Bailey Sanders ha una vita tranquilla, forse troppo ed è per questo che la sua famiglia ha tanto insistito perché prendesse parte al viaggio organizzato dall'organizzazione presieduta dall'associazione genitori insegnanti del liceo.
Da questo viaggio però Bailey non si aspetta niente di buono.
Sa benissimo di non essere molto popolare all'interno della sua scuola. Il suo nome viene pronunciato raramente tra i corridoi, e quando accadere viene seguito dall'espressione: stai parlando della talpa del quarto anno?
Nonostante questa realtà alla ragazza non pesa il profilo basso che la contraddistingue ma adesso che i suoi genitori sono arrivati all'ultimatum: o parti insieme al resto del liceo e cerchi di farti le ossa o puoi dimenticarti di scegliere il college senza la nostra approvazione, non ha altra scelta che entrare nella mischia.
Sbuffo nel momento in cui i miei fermano l'auto e sono costretta a scendere per raggiungere il bus già affollato per metà dagli studenti del terzo anno, che insieme a quelli del quarto e del quinto parteciperanno a questa iniziativa.
Quando il coordinatore del quarto anno, arriva al terzo nome dell'elenco devo alzare la mano per farmi notare nella marmaglia.
Salgo a bordo iniziando a guardarmi intorno per prendere posto alla prima coppia di sedili liberi. Non ho intenzione di chiedere il permesso di qualcuno per sedermi, meglio che siano gli altri a porsi il problema, quando i posti saranno via via sempre meno.
È inutile dire che è tra gli ultimi ad essere occupati e da un tipo che non credo di conoscere, e per conoscere - dato che in realtà non conosco nessuno - intendo di non averlo mai visto prima. Non appena si siede, senza chiedere il permesso o mostrarsi semplicemente educato, si sfila lo zaino a tracolla ruotando prontamente il busto nella direzione opposta alla mia, dandomi le spalle, per parlare non so con chi lungo il corridoio che tempo due minuti inizia a tremare per via del motore del cassonetto su ruote in azione. Pronti o quasi alla partenza, gli insegnanti passano in rassegna i vari "passeggeri", sequestrando chiunque brandisca snack e quant'altro. Al mal capitato affianco a me capita un richiamo per via della posizione scorretta assunta e solo in quel momento realizza di non essere seduto da solo ma non appena il suo sguardo si posa su di me io sposto il mio sul finestrino che mi fiancheggia.
Il viaggio trascorre in silenzio per quanto mi riguarda, con in sottofondo il ronzio fastidioso della scolaresca. Come da consuetudine, cerco di focalizzare la mia attenzione su qualcosa di piacevole, come le note di
River flows in you riprodotte nelle mie cuffiette.
Quando raggiungiamo Golden Gardens Park vengo sorpresa dalla bellezza della spiaggia che si disperde davanti ai miei occhi. Suppongo che le sabbia bianca e le acque abbiano un aspetto ancora più ammaliante al tramonto, ma più di tutto attendo il momento in cui alla sera, mentre il resto della comitiva starà dormendo o sarà occupata a mettere su dei "festini" in camera, alle spalle dei supervisori, io me ne starò sulla spiaggia a bearmi della brezza profumata oltre che della vista delle stelle.
Resteremo, tralasciando oggi, due notti e due giorni, ripartendo poi in serata, per raggiungere casa intorno all'alba.
Le escursioni lungo i sentieri boschivi nei dintorni si presentano noiose fin da subito, vista a parte su qualche panorama idilliaco. I sentieri sono polverosi, veniamo perfino sorpresi da una leggera pioggia al nostro rientro alla pensione, dove alloggiamo, dopo solo poche ore da nostro arrivo.
Quando entro nella camera che mi è toccato dover condividere con tre ragazze del terzo anno, non preferisco parola, prendo un asciugamano pulito dal bagno ed inizio a asciugarmi alcune ciocche. A differenza mia, e altre stanno sghignazzando dello stato in cui sono rientrate. Per via della loro voglia di divertirsi hanno temporeggiato a rientrare e sono decisamente messe peggio di me, ma ciò non sembra turbarle. Sbuffo in silenzio non essendomi chiara la loro mentalità, se così vogliamo definirla e mi preparo a mettere in atto il mio piano, avvisandole che userò per pochi minuti il bagno della camera, così da poter indossare il pigiama e non dare nell'occhio, quando tutto il resto dei presenti nella struttura farà lo stesso.
Qual'è la cosa sorprendente quando ben oltre le dieci di sera, seduta ad ammirare le onde che giocano sulla sabbia, con un tira e molla, vengo raggiunta da una delle ragazze che dividono la mia stessa stanza. Credo si tratti di Geria, i capelli lunghi biondi raccolti in una coda ondeggiano per via del leggero veniticello mente mi viene incontro.
"Credo che questo sia davvero un bel posto!" esordisce prendo posto accanto a me cosa che trovo strada ma mi limito ad annuire confermando quanto ha detto, perché è del mio stesso avviso.
