mercoledì 30 dicembre 2020

Storytelling Chronicles #2

 


Questa è la seconda volta che mi cimento nella rubrica che ha preso il via grazie al blog La Nicchia Letteraria curiosa di vedere quanto sarei stata capace di centrare l'obbiettivo in quest'occasione, forse però ero talmente emozionata da non rendermi conto che sarebbe stato più complesso del previsto. Non ditelo a nessuno ma nelle parole a seguire ci sarebbe un spunto autobiografico. 😜🙊


Titolo: (Ridammi) quello che mi appartiene

Trama: Rose era da poco passata dall'essere una bambina ad un'adolescente con le prime consapevolezze, quando un ragazzino le ha strappato via qualcosa che per molti è decisamente importante: la sua prima cotta ed il primo bacio, mai ricevuto. Non aveva la benché minima idea di come una voce alimentata potesse costarle il suo rendimento a scuola, una media alta e la sua reputazione. Tutti da quel maledetto giorno, il 14 febbraio, avevano iniziato ad etichettarla come la ragazza di Nate e lui dal canto suo non aveva certo smentito, solo che non era la sua ragazza: non era che una sconosciuta per lui, pronto a farla passare per una fidanzata tradita e più vigliaccamente come una pazza che aveva immaginato tutto. Adesso, dieci anni dopo, era venuto il momento del faccia a faccia che fino a quel momento nel corso degli anni era solo stato accennato. Nate infatti, non si era mai scusato nemmeno quando circa cinque anni prima, guardandosi indietro, Rose gli aveva chiesto il perché di quelle bugie. Non erano più dei ragazzini ma per Rose quella era una cicatrice, una macchia indelebile che sbandierava al modo che anche lei era stata tanto sciocca da cadere nella trappola di un mentecatto.

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Qualcuno ha presente quegli attimi che sembrano eterni, tipo fermo immagine? Mi sembra di essere esattamente la protagonista di una scena al rallentatore: gli sguardi che s'incrociano, il respiro che s'incastra nei polmoni prima di fuoriuscire tutto d'un fiato, l'esitazione nel muoversi anche solo di un millimetro... 

Tutto molto bello eh! Però non avvampo e né tantomeno il cuore s'impenna. Avverto solo una folata d'aria fresca accarezzarmi il viso, ma resta uno di quegli attimi infiniti. 

Una volta non era così, perfino in autunno, nel vederlo avevo percepito una brezza calda e accogliente, questo testimoniava come negli anni le cose fossero cambiate.

Non avevo nessun presentimento che proprio oggi l'avrei incontrato dopo almeno tre anni dall'ultima volta che l'ho incrociato di sfuggita ad una festa, ed il modo in cui mi guarda, ogni rara volta in cui capita, m'infastidisce. Comunque, qualcuno o qualcosa deve aver tentato di avvisarmi: il nuovo collega con il suo stesso nome, il fascicolo sulla sua famiglia spuntato almeno una settimana fa sulla scrivania di un secondo mio collega, io che ripenso alla stupida idea avuta una decina di anni fa di compragli dei cioccolatini, gli stessi che vendono in questo periodo durante le feste; doveva essere un avviso ma ho scelto di non coglierlo, di non dargli tutta questa importanza, anche perché lui non la merita; come non lo merita il periodo durante il quale sono rimasta infatuata di lui, ma allora perché sono qui a pensarci? Perché non riesco a muovermi? Perché lui non si muove? Perché restiamo a fissarci?

Chiudo gli occhi il tempo necessario per riaprirli e vederlo andare via. Mi volto e vado via anche io, non mi volto, respingo il passato riemerso appena, soffocandolo del tutto ora che non fa più male. La cicatrice ha perso l'intensità del rosso, è passata al rosa chiaro ed ora al bianco. Le domande muoiono come sono nate in attesa di un nuovo incontro, perché abitiamo nella stessa citta e da quello che ho sentito dire, si è trasferito a pochi isolati dalla zona che solitamente frequento, ecco un altro indizio che ho trascurato. 

Una settimana dopo ritornando in ufficio, con in mano il mio solito bicchiere pieno di tè nero, cerco di capire cosa sia accaduto in mia assenza, mentre ero in pausa pranzo. I vari reparti sono deserti, fatta eccezione per alcuni tirocinanti che si trovano spaesati a non avere una guida...

Camilla, una ragazza delle risorse umane mi viene incontro, ed è lei a spiegarmi, vedendomi quantomeno perplessa, cosa è successo: tutti in permesso o meglio in malattia per intossicazione alimentare. Davvero fantastico! Gran parte del personale ieri sembra essersi fermato per il pranzo nello stesso posto e da qui quanto ne segue. 

Ora io ho ancora del lavoro da svolgere, per cui occupo la mia posizione e mi metto a lavoro come ogni giorno. Sono le 16:03 quando dal centralino vengo informata che si sono degli utenti che avevano un appuntamento per oggi e l'unica disponibile a riceverli nell'ambito finanziario sono io. Quindi per quanto non mi entusiasmi l'idea di essere interrotta e svolgere del lavoro che spetterebbe ad altri, armata di pazienza, chiedo di far salire chi aveva preso questo appuntamento. Nessuno potrebbe mai e poi mai immaginarsi il mio stupore nel ritrovarmi davanti per la seconda volta, a distanza di sette giorni, Nate. 

