Era stato definito in
molti modi nei suoi trentadue anni di vita. Cyborg senza cuore, Re
dei ghiacci, impassibile farabutto... ma in quei giorni non si
sentiva tale. Proprio per niente.
Ancora rimbombavano nelle
sue orecchie le parole del medico.
Abbiamo fatto tutto il
possibile ma purtroppo non c'è stato niente da fare.
Un
mese era passato e ancora ci ripensava non appena aveva un attimo di
respiro. La sua amatissima sorella era morta e, con lei, anche suo
marito. Il Destino era stato ingiusto con loro, stroncandogli la vita
con un banale incidente stradale.
Da
quel momento, sentì come una voragine nel petto. Solo tenersi
impegnato con il lavoro gli creava come una specie di rifugio dal
dolore. Peccato che non poteva lasciarsi andare così. Con la loro
morte, i coniugi avevano lasciato dietro il loro tesoro più
prezioso. Theo non aveva più nessun parente in vita, ad eccezione di
lui, il caro vecchio zio Julian, che non vedeva da quando era un
poppante. Quindi, potete immaginare la sorpresa dell'uomo nel
ritrovarsi a casa un bambino di ormai sette anni. Con tanto di
cinque chili di Border Collie che non esitavano a imbrattare le
pareti di pipì. Fantastico davvero.
Julian
amava la sua libertà, la sua esistenza da scapolo, senza alcun
legame permanente. Non aveva mai desiderato una moglie e dei figli.
Il disastroso matrimonio dei suoi genitori lo aveva traumatizzato, a
tal punto, da fargli evitare come la peste le donne in cerca di
relazioni stabili. Era sposato con il suo lavoro di avvocato e gli
andava benissimo così. Tuttavia, l'arrivo di suo nipote e del cane
aveva dato un cambiamento netto al suo modo di vivere. Niente più
straordinari, niente più scopate di una notte a casa sua, niente più
weekend con gli amici fino a tardi. La perdita dei loro cari aveva
segnato entrambi ma il bambino aveva più bisogno di qualcuno
accanto. Julian non si illudeva di poter sostituire la figura
genitoriale di cui necessitava, ma sperava almeno di affrontare il
lutto insieme e trarre conforto dalla vicinanza reciproca. Theo
somigliava moltissimo alla madre, aveva gli stessi occhioni castani e
la stessa fossetta sul mento. Era impossibile non provare affetto per
quell'esserino. Ma sei anni senza mai vederlo avevano creato un muro
tra zio e nipote. Il lavoro aveva tenuto Julian lontano dagli affetti
famigliari, ed ora, che aveva perso la maggior parte di quegli
affetti, si pentiva del suo distacco, del tempo perso. Theo lo vedeva
come un estraneo e, di conseguenza, gli riservava solo occhiate
diffidenti. Nessun sorriso, nessun accenno di affetto.
L'uomo
aveva provato a coinvolgerlo in vari modi: con i film, i videogiochi,
ma niente sembrava smuoverlo. Il nipote continuava a preferire la
vicinanza del suo cagnolino alla sua, e questo lo deprimeva. Guardava
la foto della sorella quasi ogni giorno, come a trarre la forza di
continuare a insistere. Ce la doveva fare, lo doveva a lei e a suo
marito. Alla sua famiglia non del tutto perduta.
Sembrava
che anche quella giornata stesse finendo come le altre quarantasei
precedenti, almeno finché Julian non vide l'espressione stranamente
contenta del suo nipotino. Era andato a prenderlo a scuola, come di
consueto ormai, e non si aspettava di certo di vedere così
all'improvviso quel miglioramento. L'uomo si stropicciò gli occhi e
guardò meglio verso di lui, all'uscita della scuola. Forse la
stanchezza, dovuta al lavoro e alle nottate in bianco per vegliare su
Theo e i suoi incubi, faceva brutti scherzi. Ma quello era davvero un
sorriso, e rivolto a una donna, per giunta. Non l'aveva mai vista prima. Non
doveva avere più di trent'anni, portava i capelli neri raccolti su,
a malapena da una matita, e i suoi occhi grigi trasmettevano dolcezza
e bontà. Tutto sommato, era abbastanza graziosa anche se più in
carne rispetto alle donne che frequentava di solito. Aveva una corporatura robusta, quindi, era abbastanza sicuro che non fosse tipo
da venire al ristorante per ordinare solo un'insalata.
