Nephilim. Guerra in
Purgatorio
Non puoi scegliere di nascere
Celestiale.
Puoi solo scegliere dove volare.
Link.
La tregua era stata stipulata. Dopo
quattromila anni i Nephilim Celestiali e i Nephilim Infernali avevano
deposto le armi spartendosi le Americhe.
Ma la pace era stata conquistata a caro
prezzo. L’alleanza dei Celestiali con la razza immonda dei Demoni
aveva infranto equilibri antichi che non dovevano essere toccati.
Creature più potenti e pericolose dei
Nephilim sono ora entrate in gioco e non è la pace il loro
obiettivo. Nessuno, nemmeno il loro creatore, avrebbe però potuto
immaginare l’amore tra un Infernale e un Celestiale.
Estratti.
Ryan
Una caduta dal 104° piano. No. Non la
reggo. Ma avevo visto bene. Dopo pochi piani in caduta libera c’è
la statua di un angelo ad ali spiegate. Atterro su quella e da lì
continuo a saltare verso i piani più bassi utilizzando statue,
cornicioni e tutto quello che trovo nel mio passaggio. Un grattacielo
che sembra uscito da un fumetto di Batman. Meglio così. Fosse stato
vetro e cemento armato, non avrei avuto nessun appiglio e allora
avrei preso la birra con lo zio. Quando arrivo a terra, sento il
suono di un clacson.
«Qui! Ryan! Sali!». Morgan, in
macchina con gli altri. Se la ridono mentre cercano inutilmente di
metterla in moto. Li raggiungo correndo. Un SUV nero quasi mi mette
sotto mentre attraverso la strada.
«Ryan! Dov’eri finito?». Morgan mi
accoglie urlando a squarciagola. Sono mal ridotti. Blaze ha dei
brutti tagli sul petto e Rubi-qualcosa un occhio nero e un braccio
piegato in maniera innaturale. L’unico che sembra star bene è
Morgan, stravolto dall’eccitazione del combattimento. Ha perso la
parrucca, il vestito è strappato in più punti e le corna gli
spuntano tra i capelli. Durante il combattimento deve averne perso il
controllo.
«Allora, non è stata una festa da
sballo?!».
Mi metto al posto di guida, accendo il
motore, ingrano la prima e parto.
«Ti sono cresciute le corna, idiota».
«Ma sì, poi le limerò. Ryan, amico
mio... cos’è quel sorriso che hai stampato sulla faccia?».
Mi guardo nello specchietto. Sotto il
sangue ho un sorriso fin troppo evidente. Non mi ero accorto di
sorridere. Rubi-coso dietro di noi continua a urlare e festeggiare.
Blaze non dà molta corda all’amico, guarda fuori dal finestrino
mentre si gira tra le dita una fiammella. Saranno feriti, ma certo
non sono in fin di vita. Guardo la strada, mi accorgo che sto
spingendo sull’acceleratore. Troppo. Rallento un po’. Morgan mi
fissa. Non capisce se ho ammazzato qualcuno o se sono solo stordito
d’adrenalina.
«Ho conosciuto un ragazzo, Morgan».
«Avete capito ragazzi? Ha conosciuto
un ragazzo!».
I due dietro non rispondono nemmeno.
Stanno cantando qualcosa di indecifrabile che coinvolge una mucca, un
fattore e un sacco di altri dettagli che non capisco. Accendo la
radio e la metto a tutto volume. Non ho voglia di starli a sentire.
Se ci becca una volante della polizia stavolta ci buttano in galera
con tutta la macchina.
«Grande, amico mio! Era ora! E chi è?
No, Ryan. Non dirmelo. Il cantante del gruppo. Secondo me ti aveva
buttato l’occhio. Oppure quel buttafuori con i capelli rossi?
Oddio, forse è uno di quelli a cui ho spaccato la faccia davanti la
piscina. Ehi! Ho spaccato la faccia al tipo che ti sei rimorchiato?
In caso mi devi perdonare, ma c’è da dire che non era niente di
che...».