A differenza della scorsa volta, quando eravamo in strada, oggi è nel mio mondo, nella piccola stanza in cui svolgo il mio lavoro, non mi sfuggono i cambiamenti nel suo aspetto... Non credo di aver mai potuto notare, in questi anni, nelle occasioni fuggenti, tutti questi dettagli, ma i cambiamenti nei suoi lineamenti sono molto più marcati. Gli occhi che mi avevano chiesti ambrati se avessi un interesse erano ora più cupi, ma non spenti. La sua fronte nel vedermi si era aggrottata e lo imbruttiva così tanto da chiedermi: perché ho scelto lui?

"R-Rose?" chiede incerto.

Il fatto che ricordi il mio nome non mi scalfisce più di tanto, anche se è passato molto tempo.

"Nate" lo saluto.

Dopo un silenzio prolungato mi decido a comportarmi come mio solito: dipendente pratica e concisa. Gli chiedo il motivo dell'appuntamento, cercando di capire la ragione per cui si trova qui e come sbrigare la faccenda. Riesco ad inserire con facilità il suo nucleo famigliare tra i prossimi beneficiari di un incentivo nel settore della ristorazione. In pratica hanno intenzione di aprire un'attività  e devo solo caricare delle informazioni a questo punto...

Quando sta per girare i tacchi e sparire, a lavoro finito, mi sorge spontanea sulle labbra, una domanda che non riesco a trattenere: "Perché?". 

"Non lo so" risponde esattamente come l'ultima volta in cui ho tentato di chiederlo, con la differenza che appare sincero o forse sono io che voglio credere lo sia.

"Ma mi dispiace" aggiunge lanciandomi un ultimo sguardo.

Ho aspettato questa risposta così a lungo e mi rendo ora conto che non è niente di speciale, che non esiste una ragione all'idiozia, qualsiasi risposta mi avrebbe dato. Le sue scuse non so definirle, ma credo non avessi davvero bisogno di riceverle. Ciò che mi ha "rubato" resta nel passato ma da quel punto sono andata avanti e continuerò a farlo. 

Il ricordo di lui che strilla di avermi baciata davanti all'intera scuola e che io fossi la sua ragazza si sgretola, come tutto ciò che di negativo associavo a quell'evento: gli sguardi compiaciuti dei ragazzini, le strofe su noi due duranti i viaggi in pullman, tutto scompare anche le frasi offensive della sua vera ragazza rivolte a me che non avevo idea di come difendermi, spaventata da qualcosa che andava oltre le mie capacità. In quel momento è così che mi sentivo: non riuscivo a schernirmi a difendermi dalle menzogne che mi venivano associate, dalle attenzione non volute che mi venivano riservate e mi sentivo una marionetta in mani estranee. 

A fine turno esco dall'ufficio e  in strada, la prima cosa che faccio è dirigermi in pasticceria e premiarmi per quella che sono oggi: perché quella ragazzina incapace di spiegare la verità oggi è stata capace di ricevere le sue risposte, che si aspettasse o meno quelle parole, sapeva già - in cuor suo -  che niente sarebbe cambiato e che non aveva affatto bisogno di affrontare quella persona ma sono ugualmente orgogliosa di chi sono diventata, di come ho gestito la sua presenza e di essere soprattutto una me diversa, che non si nasconde davanti ai problemi, che per quanto grandi siano cerca di trovare una via d'uscita. Non che questo fosse un problemone, ma per me era importante dimostrare a me stessa che non mi sarei tirata indietro questa volta, avrei dunque riavuto indietro il senso di libertà che mi era stato sottratto. 




8 commenti:

  1. Ciao Marianna! Secondo me in quello che hai prodotto si notano molto l'emozione e il tuo coinvolgimento, perché ti fanno scrivere in modo poco chiaro. Il tutto risulta un po’ confuso e mescolato con poco ordine, rendendo la storia difficile da seguire. La spinta autobiografica che si nasconde dietro le tue parole e il tuo bisogno di mettere nero su bianco l'essere riuscita a sopravvivere a quel dolore a mio avviso hanno preso il sopravvento. Hai dato spazio infatti più alle conseguenze di quel bacio rubato per la protagonista che all’evento che l’ha scaturito, e questo mi è dispiaciuto: leggere dell’evento avrebbe forse aiutato a dare un filo più lineare al racconto e a restare sul tema. Va detta una cosa: si intravede fra le righe il potenziale dello scritto, si capisce che c’è una serie di emozioni che hai bisogno di tirare fuori, ma credo che il fatto che l’evento sia qualcosa di personale ti abbia in qualche modo influenzata nel raccontarlo, facendoti dare per scontato tanti passaggi che a noi che leggiamo da fuori non sono però così chiari. Spero tu non prenda le mie parole come un'offesa, non vogliono esserlo in nessun modo, anche perché trovo la tua scelta coraggiosa: non è da tutti lanciarsi in un racconto autobiografico, per quanto celato, e ciò ti rende onore. Vorrei solo farti capire perché mi sono trovata in difficoltà nel leggerti. Credo che tu abbia la capacità di regalare belle storie, in entrambi i racconti che hai pubblicato c’erano ottimi spunti su cui lavorare. Continua perciò a scriverle! Sono certa che presto saprai regalarci bei racconti: li hai a portata di penna, devi solo lavorarci ancora un po’ su e poi saranno perfetti :)