Suonò
il clacson per attirare la loro attenzione e subito si girarono nella
sua direzione. A quel punto, il bambino salutò la donna ed entrò in
macchina.
Per
tutto il tragitto verso casa, Theo non fece che parlare della sua
nuova insegnante di matematica, la signorina Cecily Price. L'uomo lo
guardò sbalordito e pensò che quella era la prima volta che suo
nipote gli rivolgeva più di qualche frase forzata. Parlava della sua
insegnante come fosse una dea, una persona meravigliosa. A vederla da
lontano, non gli era sembrata niente di speciale, almeno
nell'aspetto, ma i bambini avevano altri punti di vista. Non stentava
però a credergli quando affermava che fosse una persona buona e
gentile. Quegli occhi. Quei bellissimi occhi non potevano appartenere
a una donna cattiva.
Entrarono
in casa e subito, Julian si sdraiò, esausto, sul divano. Tra poco
sarebbe andato a farsi una bella doccia rilassante.
-Zio.-
L'uomo
guardò il nipote, cercando di sorridere in maniera rassicurante. Lo
psicologo aveva tanto insistito che doveva portare pazienza con il
bambino ed essere accondiscendente. Prima di aiutarlo a superare il
lutto, doveva prima costruire un rapporto di fiducia.
-Sì,
Theo?-
-Possiamo
invitare la signorina Cecily a cena, domani sera? Ti prego! Voglio
farle conoscere Hugo.-
Questa
insegnante lo aveva aiutato a far parlare di più Theo quindi perché
non accettare? L'avrebbe ringraziata, per questo progresso, con una
bella cena, poi, se voleva anche conoscere quel cane, buon per lei.
Fin da piccolo, Julian non era mai stato tanto amante dei cani, e non
capiva come certe persone li amassero. Sporcavano dappertutto,
sbavavano e rosicchiavano ogni cosa. Non portavano a niente di buono.
-D'accordo.
Invitala pure.-
Theo
sorrise e andò ad abbracciare di slancio lo zio. Un gesto che
lasciò, quest'ultimo, di stucco.
-Grazie,
grazie, grazie!-
Lo
lasciò e corse su per la sua stanza. Julian rimase impietrito a
guardare dove era sparito il bambino. A quanto pareva, a questa
signorina Price doveva più di una cena.
********
Ok, sembro abbastanza
carina così.
Si
guardò di nuovo allo specchio e cercò di sistemarsi meglio che
poteva. Ma a chi voleva prendere in giro? Il suo vestito nero non
avrebbe nascosto i suoi settantanove chili, come se niente fosse. Non
era assolutamente vero che quel colore sfinava, solo una diceria a
cui abboccavano le povere allocche come lei. Aveva provato a perdere
peso per far contenti i suoi ex, ma, poi, aveva capito che non
facevano per lei gli uomini superficiali, troppo attaccati
all'aspetto fisico. Desiderava essere accettata per quello che era
ma, purtroppo, sapeva come andava il mondo e la sfiducia l'aveva
colpita, senza via di scampo. Ed ecco il risultato: l'eterna
indecisione su cosa indossare per non sembrare una bomba alla crema.
E a proposito, ne doveva avere ancora una in frigo.
Sbuffò
e si tolse quel vestito per poi sceglierne un altro, a taglio stile
impero, con motivi floreali. Doveva piacere ai bambini e loro erano
decisamente meno esigenti rispetto a qualche possibile spasimante.
Almeno, quelli che aveva avuto la fortuna di avere come allievi.
Altre colleghe, invece, si lamentavano che le loro classi le
giudicavano peggio di un modista acclamato. La sua non le era
sembrata così ma, forse, era il fatto che fosse solo il suo secondo
giorno di scuola. Aveva fatto solo supplenze prima di questo incarico
e non aveva mai avuto problemi con i bambini. Lei adorava loro e loro
adoravano lei. Cecily era dell'idea che, se dimostravi un sentimento
all'altro, poi venivi ricompensata con lo stesso. Almeno così le
aveva insegnato suo padre, quando ancora era in vita.
