Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara della Nicchia Letteraria |
Buonasera, readers! Eccomi tornata con questa rubrica creativa. Visto che Marzo è un mese che simboleggia l'inizio della primavera, il tema da scegliere era tra tre elementi: un/a bambino/a, un fiore o un colore a tinte pastello. Di bambini ne parlo fin troppo, di colore pastello non se ne parla perché non mi piacciono particolarmente, quindi, per esclusione, ho messo un fiore nella mia storia. Inoltre, ho deciso di continuare la storia di Lisanna e William quindi dovete prima leggere il racconto precedente (QUI) per poter comprendere questo.
Lisanna e William
TRAMA: William di Lockley ha un esistenza decisa fin dalla nascita. Un brillante futuro lo attende come Cavaliere prediletto del Re ma nel cuore ha un vuoto che solo una persona può colmare.
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Foresta di Clayton, Inghilterra 1218
Era qui che tutto ebbe inizio. Questa foresta era diventata, tre anni fa, spettatrice di un incontro davvero insolito. O forse, era meglio dire uno scontro. Chi avrebbe mai detto che, a causa di una pietra che reputavo inutile, avrei trovato lei. Lisanna. Un nome che mi è entrato nella mente e che, a distanza di anni, ancora non la lascia. Era iniziato tutto per un gioco ma ciò mi si è ritorto contro.
Non so cosa mi avesse spinto allora a proporre una simile sfida, ero sempre stato una persona abbastanza indifferente nei confronti del gentil sesso. Non che mi dispiacesse la compagnia femminile, io e i miei fratelli avevamo avuto le nostre avventure, ma era solo per soddisfare degli impulsi che la natura ci aveva dato. Credevo che le donne fossero solo delle creaturine indifese che sapevano solo battere le ciglia e mostrare le loro grazie al primo buon partito che gli capitava. Avevo conosciuto solo questo tipo di femmina, finché non ho avuto un assaggio della lingua pungente di una certa ladruncola. Lei non era interessata al mio lignaggio, alla mia fortuna. Ero il quarto figlio di sei, non avrei ereditato il feudo, ma ero destinato a una vita di trionfo. Fin da piccolo, avevo dimostrato una grande capacità nelle arti guerriere e questo spinse mio padre a confermare la sua decisione riguardo a me. Da quando ero nato mi riservò un posto come scudiero di un amico di famiglia. Sarei diventato, comunque, un cavaliere, ma superai le loro più grandi aspettative. I Lockley erano una delle famiglie più ricche di Inghilterra. Si diceva addirittura che un nostro antenato fosse stato benedetto dalle fate. Ho sempre pensato che fossero sciocchezze ma agli occhi degli altri eravamo secondi solo al Re. E far parte di una simile famiglia comportava lo sfiorare la perfezione. La Natura ci aveva donato bellezza, ricchezza e grande astuzia e agilità e per sentirci meriti di questi doni era dare orgoglio alla famiglia ed eccellere in tutto.
Io detestavo questa vita. L'essere circondato da persone che non facevano che giudicare ogni mio passo, il ricevere complimenti per ogni singola cosa. Volevo essere libero, volevo essere me stesso. Un semplice uomo che vuole combattere le sue battaglie e avere i suoi meriti senza attribuirlo al nome dei Lockley. Nessuno capiva che era solo un nome, che c'era una persona vera e fatta di sentimenti dietro ciò. Nessuno tranne lei. Forse era per quello che dal momento che avevo posato gli occhi su di lei, desiderai continuare a vederla. Con lei ero semplicemente William, non il cavaliere prediletto del Re.
Fu per uno strano scherzo del Destino che proprio grazie al cimelio di famiglia di cui i miei genitori erano tanto orgogliosi, avessi fatto questa interessante conoscenza. Dall'inseguirne il ladro, mi sono ritrovato a conversare con quest'ultimo di notte. Dovevo ammettere che era stato anche divertente. Era la prima volta che mi sentivo bene con qualcuno. Non avevamo scambiato che poche parole ma nell'immergermi in quegli occhi smeraldi, sentii qualcosa nel profondo. Una specie di fitta al cuore. Non credevo nell'amore a prima vista ma non potevo negare di provare una certa attrazione verso di lei.
Ero sempre stato bravo a guardare dentro le persone. Era bella, anche se con i capelli corti, ma, dietro al suo aspetto e al suo carattere audace, c'era una specie di malinconia e un potenziale represso. Si vedeva che anche lei, come me, seguiva la strada che altri avevano tracciato. Ma se non c'era speranza per me, non significava che anche questa persona dovesse soccombere al volere altrui. La incoraggiai a seguire il suo cuore e a dare a quel potenziale l'opportunità di essere sfruttato.