Un rosso bruciato e una curva stretta,
terza, poi quarta e via sull’asfalto.
«Chi? Non so di chi stai parlando».
«Allora non lo so. Meno male. Sarei
stato un pessimo amico se ti avessi mandato all’ospedale il tipo la
sera stessa che l’hai conosciuto! Ma hai visto che ballo che ho
fatto fare a quei dementi? Senti, ma ’sta storia che erano Demoni?
’Sti stronzi dei Celestiali ancora si tengono Demoni per casa! Per
casa poi! Come fai a tenere sotto il tuo tetto uno che per colazione
mangia vermi e cuori di bambini. Certo questi non facevano schifo
come altri che abbiamo incontrato. Rubicante! Ti ricordi di quel
Demone che abbiamo incontrato in Messico? Quello con le corna da
cervo coperte di muco... Eh? Ti ricordi?».
«Mh?».
«Ma sì! Quando c’eravamo messi in
testa di trovare un chupacabra per tenerlo come animale domestico».
Rubicante si rimette a cantare con
Blaze.
«Alla fine abbiamo trovato una
licantropa che era una bomba. Te l’ho raccontato? Vabbè come sia.
Insomma amico, incontriamo questo Demone, ma era tipo chiuso in
questa cantina da non so quanto tempo. Era circondato da amuleti,
roba di quelle zone. Mojo bruttissimo. Ed era tutto ricoperto di una
melma che...».
Freno a mano, sterzo. Testacoda.
Recupero la strada e lancio la macchina sul ponte di Brooklyn.
«Cazzo Ryan! Dovrò cambiare le gomme,
amico! Quanta irruenza in questo Infernale! Quanta irruenza!».
«Jonathan. Si chiama Jonathan».
«Jonathan? E adesso chi è questo? Non
dirmi che è un Demone! Meglio un Umano a questo punto! O magari un
Infernale! Un altro infiltrato che non abbiamo notato, eh? Un
bell’Infernale. Guarda che a letto siamo i migliori. Insomma non
sono mai stato con un Infernale uomo, ma le ragazze... ti fanno
dimenticare qualunque Umana!”
«Non è umano e non è un Infernale».
«Oh, Ryan, un Demone no! Che schifo!
Mah! Basta che non è come quello messicano. È come quello
messicano?».
«Un Celestiale».
Anche i due dietro si azzittiscono.
«Un Cele... Tu... stai scherzando,
vero?».
Smetto di guardare la strada per un
attimo e lo fisso negli occhi. Poi mi giro di nuovo giusto in tempo
per schivare una moto contro cui stavo per schiantarci.
«Sei impazzito?».
«Penso proprio di sì».
«Non parlavo della moto».
«Lo so».
Jonathan
«Come hai fatto a scoprire come si
chiama?». Blake dorme, ma vado comunque in bagno per non farmi
sentire troppo.
Emily ha la voce di un’aquila. «Con
i potenti mezzi della Feather, fratellino. Ho mobilitato tutte le
schiere angeliche per scoprire il nome del tuo uomo misterioso!». La
voce di Emily arriva insieme al suono del traffico.
«Vabbè, come ti pare... Quindi è uno
di quegli Hill?».
«Pare proprio di sì, fratellino. Però
è andato via anni fa da Los Angeles. Il tuo bel Romeo lavora come
pompiere nella Grande Mela ormai da un paio di anni e ha ricevuto
anche una medaglia per aver salvato non so che bambino. Un diavolo
dal cuore buono».
«Quindi? Hai un suo contatto?».
«Meglio, gli ho dato un appuntamento a
Central Park».
«Quando? Emily, io sono da Blake
adesso».
«Ups. Pessimo tempismo. L’appuntamento
è... adesso sotto l’angelo della fontana di Central Park. Vabbè,
se non riesci a venire lo vedremo io e Alexander».
«Alexander lo Stregone? Che c’entrate
voi? Che ti stai inventando?».
«Invece di chiedermi di Alexander
raccontami un po’ di Blake! Com’è andata?».