Ieri,
in special modo, era riuscita a legare molto con un bambino, quello
che era stato il più taciturno durante la lezione. Non sapeva il
perché, ma quando aveva incrociato i suoi occhi, sentì come se
avesse bisogno di lei, più degli altri. Era brava a leggere gli
occhi dei bambini e, di consuetudine, ci vedeva spensieratezza e
tanta gioia. Ma non in quel bambino dai capelli corvini. In lui,
aveva visto solo tanta solitudine e tristezza. Solo dopo la fine del
primo giorno di scuola, seppe la storia di Theodore Jones e, allora,
capì perché sentisse tanto attaccamento verso di lui. Provavano lo
stesso dolore ed avevano il cuore spezzato dalla crudeltà del
Destino. Cecily aveva perduto la madre quando era molto piccola, a
causa del cancro, ed era stata cresciuta da suo padre fino all'età
di venticinque anni. Erano ormai passati due anni da quando era
rimasta orfana di entrambi i genitori, e in Theo rivedeva se stessa.
Quindi, a ricreazione, si decise ad avvicinarlo. All'inizio fu
scostante, rispondeva a monosillabi, ma più parlarono, più la
diffidenza volò via, lasciando il posto alla speranza. Le raccontò
di avere uno zio, che si occupava di lui e del suo cagnolino, Hugo.
Almeno aveva qualcuno di famiglia al suo fianco, pensò la donna.
Tuttavia, il bambino non sembrava esserne particolarmente attaccato.
Pensava di essere solo un peso per quel parente del tutto estraneo ma
lei cercò di rassicurarlo.
-Sono
sicura che ti sbagli. Non conosco tuo zio ma posso assicurarti che
nessuno potrebbe definirti un peso. Sei un bravo bambino, Theo.
Nonostante il dolore che stai provando, hai pensato di essere un
disturbo per lui, ma non lo sei. Anche tuo zio sta provando quello
che provi tu, e sta cercando di starti vicino e rimediare alla sua
assenza in passato.-
-Tu
dici? Non è che odi zio Julian, ma lo vedo sempre impegnato e si
sforza di sorridermi anche quando non vuole.- confessò il bambino.
La
donna lo guardò sbalordita. Sapeva che i bambini erano molto svegli
ma non credeva che Theo facesse già pensieri così profondi. La
morte dei genitori deve averlo spinto a crescere troppo in fretta.
Però Cecily non voleva questo. Desiderava che quel bambino si
godesse l'infanzia e andasse avanti, come aveva fatto lei.
-Devi
capirlo, non è abituato ad avere un bambino e un cane in casa. Ha
sempre vissuto da solo, da quello che mi hai detto. Ha solo bisogno
di tempo, anche lui. Ti vuole bene, Theo, solo, dagli occasione di
dimostrartelo, ok?- disse lei, toccandogli le spalla con una mano,
come a dargli ulteriore sostegno.
Il
bambino ci pensò su, poi annuì. Provare non gli costava nulla e,
poi, sentiva di potersi fidare del giudizio della sua nuova
insegnante. L'aveva appena conosciuta, eppure Theo sentiva che quella
donna riusciva a capirlo, più di chiunque altro.
Arrivò
puntuale per il suo secondo giorno di lavoro, impaziente di rivedere
i suoi nuovi protetti. Cecily notò, con piacere, che il suo
prediletto era di buon umore oggi. Non più cupo e taciturno come
ieri. Alzava la mano per rispondere alle domande, chiedeva dove non
capiva, insomma, era più partecipe, e questo rendeva l'insegnante
davvero felice. Voleva dire che cominciava a dare speranze alla vita
e a suo zio.
Con
sua enorme sorpresa, però, Theo la raggiunse a ricreazione e le
chiese se era disponibile quella sera. Cecily non sapeva che dire.
Non usciva da tanto e, l'ultima volta che l'aveva fatto, era finita
con lei a leccarsi le ferite nell'orgoglio. Un uomo che aveva tentato
di frequentare se n'era uscito con commenti poco eleganti per via
della sua taglia XL e, da allora, non voleva rischiare più con gli
uomini. Ma questa volta era diverso. Era stata invitata da un
bambino, e quella cena sarebbe stata come una semplice riunione
genitore-insegnante. Bastava pensarla così per rassicurarla e
spingerla ad accettare. Aveva intravisto lo zio di Theo, era bello e
aveva l'aria di essere una persona molto riservata e snob. Il
classico tipo da cui si teneva alla larga, ma, per lei, sarebbe stato
solo un tutore che aveva a cuore il benessere del suo pupillo. Niente
di più.
********
Mancava
poco ormai. Se quello che Theo gli aveva detto era giusto, la sua
insegnante sarebbe arrivata puntuale come un orologio svizzero.