La scommessa dopo fu solo un pretesto per rivederla. Non credevo davvero di rubarle il cuore. Non era un tipo semplice, questo era evidente, ed io non ero nemmeno un esperto nel corteggiamento come volli farle credere. Tuttavia, da allora, cercai la sua compagnia come un prigioniero la sua libertà. Ci incontrammo al solito posto nella foresta di Clayton, lontano da occhi indiscreti, e lì ci punzecchiammo, parlammo delle nostre vite. Non fu facile all'inizio. Eravamo entrambi diffidenti, ma più il tempo passava e più la reticenza svaniva. Quando tornavo dalle missioni che mi affidavano, andavo subito a cercarla. Era Lisanna che volevo vedere, non la mia famiglia. In poco tempo, lei diventò il mio sole, l'unica in grado di riempire il vuoto che avevo nel cuore. Pensavo che non avrei avuto mai bisogno di nessuno, di poter contare solo su me stesso.
Mi sbagliavo.
Lei mi completava, mi accettava per quello che ero. Un Cavaliere che era tutt'altro che perfetto.
In questi tre anni che ci siamo scoperti ho avuto la soddisfazione di vederla sbocciare. Non aveva più sprecato tempo prezioso per rubare ma aveva imparato a impiegarlo in qualcosa di utile e soddisfacente.
Ora avevo ventuno anni e mi trovavo nel nostro luogo segreto. Si faceva attendere, come al solito.
Mi chiedevo se ero l'unico che non vedeva l'ora di venire qui. A volte passavano settimane, oppure mesi, ma tornavo sempre.
-Ti piace proprio aspettare incollato a quel tronco.-
Ed eccola arrivata con il suo solito tono sarcastico. Mi girai a sorriderle.
-E a te piace tanto farmi aspettare. A causa di cosa stavolta?-
Lei sbuffò e si tirò indietro i capelli castani. Ormai le erano diventati lunghi fino a metà schiena e le risultava ancora difficile raccoglierseli in maniera decente. Non aveva idea di quante volte avessi fantasticato nell'accarezzarglieli. Volevo sentirne la consistenza setosa, ispirarne il profumo... ma capii che dovevo reprimere i miei desideri fino al momento giusto. Il mio addestramento aveva dato i suoi frutti e avevo acquisito una pazienza davvero infinita.
-Un anziano del villaggio vicino si era procurato una ferita alla gamba, non potevo certo dirgli di aspettare dopo il mio incontro con te.-
Dal momento che aveva messo in chiaro le cose con la sua famiglia, si era trasferita a casa di una parente guaritrice. Nel profondo, aveva sempre desiderato aiutare gli altri e imparare le proprietà benefiche delle erbe e in quegli anni era riuscita a esaudire il suo sogno, facendosi insegnare il mestiere. Grazie a ciò aveva salvato varie vite e continuava a farlo.
Aveva smesso anche di nascondere le sue grazie negli abiti maschili, dicendo addio al ladruncolo che desiderava l'approvazione paterna. Era una donna e così voleva vivere. Ma non come una donna qualunque che gli uomini potevano sottomettere. Teneva troppo alla sua indipendenza e al suo orgoglio.
-Ovvio. Il dolore non aspetta nessuno.- le dissi.
Lei rimase a guardarmi per un istante poi distolse lo sguardo imbarazzata. Perché era arrossita?
-Non noti niente di diverso?- mi chiese.
Inarcai un sopracciglio e la guardai più attentamente. Sapeva che la trovavo bellissima in ogni occasione quindi non capii la sua domanda. Possibile che era diventata tutta a un tratto vanitosa? Ne dubitavo. Il suo vestito era semplice ma di un bel rosso scuro e le fasciava bene le forme.
-Vestito nuovo?-
-No, guarda meglio.-
Poi, a un certo punto, la vidi. Una piccola rosa rossa era appuntata sopra il suo orecchio destro. La osservai, sorpreso. Lisanna non era mai stata tipo da fiori. Una volta gliene portai un mazzo e me lo ridò in malo modo. Da allora evitai i fiori come la peste.
Non era possibile che se lo fosse preso da sola quindi mi subentrò nella mente un altro pensiero. Un pensiero che suscitò la mia gelosia. Altro sentimento che ho scoperto grazie a lei. Prima non ero mai stato possessivo nei confronti di una donna.
-Chi te l'ha data?- le chiesi digrignando i denti.
Lei sgranò i suoi stupendi occhi. -Come?-
-Ti ho chiesto chi te l'ha data. Tu odi i fiori. L'unica volta che te li ho dati, me li hai rigettati in faccia.-
Anche lei si innervosì a quel punto.
-Quella volta avevo le mie ragioni. Non odio i fiori, anzi.-
-Quali ragioni? Era come se ti avessi portato una scatola di ranocchi.-
-Ragioni che non ti voglio spiegare, razza di idiota. Non me l'ha data nessuno questa rosa, l'ho raccolta da sola e pensavo che potesse stare bene con questo vestito.-
-E da quando sei così attaccata al tuo aspetto?- strinsi i pugni.
-Da quando mi hai detto che ti piace il rosso, stupido cavaliere!- esplose, alla fine, lei.
Io rimasi di sale e lei, dopo un attimo, si rese conto di quello che aveva detto e si tappò la bocca. Un gesto tardivo che incrementò ancora di più il suo imbarazzo.
-Cosa hai detto?-
-Hai capito benissimo.- disse brusca.