«Bene. Senti, mi faccio una doccia e
arrivo a Central Park. Casa di Blake non è lontana per fortuna».
«Nemmeno il tempo di far raffreddare
le lenzuola! Sei una cattiva persona, sai?».
«Finiscila. A dopo». Attacco il
telefono senza darle il tempo di inventarsi altro. Esco dal bagno.
L’ho svegliato comunque. L’odore di caffè nell’aria. Blake è
in cucina. Canticchia mentre prepara una specie di colazione.
Allestisce tazze, tovaglioli e qualcosa che sembra un piatto di
biscotti e cioccolata su di un vassoio.
«Ah eccoti! Sto preparando un
concentrato di energia per riprenderci e magari ricominciare». Mi
viene incontro e mi pianta un bacio sulle labbra. Sa di cioccolato e
di sesso.
«Non è un po’ tardi per fare
colazione?».
«Ho sempre sognato di preparare la
colazione per il meraviglioso ragazzo con cui passo le notti. Adesso
che ti ho in casa devo approfittarne. Non sono sicuro che rimarrai
fino a domani mattina».
«Io devo andare». Gli metto le mani
sulle spalle e lo allontano.
«Appunto. Ma sei appena arrivato.
Speravo saremmo rimasti insieme un po’. Magari dormire insieme e
domani andare a fare un giro ».
«Mi dispiace. Cose di famiglia. Mia
sorella...».
«Ok. La famiglia prima di tutto. Ora
che so anche chi, sono ancora più curioso di conoscerli»
«Posso fare una doccia?».
«Certo. Posso farla con te?».
«Una doccia veloce».
«Rapidissima».
Nephilim. Ribellione
all’Inferno
Non puoi scegliere di nascere
Infernale.
Puoi solo scegliere quanto bruciare.
La bocca dell’Inferno si è aperta
nella baia di New York. E la posta in gioco non è mai stata così
alta. Alexander, Emily e Valerie devono affrontare una crisi che
potrebbe travolgerli tutti.
Gli Eterni stanno incatenando i
Nephilim al loro controllo, in un gioco di potere nel quale nemmeno
gli Stregoni rimarranno neutrali.
Mentre il mondo si avvicina alla
rivoluzione, Ryan ha un solo pensiero: riportare indietro Jonathan.
Il secondo volume della saga dei
Nephilim penetra nei gironi dell’Inferno, è venuto il momento di
superare ogni limite umano.
Estratti.
Ryan
Il mostro sovrasta Emily, lei compare
alla nostra vista solo per brevi momenti nei quali schiva, si getta a
terra e lancia delle urla che allontanano il suo avversario. I
capelli sciolti sono bagnati e frustano l’aria, mentre tiene a bada
il mostro con il suo pugnale. Da qui sembra così piccola, quella
lama. Combatte bene, schiva i colpi più possenti e tiene sempre una
posizione di vantaggio sul nemico. Ma ha ragione Alexander. È
troppo. Combatte da quanto, dieci minuti? Tra poco sarà esausta.
Anche se è una Celestiale, non potrà tenere questo ritmo a lungo.
Una donna esce dal bosco. È nuda, la
pelle scura, i capelli neri e ricci fino alle ginocchia. Eva. Cammina
a piedi nudi sull’erba e si muove senza guardarsi intorno, tiene lo
sguardo basso, si osserva i piedi. Quando si avvicina al cerchio di
guardie e Licantropi, tutti si fanno da parte e abbassano la testa.
Sta andando verso Emily!
«Avanti Alexander, aiutami a trovare
la matrice così possiamo andarcene. Quella è Eva!».
Lo Stregone si gira verso di me. Ha gli
occhi neri e il viso coperto di vene scure e pulsanti. Come quando ho
provato ad attaccarlo al deposito bagagli.
«Dammi il braccio», la sua voce è
roca e dura. Me lo afferra e con un artiglio mi incide la carne.