Julian
non aveva mai visto suo nipote così euforico e sorrise per quel
miracolo. Mentre il bambino controllava che la casa fosse in ordine e
il suo cane pulito, l'uomo controllò che fosse tutto pronto in
cucina. Il lato positivo della sua vita da scapolo era che aveva
imparato a cucinare abbastanza egregiamente. La cucina era un hobby
per lui e non ci rinunciava mai, nemmeno quando era stanco morto per
il lavoro.
Sentì
il campanello e, in automatico, guardò l'ora. Le venti spaccate. Già
gli piaceva quella donna.
Andò
verso la porta ad aprire ma, prima, si diede una veloce sistemata
davanti allo specchio. Mise indietro i mossi e corti capelli neri, e
controllò che non si vedessero troppo le occhiaie sotto gli occhi
verdi. Ma un attimo dopo, si diede dello stupido. Che gli importava
del suo aspetto? Non doveva mica provarci con l'insegnante di suo
nipote.
Fece
per aprire la porta ma Theo e Hugo lo precedettero. In un istante, si
trovò davanti la signorina Price.
Era
uscito con donne decisamente diverse da lei. Non era un playboy ma
non disdegnava la compagnia femminile. Solo che lei non era il tipo a
cui era abituato. Non era raffinata, frivola e, di sicuro, non era
attaccata alla linea. Si poteva benissimo notare dal suo semplice
abito grigio perla che le arrivava fino al ginocchio e dall'assenza
di gioielli. Sembrava una persona semplice che amava i bambini e la
buona cucina. Gli occhi, quelli che reputava davvero belli, erano
impreziositi dalla leggera presenza di eyeliner e mascara con un velo
di ombretto color argento. Mentre la bocca, perfettamente carnosa,
era dipinta di un rosa tenue e perlato. Rimase qualche secondo di
troppo a osservargliela, chiedendosi come sarebbe stata baciarla. Ma
poi, incredulo, distolse lo sguardo. Cosa diavolo mi stava
prendendo?
-Salve,
benvenuta. Sono Julian Johnson, lo zio materno di Theodore.- si
presentò, porgendole la mano che lei, subito, accettò con un
sorriso.
-Piacere
di conoscerla. Sono Cecily Price, l'orgogliosa insegnante di
matematica di suo nipote.-
-Ciao,
signorina Cecily! Questo è Hugo, il mio migliore amico!- si fece
avanti il bambino con in braccio il suo dolce cagnolino.
La
donna non poté che intenerirsi nel vedere quel duo. Dal suo sguardo
pieno di ammirazione, Julian capì che doveva amare i cani quanto i
bambini. Una donna davvero materna, non c'era che dire. Forse se
avesse avuto una madre come la signorina Price, lui e sua sorella
Joanna sarebbero cresciuti meno soli e tristi.
La
cena fu un successone. La loro ospite gradì tutto ciò che aveva
cucinato e fece i complimenti sia a lui che al nipote per la bellezza
della casa. Parlarono del più e del meno, dando modo a zio e nipote
di dialogare più del solito, e aprire un varco tra le mura che
c'erano tra loro.
Poi
fu il momento di mandare Theo a letto, visto che il giorno dopo c'era
scuola. Il bambino, riluttante, obbedì, ma non senza prima ricevere
un bacio della buonanotte dalla sua dolce insegnante.
Rimasti
soli, Julian si schiarì la voce e si fece avanti.
-La
ringrazio davvero tanto, signorina Price. Ha dato vita a un miracolo,
che nessuno era riuscito a fare prima di lei.-
Lei
la guardò confusa per poi sorridere.
-Prego,
chiamatemi pure Cecily. Detesto le formalità. E comunque, non
esageri. Theo aveva solo bisogno di una spinta e di qualcuno che lo
capisse.- mise le mani avanti, lei.
-Niente
formalità, allora. Devo dedurre che anche tu hai perso qualcuno di
caro.-
-Sì,
sono orfana anch'io e mi mancano terribilmente i miei genitori.
Comprendo lo smarrimento e la sofferenza che vi ha colpito entrambi.
Ma proprio in questi casi, è importante avere un parente vicino. So
che sei stato assente nella sua vita per vari anni ma sei ancora in
tempo a rimediare. Sono sicura che riuscirete a raggiungere il giusto
equilibrio e a trarre conforto dal vostro affetto reciproco.-
-Mi
spiace molto. Sì, purtroppo, la morte di mia sorella e di mio
cognato è stato un duro colpo per noi, ma la vita va avanti e non
possiamo lasciarci consumare dal lutto.-
-Esattamente.