Sì, certo, ma volevo saperne di più. La speranza che mi avevano suscitato quelle parole fu grande e sarebbe bastata un'altra piccola conferma per rendermi l'uomo più felice del mondo.
Mi avvicinai a lei e posai le mie mani sulle sue spalle.
-Lisanna.- la chiamai e aspettai che i suoi occhi incrociassero i miei. Quando lo fece, il mio cuore cominciò a battere all'impazzata.
-Che c'è?-
-Perché ti sei fatta bella con il mio colore preferito?-
-Se non intuisci la risposta, sei più stupido di quanto credessi.-
-Se io sono stupido, tu sei strana. Se non odi i fiori perché rifiutasti i miei?-
Lisanna rimase qualche istante a guardarmi, ancora rossa in viso, poi ruppe la mia presa e mi diede le spalle.
-Perché ero gelosa.-
-Cosa?- chiesi confuso.
-Mi era giunta voce che tu regalavi fiori a tutte le tue conquiste ed io non volevo essere come loro.-
Ma che...? Quali conquiste? Poi ci pensai su e ricordai che il mio fratello più piccolo, John, per un periodo, aveva usato il mio nome per rubare il cuore di qualche contadinella. Un modo per evitare che la sua promessa sposa lo scoprisse. Chi l'avrebbe detto che i suoi sotterfugi avrebbero causato dei problemi anche a me che, di fatto, ero libero da vincoli matrimoniali? Comunque, avrei chiarito questo malinteso più tardi, ora volevo avere altro.
La strinsi a me da dietro e prima che potesse protestare per questo contatto intimo, misi a nudo la mia anima.
-Non sei mai stata come loro. Tu sei unica e mi sono innamorato di te proprio per la tua diversità. Sei forte, tenace, imprevedibile. Incontrarti è stato il miglior dono che la vita potesse farmi. Da allora hai dato colore ai miei giorni e non posso più fare a meno di te.-
-Sei sempre stato bravo con le parole.- commentò lei. La sua voce era leggermente roca. Sorrisi.
La mia testarda guaritrice. Non mi credeva.
Le presi il mento con una mano, non staccandomi da lei. Le girai il viso così che potessi annegare nel verde dei suoi occhi. Pochi centimetri c'erano a separarci.
-Le mie non sono solo parole. Non lo sono mai state. In questi anni ho voluto solo te e sempre ti vorrò.-
-Non sarò mai una tua proprietà, sappilo. Non ho bisogno di un uomo che desidera solo possedermi come un oggetto.- I suoi occhi si posarono sulle mie labbra.
-Non voglio una proprietà, voglio te. Una donna fatta di carne e ossa che prova emozioni e che esprima le sue opinioni senza timore. Voglio una compagna che mi ami per quello che sono, non per quello che rappresento.-
La sua mano arrivò ad accarezzarmi il viso e una lacrima sfuggì ai suoi occhi. Era la prima volta che la vedevo piangere, anche se poco, e capii che in quel momento aveva compreso la mia vulnerabilità e la ricambiava. I nostri muri erano stati abbattuti e i nostri cuori pulsavano liberi.
-Ed io voglio un uomo che mi rispetti e che mi ami fino al suo ultimo respiro. Voglio te, William, e nessun altro.-
Finalmente. Non ebbi bisogno più di niente.
Le nostre labbra si sfiorarono, all'inizio timide, poi premettero con più insistenza. Non era un semplice bacio. Era una promessa. Il suggello di un patto d'amore che avrebbe superato qualsiasi ostacolo e che ci avrebbe reso felici per sempre.
Ma a bloccare il loro momento idilliaco fu lei che si staccò un attimo per guardarlo in cagnesco.
-Non ti azzarderai a spezzarmi il cuore, vero? Perché ti avverto che so ancora come usare i coltelli.-
Sgranai gli occhi per il suo improvviso sfoggio di insicurezza ma poi scoppiai a ridere. Il suo maschiaccio. Non l'avrei cambiata per nulla al mondo.
-Ah sì? Ed io ti voglio ricordare che so bene come rubarteli senza che tu te ne accorga. Sono bravo con le mani e sarei capace di trovarteli in qualsiasi posto.- dissi con tono malizioso.
Lei ricambiò sorridendomi impertinente e si avvicinò al mio orecchio.
-Per qualsiasi posto, intendi anche qui?- mi sussurrò e mi prese delicatamente la mano per poi posarla nell'incavo dei suoi seni. Deglutii. La mia pazienza non era poi così infinita, dopotutto.
-Sì e anche qui, se necessario.- spostai la mano e, insieme all'altra, andai sulle sue cosce, dove pian piano le sollevai la gonna. Era audace da parte mia arrivare già a quel punto ma non resistetti e le sfiorai l'interno. Un gemito uscì dalla sua bocca.
-Sì... sei decisamente bravo con le mani.- decretò con uno sguardo carico di desiderio. Non voleva che mi fermassi, era giunto il momento che avevo tanto atteso.
Non ebbi più freni e mi apprestai, senza altri indugi, a dimostrarle la mia bravura.
FINE
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Mi è stato chiesto da tanti ed eccovi accontentati. Spero di non avervi deluso e ci vediamo alla prossima!