Irlanda, 2014
L'autunno è sempre stata la stagione preferita di Sarah. I colori caldi, la pioggia, tutto ciò che rappresentava questa stagione veniva apprezzato dalla piccola. Abitava, insieme alla madre, in un piccolo casolare in mezzo a un bosco vicino a Cork e raggiungeva la scuola sempre a piedi. La mamma era vedova e lavorava come infermiera quindi a causa dei suoi turni, a volte anche improvvisi, la bambina veniva portata a casa di un'anziana signora che le faceva da babysitter. La signora O'Brien era sola e, da quando erano venute ad abitare vicino a lei Sarah e sua madre, sembrava che avesse acquisito una figlia e una nipote.
Sarah amava la signora O'Brien al punto da chiamarla nonna. Insieme raccoglievano le castagne per poi farci i dolci e le raccontava sempre delle storie magnifiche sulle fate.
Erano davanti al camino e l'anziana donna stava narrando del principe delle fate.
-Devi stare attenta quando cammini nei boschi. In mezzo a tutto quell'arancione e marrone potresti vedere una fata.- le disse la donna.
-Ma nonna, le fate esistono solo nelle storie.- contestò la bambina.
L'anziana scosse la testa con disapprovazione. La piccola aveva solo otto anni, doveva credere di più nella magia.
-Sarah Ailis Byrne, io non racconto bugie. Io le ho viste anni fa e sono sicura di quello che hanno visto i miei occhi quel giorno. Tra le foglie che cadevano vidi ben cinque fate e uno di loro sembrava un bambino piccolo quanto te solo con il colore dei capelli arancioni. Attenzione, non rosso ramato come i tuoi ma proprio di un arancione acceso. E i loro vestiti sembravano fatti soprattutto di foglie. Gli offrii la mia famosa torta alle castagne, quella che piace tanto anche a te, e ne rimasero entusiasti.-
Sarah sgranò i suoi occhi castani. Le fate golose di dolci, questa poi! Chissà se sarebbe riuscita anche lei a vederne una. Tanto valeva provare.
Per giorni, passeggiò per ore nel bosco a passo lentissimo, nella speranza di incontrarle, ma non ebbe fortuna. Aveva portato con sé anche una cesta con dei biscotti alle castagne che emanavano sempre un profumo invitante, ma non funzionò. Si era ormai rassegnata quando, un giorno, la pioggia la colse all'improvviso, durante il tragitto di ritorno a casa.
Si rifugiò nella vecchia tana di una volpe e rimase lì, con lo zaino ormai sporco di fango, seduta con le gambe incrociate. Faceva freddo ma non troppo ed era abbastanza coperta dai vestiti impermeabili. Le piaceva guardare le gocce d'acqua cadere. Da quel poco che ricordava di suo padre, morto quando lei aveva a malapena quattro anni, c'erano pomeriggi e mattine in cui si divertivano a cercare di indovinare quante gocce cadevano al minuto. Una cosa stupida ma utile per tenerla impegnata, senza fare storie, mentre mangiava gli odiosi broccoli.
-Ehi tu! Hai finito di guardare la pioggia? Qui avrei bisogno di aiuto, umana!- irruppe una vocina che la fece sobbalzare dalla sua contemplazione. Girò lo sguardo varie volte ma non vide nessuno.
-Sono qui! Vicino al sasso più grosso.-
La bambina andò a guardare quello che ai suoi piedi sembrava il più grandi tra i sassi e vide una minuscola creaturina.
-Ma... ma tu sei una fata!-
L'esserino sbuffò. -Brava, signorina dell'ovvio. Brillante osservazione.-
Lei non ci rimase male per il tono scorbutico usato dalla fatina ma si accucciò a finché il suo viso non fosse a pochi centimetri da lui.
La nonna aveva ragione, sembravano esseri umani in miniatura, solo con le ali. E a proposito di ali, quelle che vedeva erano schiacciate dal sasso.
-Oh poverino, le tue ali sono rimaste incastrate. Adesso ti libero.- e subito tolse il piccolo masso da sopra le alucce del bambino fata.
Era proprio come quello descritto dalla nonna ed era strano vedere una simile tonalità accesa di arancio eppure i capelli della creatura magica lo erano e aveva anche dei bellissimi occhi verdi. In apparenza, sembrava un bambino di all'incirca dieci anni ma Sarah era certa che ne avesse molti di più. Dopotutto le fate potevano vivere per milioni di anni.
Il bambino provò a muovere le ali ma purtroppo furono danneggiate dalla caduta e poi dal sasso e riuscì solo a farsi venire delle fitte di dolore.