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  2. Ciao Marianna! L'idea che ruota intorno al tuo racconto mi è piaciuta e sono felice per te che tu abbia trovato il coraggio di scrivere una storia di questo tipo. Quindi, da ragazza come te, ti dico innanzitutto complimenti per la forza d'animo, e poi devo dire che Rose, la tua protagonista, ha fatto un'ottima figura: io non capisco chi fa atti come quello di Nate, sono bugie senza senso, meschinità fini a se stesse... meglio lasciarsi tutto alle spalle.
    Come collega scrittrice, però, devo dirti che sinceramente avrei preferito un'unica narrazione, con il fatto prima e l'incontro a posteriori dopo, piuttosto che vedere un antefatto in un "breve riassunto di trama" e le sue conseguenze nel racconto. Anche perché nella tua storia ci sono riferimenti a circostanze dell'antefatto che però non vengono spiegate. Te lo dico perché l'idea è buona, così come i messaggi e le tematiche di fondo... ed è un peccato, da lettrice, ritrovarsi un po' confusi per una questione di fabula e intreccio.

    Questo è solo il secondo racconto che leggo tra i tuoi, quindi, come ha detto Stephi, spero che ne vorrai scrivere altri e che seguirai la tua passione per la scrittura :-)
    Alla prossima!

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  3. Ciao.
    Come ti hanno detto sopra, complimenti per il coraggio di raccontare qualcosa di autobiografico. Si vede l'emozione e il fatto che questo evento abbia avuto un significato non da poco per la protagonista. Ho apprezzato molto il cambiamento finale, si vede quanto sia maturata, come sia cambiata e cresciuta, lasciandosi alle spalle quel ricordo che ormai non la ferisce più.
    Per quanto riguarda la forma, ti consiglierei di rivedere un po' alcune cose. L'idea è buona, i personaggi e la loro caratterizzazione c'è, tuttavia alcuni passaggi risultano confusi, per me almeno.
    Se ti possa essere utile, a volte leggere a mente fredda dopo un paio di giorni dalla scrittura, aiuta a vedere queste piccole cose.
    A presto,

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  4. Mi unisco ai complimenti delle ragazze sopra per aver descritto qualcosa di così personale, non è così da tutti e tanto di cappello davvero.
    Per quanto riguarda però la forma confermo anch'io che c'è qualcosa che va riletto, riguardato e corretto perchè è chiara l'emozione e l'intensità di ciò che hai scritto ma manca qualcosa e si nota una confusione che invece dovrebbe sparire del tutto. Di certo con un po' di pratica le cose andranno meglio

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  5. Ho notato che fosse autobiografico anche senza che lo dicevi. Il coinvolgimento emotivo si vede, traspare da ogni frase, e non è un male. Tuttavia, non sei riuscita ad esprimerti al meglio. Ci sono errori nella forma che mi hanno reso difficile la lettura anche se il potenziale c'era. Vedrai che migliorerai sempre più con la pratica.

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  6. Ciao Marianna!
    Prima di tutto grazie per aver partecipato al mio tema, soprattutto mettendoci una parte di te, perché ti permette di esprimerti al meglio.
    Come ti hanno detto le ragazze prima di me, il carico emotivo si sente e un po' si fa preponderante sul tema in sé, ma se ti ha aiutata a esprimere/affrontare un ricordo personale difficile, ben venga. Per me va benissimo anche così.
    C'è sempre tempo per rivedere e stemperare lo stile e ottenere chiarezza, vedrai ;)

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  7. Ciao! Sono felice di ritrovarti per un nuovo racconto! Da quello precedente ho notato nella forma alcuni miglioramenti, si vede che l'hai riletto qualche volta in più ed è più pulito. Non ripeto i piccoli problemini nel portare avanti l'intreccio, di certo un racconto più lineare avrebbe permesso una maggiore immedesimazione... ciò non toglie che il messaggio che traspare è forte e positivo, e questo è di per sé molto importante! Spero di leggere ancora altri tuoi racconti, sono certa che con la pratica andrà sempre meglio 🥰

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  8. L'emozione c'è tutta, forte e travolgente.
    Ammiro il tuo coraggio. Io non riuscirei mai a scrivere qualcosa su di me.
    Ci sono, in effetti, parecchi salti temporali, che sarebbero forse più adatti a una narrazione lunga, piuttosto che a un racconto breve.
    Ciò non toglie che la carica emotiva per me vince davvero su tutto.

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