Abbi solo tanta pazienza e vedrai che la tua nuova famiglia ti darà
tanta felicità.-
-Lo
spero davvero tanto.- sospirò.
Continuarono
a parlare ancora per una buona mezz'ora, finché non si era fatto
tardi. Anche la donna aveva scuola l'indomani, dopotutto. A Julian
era piaciuto moltissimo parlare con lei. Era la prima volta che
riusciva ad avere una conversazione soddisfacente e piacevole con una
donna e gli era sembrato di aver assaporato una ventata di aria
fresca in un deserto. Con le altre, era più questione di sesso.
Brevi attimi di piacere per soddisfare un bisogno fisico, niente di
più. Ma Cecily non era quello, assolutamente. Non era solo un gran
bel pezzo di carne, era dotata di un gran cervello e tanta dolcezza.
Fu per questo motivo che, quando dovette salutarla, sentì un leggero
rammarico. Tuttavia, si ripromise di trovare altre occasioni per
parlare con lei, e, magari sviluppare una buona amicizia.
L'amicizia
andò a farsi friggere nell'istante in cui Julian conobbe, ancora di
più, il carattere meraviglioso di Cecily. All'inizio, il suo lato
più superficiale aveva avuto delle ritrosie nei suoi confronti. Se
ne vergognò più tardi, e cominciò a provare un'inaspettata
attrazione nei confronti della sua semplicità. Era riuscito a vedere
oltre l'aspetto fisico e aveva trovato una persona di inestimabile
valore. Una donna bella sia fuori che dentro che aveva sofferto, ma
che dimostrava comunque amore e gentilezza al mondo. Con lei, stava
diventando un uomo migliore che ancora sapeva donare affetto e che
guardava oltre le apparenze.
Sapeva
l'esatto istante in cui aveva capito di essersi innamorato.
Era
un pomeriggio primaverile, dalla finestrella della cucina si poteva
sentire una profumata brezza. Avevano invitato Cecily da loro e, in
nemmeno un ora, avevano formato un simpatico trio di chef. Theo aveva
tanto insistito e, alla fine, si metterono di impegno per creare dei
simpatici biscotti a forma di cane. Ovviamente.
L'avvocato alzò gli occhi al cielo.
-Guarda!
C'è anche Hugo tra gli stampini!- esclamò il bambino, mettendo
sotto il naso della maestra l'oggetto. Lei alzò lo sguardo dal piano
di legno dove stava preparando l'impasto.
-E'
bellissimo, Theo. Gli somiglia davvero tanto.- gli sorrise.
-Sai,
Cecily, i tuoi occhi sono di un colore strano ma sono davvero belli.
Non sono né azzurri né neri. Sembrano del colore delle nuvole
quando piove.- espresse Theo guardandola curioso.
Già,
aveva ragione. Julian era perfettamente d'accordo con lui.
La
donna arrossì per poi ringraziarlo per il complimento. L'avvocato
dedusse, con stupore, che quella era la prima volta che le facevano
una simile osservazione. Scommetteva – poiché era successo anche a
lui - che la gente tendeva più a criticarla per il suo girovita,
senza mai guardarla nell'insieme. Era brutto ammetterlo ma la società
di adesso era più impegnata a farsi ammaliare dall'aspetto esteriore
che a comprendere la bellezza dei cuori. Julian aveva sbagliato, era
stato cieco, ma era ancora in tempo per rimediare.
-Hai
un fidanzato, maestra?-
Quella
domanda ebbe l'impatto di un fulmine a ciel sereno. L'uomo drizzò le
orecchie, curioso di sentire la risposta.
-Bè...
no, tesoro.- rispose lei dopo un attimo di smarrimento. Non se
l'aspettava proprio una domanda così diretta.
-Perché
no? Sei così carina. Sono sicuro che qualsiasi uomo sarebbe felice
di stare con te.-
Eh la
bocca dei bambini è quella della verità, si dice. Gli adulti
dovrebbero imparare molto da loro.
-Ti
ringrazio di cuore, Theo. Sei un bambino meraviglioso. Ma purtroppo
non tutti la pensano come te.-
Il
bambino la guardò stranito. La sua espressione la fece ridere e non
poté trattenersi dal dargli un bacio sulla fronte.