" Questa è la prima volta che vieni qui?" domanda poi.
"Sì" mi limito a rispondere, stringendo le ginocchia al petto mente torno a fissare l'orizzonte indefinito davanti a me, poiché avvolto dalla notte.
"Non è di molte parola" afferma una seconda voce, questa volta decisamente maschile.
MI volto a scrutare il viso del nuovo arrivato e realizzo si tratti del ragazzo seduto al mio fianco durante il viaggio fin qui.
"Non ha parlato o mosso un muscolo per tutto il tempo che sono rimasto seduto accanto a lei..." Aggiunge preparandosi anche lui a prendere posto sulla spiaggia, al fianco di Geria.
"Ti da così tanto fastidio relazionarti agli altri? " mi domanda quest'ultima sorprendendomi, nonostante usi un tono di sincera curiosità e non di accusa.
"Sto bene per conto mio. Il liceo è solo una fase di passaggio, alla fine del nostro ultimo anno, avremo dimenticato chiunque ha passato con noi la propria adolescenza, quindi non vedo cosa si sia di sbagliato ad evitare di dimenticare qualcuno quando puoi semplicemente passare alla fase successiva: quella dove inizi a renderti conto che nessuno conta più di te e delle tue capacità".
"Non so se definire questo discorso cinico o semplicemente molto razionale. Forse entrambi" afferma il tipo, allargando uno strano sorriso assonnato.
"Credo che per una volta tu abbia ragione Finn, ma credo di poter comprendere la scelta di Bailey. Il tuo nome è questo, giusto?" domanda Geria rivolgendosi poi a me.
Annuisco nuovamente beccando l'occhiata falsamente esasperata di quello che ho appena scoperto chiamarsi Finn.
"Bailey Sanders" borbotto infine, spinta da qualcosa dentro di me a non essere così prevedibile come ci si aspetta. So parlare.
"Piacere di conoscerti Bailey, io sono Finn Roy e Geria è mia sorella. A che anno sei?" si fa subito avanti come a volermi sfidare a continuare, a dire di più.
"Quarto".
"Io sono al quinto e ho appena avuto un'illuminazione divina".
"Ah si?" domanda sorpresa quella che a conti fatti sarebbe la sorella minore.
L'illuminazione cui si riferiva Finn era più una sfida. Mi scappa da ridere se ci penso adesso ma credo che in qualche modo lui l'abbia definita nel modo corretto. I miei genitori mi avevano inviata in gita con uno scopo ben preciso e sono stati soddisfatti anche se probabilmente le loro aspettative non potevano prevedere due soggetti come la coppia di fratelli che ha incrociato il mio cammino.
Dalla folle idea di cercare al buio, con l'aiuto delle torce dei nostri cellulari, delle conchiglie da seppellire insieme in una buca comune giurando su di esse di non temere il tempo o di stringere legami che si dissolveranno se non coltivati, tutto ciò sotto il mio occhio critico, siamo arrivati non so come a rivelarci le nostre peggiori paure. Credo che quel momento, in cui sono stata coinvolta, senza premeditazione, in cui sono stata semplicemente risucchiata ma al quale non mi sono sottratta per la parola data ai miei o per gli sguardi speranzosi che mi venivano lanciati, mi ha colpita enormemente. La ragazza che preservava in una bolla tutto ciò che aveva da dire al modo, ma non pensava di farlo davvero era giunta alla conclusione che ammettere le proprie paure davanti a quelli che erano degli sconosciuti fatti e finiti era la guarigione che non aveva mai cercato di raggiungere.
Geria è stata la prima: ha ammesso di aver paura di non essere altezza delle situazioni a venire una volta che Finn non fosse più stato un liceale. Non avrebbe più avuto la sua ancora di salvezza a quel punto, e vedere suo fratello rincuorarla circa le sue doti e il suo coraggio mi ha scalfito il cuore, devo ammetterlo. Allo stesso modo, sentir dire a quello strano ragazzo, decisamente non asociale di temere che le mie ipotesi potessero ben presto divenire la sua realtà mi ha spinto a fargli notare che esistono infinite probabilità a questo mondo e che le mie supposizioni possono restare tali.
Quando è arrivato il mio turno, ho preso un respiro profondo, l'ho buttato fuori e mi sono resa conto di non avere nulla da temere, nessuna paura e lì è poi sopraggiunta: la paura di non avere paure, ma a quel punto ne avevo una anche io.
La vita è strana, molto e da questa storia ho imparato che non esiste limite a quanto possa esserlo.
Ho stretto dei legami, strani anche'essi, ma non hanno turbato la mia quiete, mi hanno forse mostrato a cosa stavo rinunciando. Giurare di non dover temere l'avvenire, forse era ciò di cui avevo bisogno, ma lo era ancor di più avere delle persone con cui farlo e a farmelo capire.
The End