-Ti fanno tanto male?- le chiese lei preoccupata.
-Non sono affari tuoi, umana.- la guardò male e, alla fine, anche la pazienza di Sarah ebbe termine.
-Non c'è di che, comunque. Ti ho appena salvato e questo è il ringraziamento. Tutte le fate sono così antipatiche come te?-
-Io non sono antipatico, sono diffidente. È diverso.-
-Perché dovresti essere diffidente? Non mi sembra di aver fatto qualcosa di male. La mamma mi laverebbe la bocca con il sapone se sapesse che sono stata scortese con qualcuno.- disse la bambina, ricordando con un brivido la punizione che la genitrice le aveva dato una volta.
-La nostra specie non ama tanto gli umani. Vi riteniamo una razza inferiore e maligna. Tagliate gli alberi, lasciate rifiuti e rovinate l'aria con i vostri fumi.- fece presente con acredine, lui.
Sarah rimase interdetta e non seppe che dire. Non poteva dargli torto, il nostro pianeta era in continuo rischio e qualcuno di noi non rispettava l'ambiente. La realtà dei fatti era quella ma di fare tutta l'erba un fascio non lo riteneva giusto. Lei e chi conosceva non erano così, amavano la Natura e la davano il giusto rispetto.
-E fate troppe guerre. Vi uccidete tra di voi senza un valido motivo ed è per la vostra natura cattiva che non vi è stato fatto dono della magia.- continuò lui.
-Mi dispiace. Purtroppo quello che dici è vero ma non siamo tutti così. Tra di noi ci sono sia persone buone che cattive. Il mio papà mi ha sempre detto che nel mondo ci deve essere per forza sia il bene che il male. Non può esistere uno senza l'altro. Come nelle favole, c'è l'eroe e il cattivo.-
La fata rimase a guardarla per qualche secondo poi ricominciò a parlare ma con meno astio.
-Come ti chiami?-
-Sarah Ailis Byrne. E tu?-
-Finn. E... grazie per avermi aiutato.- disse, ricordandosi delle buone maniere. Aveva scrutato i pensieri dell'umana e non aveva visto niente di marcio. Era diversa dai tipi che aveva visto diverse volte nei suoi centoventi anni di vita. Emanava un'aura pura e innocente, una luce calda come quella del sole.
La bambina sorrise. -Figurati, Finn. C'è altro che posso fare per te?-
La fata ci pensò su. Purtroppo con le ali in quelle condizioni non avrebbe potuto volare per un'oretta buona e l'idea di starsene lì da solo ad aspettare la guarigione non lo allettava.
-Prima di riprendere a volare devo aspettare un po', ti va di farmi compagnia? Parlami un po' di te ed io ti parlerò del mondo fatato. Ci stai?-
Sarah non se lo fece ripetere due volte e prese a parlare della sua famiglia e delle sue giornate. Gli raccontò del suo papà, che aveva avuto i suoi stessi capelli rossi, morto in un'incidente stradale. Della mamma che la stava crescendo da sola in mezzo al bosco e di quando tornava stanca dal lavoro. Di nonna O'Brien che le aveva tanto parlato delle fate e che faceva i dolci di castagne migliori al mondo.
-Dolci di castagne? Mio fratello Rìan mi ha detto che sono davvero buoni. Anni fa, una signora glieli offrì proprio mentre girava da queste parti con i suoi amici.- la interruppe il bambino fata.
-Dev'essere stata nonna O'Brien! Ma è successo più di vent'anni fa.-
-Io e mio fratello siamo fate giovani e abbiamo più di cento anni. I più anziani di noi hanno molti millenni.- spiegò.
-Quanti fratelli hai?-
-Solo uno. Rìan è il mio fratello gemello, è nato solo sette minuti prima di me.-
Quindi una delle fate che aveva visto la nonna era il fratello di Finn. Tutte le sue storie, allora, erano vere. La bambina ne era sempre stata dubbiosa a riguardo prima di allora.
-Beato te. Io sono figlia unica però mi sarebbe piaciuto avere un fratello o una sorella. Ho tanti amici a scuola ma penso non sia la stessa cosa.-
-Non so che dirti. Voglio bene a mio fratello ma a volte sa essere insopportabile.-
La bambina aveva avuto un'assaggio del caratteraccio della fata e non stentava a credere che litigassero molto tra fratelli.
-Anche nel mondo fatato avete una scuola?- chiese lei.
-Certo. Ci insegna fin dalla tenera età a sviluppare bene i nostri poteri magici. Impariamo a governare i quattro elementi senza fare danni.-
-Wow! Mi faresti vedere una magia?- si illuminò la bambina.