-Un
giorno capirai.-
Theo
sbuffò, infastidito da quella frase. Anche i suoi genitori gliela
avevano ripetuta tante volte, finendo discorsi a cui lui era davvero
interessato. C'erano occasioni in cui gli adulti sapevano essere
davvero irritanti.
Con
un sorriso malandrino, prese una manciata di farina e gliela lanciò
in faccia. Lei starnutì poi lo guardò con rimprovero.
L'uomo
stava per intimargli di chiedere scusa quando, con sua sorpresa,
Cecily scoppiò a ridere di gusto, accompagnata dalle risa del
bambino.
Ora,
Julian ci vedeva chiaro. Quella risata gli sembrò il suono migliore
del mondo e seppe, con certezza, che il suo cuore, ormai, le
apparteneva.
Julian
aveva continuato a vederla con ogni scusa possibile. Le aveva dato
appuntamento per il cinema, per serate al ristorante o addirittura
per chiederle aiuto nello scegliere delle piante o dei giocattoli per
Theo e Hugo. Fu difficile convincerla all'inizio, per via della sua
sfiducia nel genere maschile, ma l'avvocato seppe essere paziente
fino ad arrivare a una piccola resa. Le avrebbe dimostrato che non
era come i suoi sciocchi ex. E che lei meritava il meglio della vita.
Da quando l'aveva incontrata, riusciva ad aprirsi di più con suo
nipote e lui faceva altrettanto. Stavano ricominciando a vivere sul
serio e tutto grazie al sostegno di quell'angelo chiamato Cecily
Price.
I
mesi passarono, e Julian e Theo erano finalmente sereni. Certo, la
ferita al cuore non sarebbe mai svanita, il dolore sarebbe sempre
stato dietro l'angolo, tuttavia, erano stati capaci di riprendere in
mano le loro vite. L'uomo aveva avuto successo anche nell'addestrare
Hugo, per non fargli più casini in casa, arrivando perfino ad
affezionarsi a lui. Tutto sommato, Julian non poteva negare che il
Border Collie fosse un cucciolotto piuttosto carino.
Era
quasi tutto perfetto, mancava, però, ancora un elemento
indispensabile nel suo quadro.
Avrebbe
rimediato presto ad aggiungerlo.
********
Cecily
guardò, con ansia, l'orologio attaccato alla parete.
Erano
ormai sei mesi che usciva e passava il tempo con Theo e suo zio e,
alla fine, si era decisa a invitarli, per pranzo, nel suo
appartamento. Non aveva preparato niente di elaborato, solo un primo
di pasta e un secondo di carne con insalata, ma quello a cui puntava
di più era il dolce. Preparare i dessert era, da sempre, il suo
forte e sperava di stuzzicargli le papille gustative più con la sua
crostata di amarene.
Approfittò,
di quei minuti di attesa, per riflettere. Com'era cambiata la sua
vita da quando era arrivata nella nuova scuola. Com'era bello sentire
ancora il calore di una famiglia. Theo, Julian e Hugo erano
meravigliosi, ed era stato un piacere vedere come il loro rapporto
migliorasse ogni giorno. L'uomo non perdeva occasione di ringraziarla
per averli aiutati in questo, eppure lei non se ne prendeva alcun
merito.
Che
sciocca. Aveva giurato a se stessa che avrebbe chiuso con gli uomini
belli e impossibili. E Julian lo era, decisamente. Troppo per una
come lei.
In
quei mesi aveva imparato a conoscerlo, a vederne i lati sia buoni che
cattivi, e, senza volere, aveva cominciato a piacerle. Ok, no, si
trattava più del semplice piacere.
Grosso
errore. Urlava la sua mente. Eppure le esperienze passate
dovevano averle insegnato qualcosa.
La
prima impressione che aveva avuto di lui era quella di una persona
fredda, che non riusciva ad esternare i suoi sentimenti. Poi, col
tempo, aveva visto dentro il suo cuore, trovandolo bellissimo. A quel
punto, le fu chiaro che fosse spacciata. Non voleva cascarci di nuovo
ma, come si dice, al cuore non si comanda.
Sospirò,
rassegnata, poi un secondo dopo, il campanello la riscosse dai suoi
pensieri.
Si
concesse una controllatina veloce e, con un bel sorriso stampato sul
volto, aprì la porta, trovandosi davanti il suo trio preferito.