«Questo è sangue di Infernale! Il
potere chiama potere. Per questo sangue versato, ti ordino di
palesarti. Maie came Camaxtli!».
Un boato alle mie spalle. Una delle
poche pareti di pietra della stanza è esplosa verso l’esterno,
rivelando un comparto segreto. La pietra matrice che contiene i miei
poteri schizza come un proiettile verso di me. La afferro al volo e
sento che è mia. Pulsa della mia energia, mi appartiene come
nient’altro al mondo.
«Adesso distruggi quella pietra,
Infernale!».
La getto a terra e la schiaccio con il
piede. Onde di energia escono dai frammenti e mi entrano dentro.
Sento il potere fluire di nuovo in me. Un flusso di fiamme e rabbia
enorme. Tocca tutti i punti del mio corpo. Li innerva e li
rinvigorisce. Preme dietro i miei occhi e sulle mie dita. Non lo
ricordavo così intenso, o forse il mio corpo aveva imparato a farne
a meno.
Eva ha camminato oltre la fila di
guerrieri e di Licantropi. Ha raggiunto il centro del prato. Posa una
mano sul Lican controllato da Emily e lo paralizza.
Tutto intorno a lei adesso è fermo e
immobile. Emily è in posizione di guardia, ma tiene la lama
abbassata. Le due donne si osservano senza parlare.
Eva le posa una mano sulla spalla e la
tira verso di sé.
«Dobbiamo portare Emily via da lì!»,
Alexander mi fissa con occhi neri e inumani. «Io non posso farlo,
Ryan. Devi farlo tu».
La sua mano mi stringe il braccio con
forza, le dita quasi mi entrano nella pelle. Il potere dentro di me
risponde al suo tocco infiammandosi. Si dimena con violenza.
Non riesco a contenerlo.
«Alexander, qualcosa non va. Non
riesco a...».
«Sei un Nephilim. Scatenati e aiutami
a portare via Emily. Lei è in pericolo, avanti!».
Le fiamme prorompono da me. Lo stesso
senso di perdita di controllo che ho provato quando ho attaccato Val.
Lo stesso calore bianco che ho scoperto di avere quel giorno, adesso
esplode fuori di me.
Alexander sparisce dietro le fiamme che
mandano in frantumi la vetrata, inondano il prato e lambiscono la
foresta. Divorano tutto ciò che incontrano. Ma c’è qualcosa di
diverso, stavolta. Sento di poterle muovere, gestire. È come se
fossero una mia estensione, una parte meno materiale del mio corpo.
Emily è di nuovo sola. Eva sembra essere sparita, mentre tutti gli
altri intorno hanno ripreso a muoversi e si preparano a rispondere al
mio attacco.
Riesco a modulare le fiamme e genero
uno scudo di fuoco che mi protegge dai proiettili dei cecchini. Sento
le pallottole cadere e fondersi nelle mie fiamme.
Utilizzo questo nuovo controllo sui
miei poteri per creare un corridoio che mi conduca protetto fino a
Emily; percepisco Alexander correre al suo interno. Il fuoco mi
trasmette sensazioni fisiche. Non era mai successo prima.
I miei poteri sono cambiati.
Jonathan
Un deserto. Lo
stretto sentiero indicato da Dumah mi ha portato in un deserto
oscuro. Non so per quanto tempo ho camminato. Il tempo non sembra
avere un gran senso qui. Non ho fame e non ho sete, ma mi sembrano
passate ore da quando ho preso la stradina che s’inerpicava oltre
le rocce. Qui lo spazio non ha limiti come nel tuo mondo, la
strada sarà lunga quanto deve. Chissà che cosa intendeva. Nel
primo girone, la volta sopra di noi era illuminata dalle fiamme e dal
riverbero della lava. I fumi di zolfo si accumulavano sulle rocce,
tra le stalattiti nere che ci minacciavano come migliaia di spade di
Damocle. Qui il cielo è buio e imperscrutabile. Non ha stelle o
nuvole. Solo la soffocante impressione che sia tanto vicino quanto
nero. Evoco le fiamme di Ryan e le mantengo nel pugno, per illuminare
intorno a me. Qualche sterpaglia. Sassi e terra gialla. Niente più
di questo. L’aria è pesante e opprimente. Non c’è vento, sento
la polvere entrare nei polmoni. Fa caldo. Un caldo che secca la gola,
eppure non c’è il sole. Tutto questo mi dà la sgradevole
sensazione che le leggi siano state scritte per creare disagio e
dolore. Qui niente ha a che fare con il reale. Il mio stesso corpo
pesa come se fosse premuto verso il suolo, a impedirmi di alzare la
testa al cielo.
