavoro anche quando pessimo non è.
Senza avere da ridire sulle altre, la tua opinione è quella che aspetto con più piacere. Vorrei essere così brava a giudicare un testo, dico sul serio. Ma, purtroppo, io e la grammatica ci detestiamo. Il tuo non è solo un parere, è una vera analisi, e la rispetto tantissimo. Che tu ci creda o no, ho riletto il testo cinque volte ma a quanto pare, nonostante tutto, mi sono sfuggite molte cose oppure il mio orrendo approccio con la grammatica mi ha reso cieca. Quindi i ringrazio infinitamente per queste correzioni e spero di migliorare pian piano. Per l'ispirazione, sì, avevo specificato prima del racconto da cui l'avevo tratta ma non si tratta solo di Inuyasha, puoi benissimo immaginare quanti anime e manga abbiano trame simili e quante rivisitazioni di uno stesso titolo esistano. Alla fine, di Inuyasha ho ripreso solo l'epoca storica, per il resto, non è l'unico manga con demoni e umani. C'è un'altro titolo da cui ho preso ispirazione. Non è originale ma sono ormai dell'idea che l'originalità sta nello stile, non nella trama in sè, non so se mi sono spiegata ^^' Ammetto, poi, che non puntavo a quello ma solo al romanticismo.
EliminaComunque, davvero, grazie mille per avermi dato il tuo parere. Questa rubrica mi sta aiutando tanto e sono felice che anche tu ne fai parte.
Per quanto riguarda trama e ispirazione, il mio è solo un parere personale. Devi considerarlo entro i limiti del suo valore, non un briciolo di più. Gli errori... Sai? Di solito, chi li fa non li vede neanche se rilegge centomila volte. Anzi, spesso è proprio "l'editing" a generarne di nuovi, e io ne so qualcosa. Non per nulla, una buona abitudine è cercare un altro paio di occhi che controllino il testo, specialmente prima di pubblicare un libro. Qui, quel "servizio" te lo facciamo noi, quindi vai avanti tranquilla, ché tempo ed esperienza aiutano tantissimo, soprattutto quando si ha la tua capacità di recepire le "critiche". Buon lavoro.
EliminaNon si impara mai abbastanza. Non sapevo questa cosa dell'editing peró mi fa piacere sentire le tue parole. Ti sembrerò esagerata ma sono davvero onorata di poter usufruire della tua professionalità e anche dei pareri delle altre. Ci vorrà tempo e vi ringrazio tantissimo per la pazienza che dimostrate. L'onestà prima di tutto e rispetto la tua opinione. Mi è solo dispiaciuto che tu non abbia gradito la storia, insomma non amo far sopportare delle orrende letture agli altri. Spero di riuscire prima o poi a farti piacere un mio racconto senza troppi errori ;)
EliminaCiao Tania!
RispondiEliminaInnanzitutto sono contenta di aver letto qualcosa appartenente ad un genere che non conosco affatto. Purtroppo non so proprio nulla di anime e manga, quindi preferirei definire la tua storia una sorta di "Romeo e Giulietta" versione fantasy.
Sicuramente tra i punti forti c'è l'ambientazione, che è riuscita, l'inserimento degli elementi di fantasia che sono nel complesso ben spiegati e la descrizione di un amore che nasce a poco a poco.
Anche io, purtroppo, devo sottolineare la presenza di qualche svista. Per esempio, quando i due protagonisti si dicono addio per la prima volta, c'è scritto "si abbracciano" invece che "si abbracciarono". Comunque con una rilettura attenta e coadiuvata da noi "occhi esterni" la forma può sicuramente migliorare.
Per il resto, il racconto mi è piaciuto, quindi complimenti!
Eh purtroppo, nonostante le riletture fatte, mi è sfuggito davvero tanto. Ti ringrazio anche a te per le tue parole. Mi aiutano davvero e spero lentamente di eliminare almeno gli errori più banali. Sono contenta che ti è piaciuto almeno. Non vedo l'ora di leggere il tuo.
EliminaCiao Tania. Sono Silvia di Silvia tra le righe. Adoro i manga e le serie asiatiche. Ho apprezzato davvero tanto la storia d'amore di Ayame e Takeschi e soprattutto il meraviglioso messaggio che trasmette la tua storia. Un inno contro i pregiudizi, che ci invita ad accettare chi è diverso da noi e ad amarlo. Un inno alla pace. Il tuo stile è scorrevole e piacevole. Complimenti. Silvia.
RispondiEliminaGrazie mille, Silvia! Mi fa piacere sapere che c'è qualcun'altro tra noi che adora il Sol Levante.
EliminaCiao Tania! Ho letto il tuo racconto con enorme piacere. Non conosco per niente il mondo da cui hai tratto ispirazione, è stato bello poterci fare un tuffo attraverso queste tue parole. A parte qualche ripetizione qua e là (tipo: "Era ancora incosciente ma ancora respirava" oppure "Aveva solo 350 anni e finora aveva solo combattuto sul campo di battaglia"), mi è piaciuta davvero tanto la storia e come sei riuscita a trovare uno spazio al tema del mese! Brava! Alla prossima lettura, Stephi :)
RispondiEliminaGrazie mille, Stephi! 😘 Mi dispiace molto per le ripetizioni, la prossima volta ci starò più attenta.