-Ciao,
Cecily! Hugo ti ha portato un regalo!- disse il bambino, e il cane,
subito, si avvicinò a lei. Si aggrappò alla sua gonna e alzò il
muso, per farle vedere un pacchetto attaccato al suo collare.
-Oh
Cielo!- si portò le mani alla bocca, commossa.
-Su,
aprilo. Ci abbiamo messo ore a sceglierlo e speriamo che ti piaccia.-
disse Julian, dando una pacca affettuosa al nipote.
Senza
altri indugi, l'insegnante aprì il pacchetto e, non appena vide il
contenuto, sorrise piena di contentezza. Si erano ricordati di quando
gli aveva detto di amare i cupcakes.
Tirò
fuori il portachiavi dall'involucro e lo ammirò con più luce. Aveva
intenzione di comprarsene uno nuovo, ma loro l'avevano preceduta. Il
ciondolo del portachiavi era fatto di argento e aveva la forma di un
cupcakes ricoperto di glassa rosa con sopra una ciliegina. Era
adorabile.
-Vi
ringrazio... è davvero stupendo!- esclamò e andò subito ad
abbracciare stretta sia il bambino che il cucciolo.
-Vedi,
zio? Le piace!- esclamò contendo il bambino, facendogli
l'occhiolino.
-Già,
Theo. Avevi ragione.-
Cecily
pose fine all'abbraccio e il suo sorriso si allargò di più.
-Forza,
entrate, prima che si freddi tutto.-
-Andiamo!-
E in
un attimo, si accomodarono per il pranzo.
I
complimenti furono tanti e deliziarono la padrona di casa. Era
soddisfatta del risultato e li guardava con immenso amore. Era
passato davvero tanto tempo da quando qualcuno gradiva la sua cucina.
Da quando suo padre era morto. Averli in casa, le aveva messo addosso
una grande nostalgia.
Alla
fine del pasto, Theo e Hugo andarono a giocare in un'altra stanza, e
lasciarono soli i due adulti a prendersi un caffè.
L'insegnante
sorseggiò la sua bevanda, non sapendo che dire. C'era una strana
tensione tra loro e non si spiegava il perché. Poi, l'uomo si decide
a fare la prima mossa.
Lui
si schiarì la gola e strinse le mani davanti a sé, sul tavolo.
-Cecily,
so che ci conosciamo da poco, ma in questi mesi ho imparato molto su
di te e sulla mia famiglia. Anzi, il fatto che sia poi riuscito ad
avvicinarmi a Theo è merito tuo. Sarò ripetitivo ma è così.-
-Mi
dai meriti che non mi appartengono. Voi due vi siete trovati solo
grazie al vostro affetto reciproco e alla voglia di andare avanti.
Avevate solo bisogno di tempo. Costruire un'amicizia dopo sei anni di
assenza non era facile.-
-Già.
Quando mia sorella è morta, mi sono sentito a pezzi. Lei era così
buona e trovo, ancora, ingiusto che se ne sia andata. Ma nonostante
ciò, ho cercato di sollevare il morale a Theo. Lui ha perso una
mamma e un papà che lo amavano moltissimo. So di non poterli
sostituire, sarebbe da pazzi, anche solo pensarlo. Tuttavia, siamo
rimasti solo noi due, e sono sicuro che loro avrebbero voluto vederci
felici.-
-Hai
ragione. Anche mio padre sarebbe stato triste se mi fossi lasciata
andare. Voleva che trovassi la mia strada e che sorridessi anche
senza di lui. Ma non è facile all'inizio.-
-Devi
averlo amato molto. Io non so che vuol dire avere genitori amorevoli.
I miei non erano decisamente una coppia affiatata. Passavano più
tempo con i loro hobby e amici, senza mai prendersi cura dei figli.-
-Mi
dispiace...-
-Non
preoccuparti. Ormai è passato.-
Cecily
gli andò a stringere, con timidezza, la mano. Voleva che la sentisse
vicina. Non era compassione la sua, però, non poteva fare a meno di
dispiacersi della sua infanzia.
Julian
alzò lo sguardo e la fissò negli occhi. Subito, sentì le guance
scaldarsi.
-Temevo
di essere incapace di provare sentimenti. Credevo di star bene con la
mia vita solitaria. Ma... non era così. Ho sempre sbagliato tutto
nelle mie scelte. Ma questa volta è diverso. Nella mia vita sei
entrata tu ed è accaduto l'impensabile.-
Il
suo cuore perse un battito. -...Cosa?-
-Mi
sono innamorato di te, Cecily.- disse tutto d'un fiato.