Sono lontano da quella grotta di fuoco,
da quella sofferenza di ossa e nervi esposti, da quell’odore di
carne bruciata che si stacca in brandelli, dal quel sangue rappreso
nelle vene per il calore, eppure mi sento quasi peggio. Rinchiuso in
un pozzo profondo dove posso solo sperare di soffocare in fretta.
Forse perché è proprio questa la
verità. Non importa cosa farò, non importa come userò i giorni che
mi restano. Comunque vada, qualsiasi scelta io faccia, non uscirò
vivo da qui.
Non esiste via d’accesso all’Inferno.
Non esiste via d’uscita dall’Inferno. Si può solo essere
inghiottiti in questo mondo arido e morto. Venire consumati e
diventare polvere nei polmoni di qualcun altro.
Non c’è niente per un essere
vivente. Non c’è speranza o futuro. Solo una lenta morte.
Ma ho del tempo. Non so quanto, forse
poco, comunque non ho intenzione di sprecarlo. Quel dannato ha visto
le proprie ferite curate e si è lanciato di nuovo sulle rocce,
aprendosene di nuove. Ma non saranno tutti così.
In quel girone infernale ci sono le
anime più antiche. Quelle che non conoscono cambiamento. Quelle che
non possono accettare il cambiamento. Per quanto fugace e benefico
esso sia. E l’ambiente ne rispecchia il pensiero. Qui è diverso.
Deve essere diverso. Il Diavolo mi ha detto che le anime che sono
rinchiuse in questo girone sognano ancora. Coloro che abitano questo
luogo non sono perduti. Per loro posso fare qualcosa. Per loro posso
impiegare gli ultimi giorni che mi rimangono. Qualcuno dei dannati
vorrà giustizia, pace, la fine del dolore ciclico e senza fine. Per
loro cercherò di cambiare le regole.
I miei poteri funzionano. Non so come.
Forse grazie all’energia di Ryan che ancora sento scorrermi dentro,
forse perché è come ha detto Emily: non siamo così diversi dagli
Infernali.
Emily, Val... mi mancano. Spero che le
cose si siano messe a posto dopo che la bocca dell’Inferno si è
chiusa. Ryan si ricostruirà una vita. Le mie sorelle torneranno ad
amarsi come un tempo. Tutto tornerà a posto o forse no, in ogni caso
tutto andrà avanti anche senza di me. Io non sono mai stato tagliato
per essere un Feather. E loro un giorno lo capiranno.
Blake non lo vedrò mai più. L’ho
lasciato che dormiva a letto. La nostra storia era appena cominciata
ed è già finita. Sono sparito senza una spiegazione, senza un
addio. Non mi perdonerà mai. Ora che è lontano per sempre, vedo i
miei sentimenti con più chiarezza. Da quaggiù tutto sembra più
evidente, i dubbi rimangono troppo piccoli sullo sfondo perché possa
guardarli. Resta solo ciò che conta e lui era qualcuno d’importante.
Qualcuno da tutelare e di cui prendermi cura.
Non l’ho nemmeno salutato. Sono
andato via per raggiungere Ryan e l’ho lasciato solo. Forse
cercherà di rintracciare Emily. Adesso che sa chi sono, potrebbe
farlo. Ma come si prende contatto con una rock star? O con
l’amministratore delegato di una compagnia come la Feather
Corporation? Non ho fatto in tempo a fissargli un incontro per
finanziare la clinica! Questo era importante. Se la clinica dovesse
chiudere, Blake ne uscirebbe distrutto. È tutta la sua vita. Dovrà
trovare il modo di farcela lo stesso. Nemmeno questo ho potuto fare
per lui. Non gli ho lasciato nulla.