-Non sono un fenomeno da baraccone io.- fece una smorfia lui.
-E dai! Ti prego, ti prego!- insistette l'umana facendo gli occhi da cucciolo.
La fata la guardò per poi cedere con uno sbuffo. -Ok, va bene.- e distendendo il palmo in su, creò in pochi secondi una sfera d'acqua che fluttuò in mezzo a loro.
Sarah fissò la sfera incantata. Era davvero... incredibile quello che stava vedendo. Forse solo la nonna ci avrebbe creduto se glielo avesse detto.
Lui fece un sorriso pieno di soddisfazione. Gli piaceva averla lasciata a bocca aperta. Gli umani erano davvero dei sempliciotti.
-Soddisfatta?- le chiese.
-Oh sì, grazie. E' bellissima!- batté le mani contenta.
A quel punto, un'idea ronzò nella mente della fata e la attuò subito. Non ci vedeva niente di male a fare un simile scambio.
-Se vuoi ti farò vedere altra magia ma in cambio voglio che tu mi porti la prossima volta dolci con le castagne.-
Lei rimase sorpresa da quella proposta ma poi esibì un luminoso sorriso. A quanto pare umani o fate, la gola era gola.
-Quindi non ti dispiacerà rivedere una cattiva e brutta umana.- lo prese in giro, lei, ridacchiando. Lui arrossì e le indirizzò un'occhiataccia.
-Bè... posso dire che non è stato male passare questa ora con te. Pensavo peggio.- tossì per cercare di scacciare l'imbarazzo e riprese con un tono serio. -Dunque? Qual è la tua risposta?-
-Affare fatto. Ti porterò la famosa torta di castagne che fa mia nonna, promesso.-
-Bene. Ci vediamo nel campo di fiori che sta a pochi metri da qui. Possiamo fare domani a quest'ora?-
Lei annuì. Era ovvio che sapesse dove stava il campo fiorito. Conosceva il bosco come le sue tasche e le ci volevano a malapena cinque minuti da casa sua per raggiungerlo.
-Perfetto.- commentò lui e un sorriso felice fece capolino finalmente.
Sarah ricambiò il sorriso ma poi si accorse che la pioggia aveva smesso di scendere e che era ormai il momento di tornare a casa. Sua madre si stava cominciando a preoccupare seriamente.
-Ora devo andare. E' stato bello conoscerti, Finn.- disse alzandosi per poi pulirsi i vestiti dalla terra e dalle foglie.
-Anche per me, Sarah. E scusami per come mi sono comportato all'inizio.- disse per poi distogliere lo sguardo. Provava una certa vergogna per la scontrosità con cui l'aveva aggredita. Si era lasciato prendere dai pregiudizi e dai cattivi esempi del passato quando doveva sapere che come ci sono fate cattive e fate buone, lo stesso valeva per gli umani. Aveva ancora molto da imparare sul mondo.
-Non fa niente. Allora a domani!- disse lei e corse a casa, dove la madre l'accolse con un buon profumo di cioccolata calda.
Quell'incontro scaturì una serie di tante altre occasioni. Il domani fu continuo e ogni scusa era buona per vedersi per un ora o due in quel campo fiorito. I loro giochi spensierati, le loro chiacchiere e risate si susseguirono per anni fino a diventare qualcosa di più profondo. Qualcosa che entrò nel cuore senza più uscirne.
Finn non aveva più le sembianze di un bambino. Aveva deciso di maturare e diventare la persona giusta per la sua umana. Quegli anni gli erano serviti non solo per gustare i meravigliosi dolci di castagne ma anche per andare contro i pregiudizi e crescere in meglio. L'amicizia che provava per Sarah si era trasformata pian piano in amore e, vedere come lei diventava velocemente una donna, lo emozionava ma gli provocava anche una profonda tristezza. Non si faceva illusioni, sapeva che lei sarebbe morta molto prima di lui, ma cercava di non pensarci e di godersi il presente.
Sarah era di spalle, inginocchiata in mezzo ai fiori a farne una corona. Ormai aveva diciotto anni e il leggero vestito bianco le fasciava le curve in maniera deliziosa.
Lui volò piano, senza farsi sentire, dietro di lei. Usò la magia per diventare della sua stessa dimensione e con entrambe le mani andò a coprirle gli occhi. Lei sobbalzò ma rimase ferma mentre lui avvicinò il viso al suo orecchio.
-Indovina chi sono.- le alitò a un centimetro dal suo viso, provocandole un brivido.
Sarah sorrise e seppe dare l'unica risposta giusta.
-La mia meravigliosa fata.-