La
donna si bloccò. Solo in quel momento capì l'espressione “rimanerci
di sale”. Non poteva essere vero.
No,
non riusciva a credere alle sue parole e la sua insicurezza la portò
ad attaccarlo.
-Non
so se l'hai notato ma sono nettamente più grossa delle tue solite
bamboline.-
Julian
la guardò contrariato. Di certo non si aspettava una simile
reazione. Non era abituato ad essere respinto.
-Che
diavolo c'entra la tua forma fisica col fatto che ti amo?-
-Oh
andiamo, Julian! Non sono, di certo, il tuo tipo.-
-Che
ne sai del mio tipo? E ha importanza? Dio, Cecily! Che accidenti ti
hanno fatto quei pezzenti dei tuoi ex? Io non sono loro.- disse con
tono sempre più irritato.
La
sua indignazione la colpì. Non sapeva come comportarsi.
-Non
è questo...-
-Sì,
invece. E' proprio questo. Ti hanno talmente criticata
superficialmente da renderti insicura e farti sentire inferiore a
tutte. Ma non lo sei, dannazione! Tu possiedi una bellezza che le
altre non hanno. Sei intelligente, dolce, una gemma rara. Ti amo per
quello che sei, e so che anche tu provi lo stesso. Lo vedo nei tuoi
occhi, i tuoi magnifici occhi.-
-Basta,
ti supplico! Non prendermi in giro.- chiuse forte gli occhi e tenne
la testa china. Forse, non appena li avesse riaperti, avrebbe
scoperto che era stato tutto un sogno.
-Cecily!
Cecily... guardami.-
Prese
delicatamente il suo viso tra le mani e rimase a fissarla, in attesa.
-No!-
-Ti
prego.-
No, no, no!
-Guardami.-
Tenne
ostinatamente gli occhi chiusi ma, pian piano, cedette, sotto
l'insistente sguardo dell'uomo. E fu allora che vide la sincerità.
Non riusciva a crederci ma lui davvero l'amava per quello che era, e
questo le provocò lacrime di gioia. Si diede un pizzicotto sul
fianco, per avere ulteriore conferma della realtà. Ahi.
-Non
piangere, ti prego. D'ora in poi, voglio renderti felice. Voglio che
diventiamo una famiglia noi quattro insieme. Sii mia.-
-Sai
che non potrai più tornare indietro dopo aver preso questa
decisione, vero? Ti vado davvero bene? Tu sei brillante, bello...-
-Tu
lo sei molto di più. Non sminuirti così. Sono io, piuttosto, che
temo di non meritarti.-
-Perfetto,
entrambi pensiamo di non meritarci a vicenda.- ridacchiò, con le
lacrime che sembravano non voler finire. -Sai, tutto sommato, direi
che siamo una bella coppia.- tirò su col naso.
-Sì,
direi proprio di sì.- sorrise, come mai aveva fatto finora. Un
sorriso luminoso che esprimeva tutta la sua felicità.
-Ti
prego, non spezzarmi il cuore.-
-Te
lo prometto.-
Lui
si sporse con il viso e aspettò che anche lei gli venisse incontro.
Cecily chiuse gli occhi e si lasciò andare. Seppe che quel momento
era giusto, che era quello che aveva tanto atteso. Il lieto fine che
sognava fin da bambina.
Le
labbra si toccarono, da principio timide poi con più decisione,
trasformando il bacio in un'esplosione di amore e passione.
-Ehy!
Ci siamo anche noi!- irruppe la voce di Theo insieme all'abbaiare di
Hugo. Erano fermi sulla porta e li guardavano con gioiosa
soddisfazione.
La
coppia di innamorati si staccò per poi sorridersi a vicenda.
-Certo
che ci siete anche voi. Venite qui, pesti.- gli fece cenno lo zio.
Theo e il suo cane non se lo fecero ripetere due volte, e corsero
verso di loro, abbracciandoli con slancio.
E fu
in quell'istante, tra risate e lacrime, che Julian si sentì,
finalmente, completo.
Mi auguro di non essere andata tanto male. Anche se rileggo mille volte, non mi sembra mai abbastanza per scovare gli errori. Fatemi sapere che ne pensate. Forse continuerò le loro avventure nel prossimo appuntamento della rubrica. Chi lo sa?