EliminaCiao Tania! Premetto che non sono molto pratica del di anime/manga, quindi la mia opinione si basa solo sulle sensazioni che il tuo racconto mi hanno dato durante la lettura. Racconto che ho letto tutto d'un fiato! E' una storia che ha tantissimi messaggi in apparenti poche righe ed è questo che ho apprezzato particolarmente. Nel dettaglio, mi ha colpito come hai interpretato il tema della diversità. I protagonisti si muovono su terreni che considerano sicuri, su cui basano le loro convinzioni. Ma poi arriva l'amore, un sentimento contro cui non si può lottare ed è l'unico capace di distruggere i vincoli dei pregiudizi. E qui sì che abbiamo il vero climax di tutta la storia! Quindi davvero complimenti per questa tua interpretazione a mio avviso molto delicata ma anche di impatto, grazie alla creazione di personaggi "topici" che incarnano alla perfezione la loro parte.
RispondiEliminaPer quanto riguarda lo stile, l'ho trovato molto scorrevole - come dicevo, ho letto tutto il racconto in pochissimo! - e coinvolgente!
Ti ringrazio tantissimo per le tue parole, Anne! ❤️ Mi fa piacere che tu abbia apprezzato la storia.
EliminaGrazie mille, Federica! Per gli errori, spero di toglierli nei prossimi racconti e vedrò di staccarmi di più da ciò che mi dona ispirazione.
RispondiEliminaEcco il poliziotto che inizia a fare la ronda di aprile (?) Ahahah A parte gli scherzi, ci sono anche io e prima del solito :3
RispondiEliminaCercherò di essere breve -sto tentando di farlo dallo scorso mese perché ho sempre paura di risultare troppo "pesante" agli occhi di chi riceve il mio parere ;) - senza dimenticarmi la necessaria esaustività della quale uno scrittore ha bisogno ^_^
Fin dall'immagine scelta per accompagnare il titolo e la piccola trama che hai messo per dare una panoramica della storia, ho pensato subito a Inuyasha: è stato uno dei miei primi amori nell'animazione giapponese e, quindi, quasi inevitabilmente, non ho potuto far altro che pensare alle avventure di Kagome <3 Proprio per questo, sebbene la tua storia mi sia piaciuta -sono un cuore romantico e, si sa, adoro un buon pezzo appartenente a questo genere che magari parla di un amore proibito-, sono rimasta un pochino delusa perché ho trovato davvero troppe somiglianze con l'anime sopra citato :(
Al di là di ciò, come già qualche altra ragazza ti ha specificato nei propri commenti, ho trovato qualche errorino di distrazione che, dalla prossima volta, potresti evitare facilmente con un altro paio di occhi, oltre al tuo, a controllare ;) Parlo per esperienza eh... A febbraio ho scritto tanti di quei refusi -ora non ci sono, ho sistemato, anche dopo i consigli ricevuti da tutte voi :D- che mi sono vergognata di aver pubblicato il racconto prima di farlo leggere alla mia amica Grammar Nazi -ero in ritardo, come sempre, e perciò l'ho presa in contropiede quando le chiesi aiuto :(- XD Per fortuna non ho sbagliato almeno i verbi... AHAHAHAH
Per il resto ci siamo, anche se, permettimi quest'altro parere personale... Nonostante tu abbia ben dosato le informazioni sulla guerra fra umani e demoni, dando un background generale ma comunque preciso, mi sono trovata a digiuno, da questo punto di vista! Forse avrebbe sofferto di meno il "poco spazio" se le avessi destinato la capienza di una long ben piazzata :)
P.S.: Non sapevo amassi l'Oriente, comunque! È bellissimo scoprire le vostre passioni -esulanti il mondo della lettura e della scrittura- grazie a questa rubrica *-* Ne sono molto lieta! <3
Ciao. Finalmente trovo il tempo per leggere le storie.
RispondiEliminaQuando ho letto la trama ho pensato a qualcosa di fantasy e ho immaginato che fosse ispirato a qualche manga, tuttavia avendo letto nulla del genere per me è stato tutto nuovo. Non so se ti sei ispirata qualche personaggio o meno.
La storia mi è piaciuta, un po' alla Romeo e Giulietta, una storia proibita. Avrei voluto leggere di più sulla loro convivenza e su come siano arrivati a provare dei sentimenti così forti, però mi rendo conto che essendo un racconto breve non era possibile scrivere tutto.
Ho notato anche diverse sviste, ti segnalo alcune. Non voglio offenderti in alcun modo, spero che siano d'aiuto per migliorare.
"ma gli umani, con il tempo, avevano trovato alcuni dei loro punti deboli, dandogli modo di tenergli testa" (dovrebbe essere “dando loro modo di tenere loro testa” visto che sia gli umani che i demoni sono al plurale.)
"Non si sapeva come era iniziata questa guerra e chi delle due parti aveva iniziato per primo ad attaccare" (ripetizione di “iniziato”)
"Era la prima volta che curava uno della sua specie e non le è sembrato diverso dal solito." (“non le era sembrato” mi suona meglio visto che inizi la frase con “era”)
"Tutto di loro gridava proibito però non gli importava" (non importava loro, sempre al plurale.
E mi sarebbe piaciuto vedere anche la foto che ha ispirato tutto ciò.
A presto.
Bellissimo!
RispondiEliminaAdoro il fantasy e il Giappone.
Si nota l'ispirazione ai manga, ma resta una storia molto originale. Mi ha conquistato. Magari un giorno ne trarrai un romanzo? :-)