Chissà come sarebbe andata avanti la
storia con lui. Forse da nessuna parte. Rivelargli la mia vera natura
sarebbe stato impossibile, mi avrebbe amato lo stesso?Mi devo
occupare del qui e ora. Sono solo in mezzo a una steppa deserta... e
quella sembra essere una strada asfaltata. Alimento le fiamme e
genero una luce abbastanza forte da vedere qualche metro più in là.
Sì, è una strada asfaltata. Malconcia
forse. Ma è una strada. Prosegue sempre dritta in entrambe le
direzioni. Quando metto un piede sul manto c’è un cambiamento.
All’orizzonte, dove sembra finire la striscia di asfalto, vedo un
bagliore. Qualcosa di dorato e tenue che si fa sempre più forte. Il
sole, qui? Una piccola sfera di luce emerge oltre la curva di questo
mondo e tutto inizia a prendere forma e colore.
Il sole illumina il paesaggio e
l’enormità di questo luogo mi spaventa. L’orizzonte sembra così
lontano. Alle mie spalle vedo solo ora che c’è la mostruosa sagoma
di una nave. È poggiata sul fianco e, mentre la osservo, vedo
l’acqua scivolare dalle fiancate, il terreno bagnarsi e
raggiungermi fino alla strada. Lo scrosciare cresce d’intensità,
poi si placa e finisce. Sul lato c’è scritto 456-9 NY USA. Una
nave mercantile di New York? Questo posto ha sempre meno senso. Non
ci sono alture o colline o montagne a bloccare la vista. Solo una
pianura sconfinata e questa nave arenata nel nulla. L’alba sembra
immobile. La luce non aumenta. Il sole non sembra riuscire ad
affrontare la volta celeste, che rimane per la maggior parte nera
come quando era notte.
Lancio un’ultima occhiata al relitto
e m’incammino verso l’alba.
Se voglio incontrare qualcuno,
camminare su questa strada mi sembra la scelta più logica. Porterà
da qualche parte. Oppure sarà solo un altro gioco perverso e senza
senso? Una strada desolata e vuota dove camminare per sempre, senza
raggiungere mai nulla.
Laggiù c’è qualcosa che si sta
muovendo. Vedo una nube di polvere sollevarsi al suo passaggio. Non
tira vento, non penso sia vento.
Qualcosa si sta muovendo in questa
direzione. Qualcosa di grande. Oppure qualcosa di numeroso.
La terra trema. Sembra il rumore di una
mandria. All’orizzonte vedo delle figure. Potrebbero essere degli
uomini a cavallo. Ma sembrano così grossi. Hanno un aspetto strano.
Non sono cavalli. Sono mostri.
Stanno venendo qui. Stanno venendo per
me.
Biografia.
Valerio la Martire è nato a Roma il 5 novembre 1981, con due settimane di ritardo. Ha recuperato il tempo perduto mettendosi a scrivere a dodici anni.
Visto che le sue giornate durano 42 ore ha lavorato come barman, commesso, operatore di call centre, animatore turistico e baby sitter. È stato volontario per Greenpeace e per non farsi mancare nulla ha lavorato anche con l’Unhcr e Medici Senza Frontiere.
Tra le sue pubblicazioni, I ragazzi geisha (Ed. Libreria Croce, 2009), libro sulla prostituzione maschile; Stranizza (Bakemono Lab. 2013), storia d’amore omosessuale nella provincia siciliana; Nopperaboo! (Bakemono Lab. 2013), favola per bambini ambientata in Giappone.
Nephilim è la sua prima trilogia urban fantasy.
Contatti.
grazie per la segnalazione! :D
RispondiEliminaDi niente, è stato un piacere ^_^
Elimina